Il percorso della TCS NYC Marathon, raccontato

Questo è un articolo un po’ speciale. In realtà è un’anteprima di ““La corsa infinita, la guida completa alla New York City Marathon: la storia, la gara, le info, i consigli e le curiosità sulla maratona più famosa del mondo””, il libro del caro amico e collaboratore di RunLovers Lorenzo Maria Dell’Uva. Lorenzo non è solo un runner e amico: è senza dubbio uno dei più profondi conoscitori della maratona di New York, avendone corse svariate, amando e vivendo in quella città e avendone alla fine scritto un libro che ne racconta il percorso miglio dopo miglio, la storia e le curiosità. Un libro che RunLovers ha visto nascere e a cui in parte ha contribuito con un capitolo il cui titolo non ti riveleremo, così lo compri! Scherzi a parte: La corsa infinita è un libro imprescindibile per gli amanti della Grande Mela e della maratona in generale. E raccoglie anche tante interviste a chi l’ha inventata, agli italiani che l’hanno vinta e a qualche personaggio famoso che ne ha fatte più d’una. 

Per farti un’idea, per farti venire voglia di correrla, per assaporare le immagini, i suoni e le atmosfere della maratona più famosa del mondo, eccoti una succosa anteprima!


Mappa interattiva

Il percorso della Maratona di New York si snoda attraverso i cinque distretti (o borough, come si dice da quelle parti) della città di New York: The Bronx, Brooklyn, Manhattan, Queens, Staten Island, che, assieme, ospitano circa 8,3 milioni di persone.
Ciascun distretto ha una propria forte personalità, una storia specifica, moltissime caratteristiche uniche ed è popolato da persone provenienti da tutto il mondo: basti pensare che, si stima, a New York si parlano circa 800 lingue diverse.

In effetti la traduzione “distretto” in italiano può risultare ingannevole: ciascun borough è una città vera e propria. Giusto per rendere l’idea si pensi che Brooklyn, il distretto più popoloso conta, circa 2 milioni e 700 mila abitanti, quasi come Roma. Se Brooklyn fosse una città autonoma, sarebbe la terza città americana per popolazione. Persino il “fanalino di coda” Staten Island, con “appena” 500 mila abitanti è enorme rispetto agli standard europei: è infatti solo poco meno abitata di Genova ma decisamente più di Bologna.
Ovviamente i borough possono anche essere sterminati: Queens, per esempio, si estende per circa 281 chilometri quadrati, grosso modo il triplo di Barcellona.

Da Staten Island a Central Park

Uno degli aspetti più caratteristici della NYC Marathon è proprio quello di attraversare i 5 distretti della città.
Immaginare un percorso non deve essere stato facilissimo: ma il risultato è davvero stupefacente. Si passa da un borough all’altro, attraversando decine di block, quartieri e strade lungo un percorso poco tortuoso ma molto ondulato. Inoltre, essendo la città costituita da gigantesche isole, il passaggio tra un distretto ed un altro implica sempre il passaggio su un ponte: ben cinque sono i ponti che i runner si trovano ad affrontare durante la gara, sempre in concomitanza con il cambio di borough.

Un altro aspetto del percorso che colpisce alcuni runner è che molti luoghi chiave, almeno dal punto di vista turistico, di Manhattan non vengono nemmeno sfiorati: nessuna vista del Brooklyn Bridge, niente passaggio al Village o nei pressi dell’arco di Washington Square, nessun miglio corso sotto l’Empire State Building o il Chrysler Building, nessun giro vicino Ground Zero o in mezzo alle luci di Times Square, niente sbirciata alle meraviglie ospitate dal MoMA. Il punto più a sud di Manhattan che si tocca è la 59th Street. E molte delle mete turistiche più note sono decisamente più a sud. Di fatto, l’unica icona turistica che i runner incontrano è proprio Central Park (e di sfuggita i musei Guggenheim e Metropolitan). Poco male: si attraversa la “vera” città e ci sarà tempo di pellegrinare, durante il resto del soggiorno, tra le mete più famose ed in alcuni casi anche troppo note.

Lo spazio dedicato a ciascun quartiere non è in alcun modo equo: Brooklyn la fa da padrona (qui si corrono circa 19 km di gara), segue Manhattan (con circa 17 km), poi il Queens (circa 3 km), The Bronx (poco più di 2 km) ed infine Staten Island (poco più di 2 km), che però ha l’onore di ospitare la partenza. In totale ben 4,5 km, circa, si corrono sui ponti che si attraversano lungo il percorso. Anche le velocità nei borough sono diverse: è Brooklyn il distretto dove il passo dei runner è mediamente più sostenuto, Manhattan dove invece è più lento.
Tentare di raccontare questi enormi borough ed i numerosi quartieri che si attraversano durante la gara, anche solo per sommi capi, è una impresa impossibile. Non farlo, tuttavia, vorrebbe dire non rendere omaggio ad una delle caratteristiche più uniche e speciali di questa maratona e della città che la ospita: la sua incredibile diversità.

