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La “soglia lattacida” è il punto in cui l’allenamento passa da moderato a intenso, comportando la produzione di acido lattico.
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Un atleta ibrido (culturista e runner) come Nick Bare utilizza ripetute da 800 metri, mantenendo un ritmo “quasi faticoso” vicino alla soglia lattacida.
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L’allenamento vicino alla soglia lattacida offre benefici come una migliore tolleranza all’acido lattico e miglioramenti nel sistema cardiovascolare e distribuzione dell’ossigeno ai muscoli.
Uhm, “quasi faticoso” è più interessante di “decisamente faticosissimo”, vero? Lo è, eccome. Promette di migliorare la resistenza complessiva e la capacità di durare nella corsa senza sputare i polmoni nel tentativo. Per capire come funziona però è meglio fare un piccolo passo indietro: ci spiace ma dobbiamo parlare di soglia lattacida o aneorobica.
Cos’è la soglia lattacida (o aneorobica)
Quando ti alleni o gareggi e in genere nello sforzo fisico, puoi distinguere due fasi: una in cui fai una fatica moderata e una in cui, progressivamente, lo sforzo è percepito sempre di più fino a essere insostenibile. La prima (aerobica) è caratterizzata da un impegno metabolico delle tue cellule che sfruttano l’ossigeno per produrre energia mentre la seconda è definita dalla produzione di acido lattico e avviene in assenza di ossigeno.
La seconda fase è tipica degli sforzi esplosivi come il sollevamento pesi o lo scatto nei 100 metri piani, la seconda caratterizza invece gli sforzi più prolungati e meno intensi. “Come la corsa!” potresti dirti a questo punto, e la risposta è duplice: sì se vai mediamente piano ma no appena corri più veloce, per esempio in una gara. Anche nelle gare di resistenza insomma si incontra la soglia anaerobica, eccome.
Il problema di questa soglia, definita anche come il punto in cui il metabolismo anaerobico arriva in aiuto di quello aerobico per produrre energia (cioè, semplificando, quel limite che distingue lo sforzo blando da quello intenso) è che definisce anche l’inizio di una fase in cui la produzione di lattato (o acido lattico) è superiore alla capacità del tuo corpo di smaltirlo. Quindi? E quindi i crampi, i dolori muscolari ecc.
Se mi hai seguito fin qui e se mi sono spiegato bene, avrai capito che l’ossigeno gioca un ruolo fondamentale. In altre parole, più il tuo corpo riesce a farne avere ai tuoi muscoli, meglio è: ciò significa infatti che varcherai più tardi la soglia lattacida e quindi produrrai meno acido lattico e solo oltre un certo punto dell’allenamento e della gara. Traduzione: i dolori arrivano dopo. Ecco perché un valore per molti misterioso come il VO2max – che misura l’ossigeno a disposizione dei muscoli – è importante: più ce l’hai alto, più sopporterai gli sforzi e più durerai senza che la fatica ti sfianchi.
Bene: adesso possiamo parlare dell’allenamento “quasi faticoso” ;)
Un culturista che fa le maratone
Diciamo che pochi mondi sembrano così distanti come quello del culturismo e della corsa. In fondo nel primo fai sforzi esplosivi sollevando pesi immani e hai una massa muscolare imponente, nel secondo il peso è fondamentale ma al contrario: meno è, meglio è (sempre semplificando!).
Nick Bare appartiene al primo gruppo: come culturista è capace di sollevare più di 180 kg (che sono 3 Kipchoge e mezzo) eppure è riuscito a correre una maratona in 2 ore, 48 minuti e 11 secondi. Bare è insomma quello che viene definito un atleta ibrido, cioè quel tipo di atleti che, lavorando molto intensamente, devono farlo in modo intelligente, cioè senza sfiancarsi fino a rischiare l’infortunio.
Bare fa un tipo particolare di allenamento di resistenza: ripetute da 800 metri, ma a un ritmo, appunto, “leggermente scomodo”. O quasi faticoso. In altre parole: Nick arriva sulla soglia e sta lì, non oltrepassandola mai.
Avrai già capito di quale soglia stiamo parlando: esatto, quella lattacida. Bare insomma si allena producendo acido lattico ma in quantità non eccessive, in modo da aumentare la resistenza riuscendo a smaltirne abbastanza da non compromettere gli altri allenamenti che deve fare. “Fermarsi prima” significa insomma arrivare a quel punto in cui lo sforzo è percepito ma non è eccessivo. Oltre quella soglia ti stai allenando troppo e stai caricando eccessivamente il tuo corpo al punto da impedirgli lo svolgimento di altri lavori.
Parliamo insomma di “esercizio a intensità moderata” e “allenamento sulla soglia anaerobica”.
Basta parole incomprensibili! Hai ragione: detto in altri termini, questa soglia è soggettiva e corrisponde all’80-90% del massimo sforzo.
Allenarti restando su quel limite ti permette molteplici benefici:
– Aumenta la tolleranza all’acido lattico, che è prodotto ma non in dosi eccessive e che quindi il tuo corpo riesce a gestire ed eliminare poco alla volta
– migliora le prestazioni del tuo sistema cardiocircolatorio che si adatta progressivamente allo sforzo, sopportandolo sempre di più
– migliora la distribuzione dell’ossigeno ai muscoli, con conseguente ritardo dell’ingresso in scena di Darth Vader, cioè dell’acido lattico.
Ok, ma in pratica?
La concentrazione di lattato è così importante che il mezzofondista norvegese Jakob Ingebrigtsen e tutta la sua squadra la tengono costantemente sotto controllo, addirittura con dei rilevatori bluetooth che, una volta punto il dito e raccolta una goccia di sangue, in 10 secondi gli dicono a che livello è.
Se vuoi dotartene – anche se poi avrai bisogno pure di una macchina che legga i risultati chiamata Lactate Scouts (prezzi variabili dai 400 agli 800 euro) o simili – sappi che la nazionale di fondo norvegese ha calcolato che l’intervallo ideale di concentrazione di lattato è tra 2.0 e 4.5 mmol/L. restando insomma entro questo limite significa allenarsi “in soglia.”
Per farla semplice però sappi che ti basta allenarti così un paio di volte alla settimana facendo corse a ritmo sostenuto che servono ad aumentare le soglie anaerobiche e si fanno così:
– riscaldamento di 10 minuti
– corsa a un ritmo che è 30 secondi più lento del tuo tempo su 5 km per circa 20-40 minuti.
– recupero/raffreddamento di 10 minuti: serve ad abituare il tuo corpo a eliminare più rapidamente l’acido lattico dal flusso sanguigno.
Pronti? Bene, ora sai tutto. Ma proprio tutto.
(Via Inside Hook)