L’idea alla base di questo post è proprio quella di raccontare la città facendosi guidare dal percorso della gara, miglio dopo miglio (che equivale circa ad 1.6 km), un po’ per uniformarsi all’unità di misura più utilizzata durante la gara ed un po’ per raccontare variazioni sensibili nelle zone che si attraversano. In questo modo si riesce davvero ad andare alla scoperta di un percorso unico e di questa metropoli magica, seguendo anche idealmente la linea “blu maratona” che nella nella notte prima della gara viene dipinta sulle strade della città e che guida i runner sul tragitto corretto, fin dalla prima edizione nei cinque distretti del 1976.

Miglio dopo miglio

Miglio 1 / Fort Wadsworth e Verrazzano-Narrows Bridge (Staten Island)

Fort Wadsworth, con il grande parco che lo circonda, è il punto di partenza dalla competizione. Questo forte militare, dal 1663, è a guardia del passaggio chiamato Narrows, il punto più stretto della New York Bay compresa tra Brooklyn e Staten Island.
Fort Wadsworth è dove tutto ha inizio. Qui si arriva la mattina con il bus (o traghetto + bus), qui ci si stende, si fa stretching, colazione. Qui nascono amicizie, monta l’ansia, ci si gela, si ride, si scherza. Qui si molla la propria borsa. Qui si ripassa la strategia di gara, o si sogna di averne una. Qui ci si veste, sveste, riveste alla ricerca dell’outfit giusto per la temperatura che, inesorabilmente, è differente da quel che ci si aspettava.
Qui si fa la (lunga) coda per uno degli oltre 1600 bagni chimici. Qui, inevitabilmente, si aspetta che arrivi la propria partenza.

I runner sono divisi in tre gruppi di colore diverso (blu, arancio e verde) ed in quattro “ondate” (wave) di partenza (in diversi orari).
Il colore determina il “dove” si partirà: i blu partono sul lato destro (sud) del ponte al livello superiore, gli arancio sul lato sinistro (nord) del ponte al livello superiore, i verdi sul lato sinistro del ponte al livello inferiore.
La wave determina, invece, il “quando” si parte: la prima wave inizia alle 9:40, l’ultima alle 11:00. Le wave sono distanziate, precisamente, venticinque minuti l’una dall’altra.
Per via di questa partenza a ondate i runner finiranno per accumularsi in zona ed occupare letteralmente tutto il parco intorno a Fort Wadsworth, in alcuni casi per ore. Questa zona di Staten Island, nelle prime ore della prima domenica di novembre, si popola quindi di oltre 60000 persone tutte impegnate, per un motivo o per un altro, nelle fasi di partenza della gara.

Dei cinque borough, Staten Island è l’unico solo sfiorato dalla maratona da un punto di vista puramente chilometrico: si parte già sul ponte (subito dopo i caselli del pedaggio) e quando si arriva dall’altro lato si è già a Brooklyn.
Eppure è “la” partenza. È il luogo ed il momento più atteso dai runner. Qui viene sparato il colpo di cannone. Qui viene suonata New York, New York. Ed è sempre qui che viene scattata la fotografia più popolare di questa gara.

Le migliaia di persone che corrono sulle due corsie del Verrazzano sono, a ragione, una delle immagini più memorabili di questa gara. E non raccontano nemmeno tutta la verità. Infatti, chi parte con il pettorale verde, correndo nella parte inferiore del ponte, resta praticamente invisibile in tutte le immagini aeree riuscendo a far capolino, solo alla fine, dal lato di Brooklyn.
Il primo miglio lo si corre tutto sul ponte, è in salita e come se non bastasse è anche la salita più impegnativa di tutta la gara. Ma la voglia di partire, l’energia accumulata, il flusso incredibile di persone impedisce di accorgersene. Si sale costantemente, poco importa però: il panorama da lassù è da perdere il fiato; Manhattan sembra ed è lontanissima, circa 10 km in linea d’aria, e la vista dalla sommità del ponte è un privilegio riservato solo a chi corre la maratona: a differenza di tutti gli altri ponti, il Verrazzano, essendo attraversato da una highway (cioè una superstrada), è infatti l’unico che non ha una corsia pedonale o per bici. Ed è aperto ai runner solo in occasione della maratona.
È tutto per voi. Godetevelo.

Miglio 2 / Ancora Verrazzano e giù verso Brooklyn

Il Verrazzano è la “collina” più pesante di tutto il percorso della maratona. Non che il resto del tracciato sia pianeggiante (anzi proprio per niente), ma la salita del primo miglio che termina proprio a metà del ponte è fortunatamente seguita anche dalla discesa più veloce. Durante il secondo miglio infatti si scende e basta. Durante la discesa, oltre alla vista che ci offre dei nuovi spunti su Brooklyn che si avvicina molto rapidamente, c’è da segnalare la presenza di indumenti di tutti i generi che i runner ormai scaldatisi gettano con anche troppa disinvoltura lungo il percorso e la lunga fila di pipì panoramiche che si regalano, prevalentemente, i maschietti del gruppo. Questa pratica è super proibita (direi giustamente) e l’organizzazione minaccia in tutte le lingue del mondo di squalificare i runner colti… in flagranza di “reato”.

Miglio 3 / Ciascun colore per la sua strada (Bay Ridge, Brooklyn)

“Welcome to Brooklyn!”. È questo, probabilmente, quello che si sentiranno gridare dall’avanguardia dei primi supporter cittadini i runner appena arrivati dall’altro lato del Verrazzano.
Ma non c’è nemmeno il tempo di rendersi conto di essere già nel secondo borough della gara e subito i tre percorsi si separano, anche se solo temporaneamente.
Trattandosi infatti di un ponte per sole auto, i percorsi sono necessariamente obbligati a seguire gli svincoli autostradali e per poter garantire un percorso di pari lunghezza a tutti, dalla fine del ponte in poi (ovvero dal terzo chilometro circa) i tre flussi di podisti si separano per poi riunificarsi alcuni chilometri ed in momenti diversi più avanti su Fourth Avenue.

Il percorso blu, dopo aver occupato la corsia di destra del ponte, è il primo a lasciare la superstrada passando per pochi metri su Dahlgren Place e voltando a sinistra sulla 92nd Street per poi raggiungere la corsia di destra di Fourth Avenue.
I runner arancioni, fanno invece una specie di inversione ad U per poi ritrovarsi subito su Fourth Avenue, all’altezza di 92nd Street, nella corsia di sinistra.
I podisti con il pettorale verde invece, dopo aver corso nella parte inferiore-sinistra del ponte, proseguono per un qualche tempo in più sulla highway (Gowanus Expressway), escono alla altezza della 79th Street, continuano su Seventh Avenue, svoltano su 74th Street, prendono Sixth Avenue verso sud per un solo blocco, voltano ancora verso ovest e si ricongiungono (finalmente!) sul lato destro di Fourth Avenue, all’incrocio con la 75th, dopo 3,5 miglia circa. In sostanza ci sono quasi 5 km in esclusiva per i podisti con pettorale verde prima di fondersi con il flusso dei blu e degli arancioni.

Miglio 4 / Bay Ridge

Indipendente dal colore e dal percorso, il quarto miglio è dove la vera festa ha inizio. Fourth Avenue è una strada molto larga, mediamente tre corsie per senso di marcia, e lunga (in totale si corrono qui circa 5 miglia, 7,5 km) e non c’è vento o freddo che tenga: ai due lati della Avenue migliaia di persone si affollano per salutare, festeggiare, cantare e suonare per i runner.
Qui, probabilmente, i runner penseranno per la prima volta “tutto questo è incredibile”. E lo è.
Ad essere onesti, sarà probabilmente (già) la seconda volta: la prima è sul Verrazzano, ammirando il flusso di migliaia di runner. Ma sul ponte è ancora “solo” una corsa. Mai visti tanti podisti tutti assieme. E si resta, giustamente, sbalorditi. Ma su Fourth Avenue non è più una gara, qui diventa una festa di strada. Ed i runner, tutti, ne sono i protagonisti indiscussi.

Il quartiere di Bay Ridge è stato la casa, per moltissimi anni, di irlandesi, greci, italiani (il Tony Manero protagonista di Saturday Night Fever era di queste parti) e norvegesi. Le tante insegne di ristoranti, alternate a tanti concessionari d’auto, lo testimoniano ancora. Il cibo molto meno. Ma negli ultimi anni queste prime generazioni di immigrati hanno lasciato posto ad arabi, asiatici e russi. Il risultato è quello di un melting pot incredibile, un antipasto di quello che i runner incontreranno per (tutti) i chilometri successivi. Le bandiere ed i cartelli e le urla di gioia per i runner (spesso in lingue incomprensibili) non fanno che sottolineare questa moltitudine di culture. Non è un caso, nemmeno, che in questi primi chilometri si susseguano lungo Fourth Avenue luoghi di culto di tutte le religioni. Una accanto all’altra.
Benvenuti (davvero) a Brooklyn.

Miglio 5 / Un parco al tramonto (Sunset Park)

Poco dopo essere passati davanti alla fermata della metro Bay Ridge Avenue e sotto il Gowanus Express Way ci si ritrova, sempre su Fourth Avenue, nel quartiere di Sunset Park.
Questa zona prende il nome dal piccolo parco panoramico considerato uno dei tesori nascosti di questa parte della città. Dal punto più alto di Sunset park si riesce a vedere la baia di New York, la Statua della Libertà e si possono scorgere persino le colline di Staten Island. E come suggerisce il nome, le viste migliori si hanno al tramonto.
Durante la gara però il parco è solo sfiorato dai runner: compreso tra la 44th Street e la 41st Street, Sunset Park si affaccia su Fifth Avenue. Ma può essere una ottima meta per chi è venuto fin qui per ammirare i podisti passare, magari approfittando della vicina fermata della subway (linee N, R – fermata 45th Street) proprio su Fourth Avenue.

Sunset Park è in buona parte ispanica e questa sua natura si rivive, immediatamente, nei cartelli e nelle bandiere che i tanti spettatori, sempre più numerosi man mano che si procede verso il cuore di Brooklyn, mostrano ai runner. L’altra metà del quartiere, invece, è abitata da cinesi: il risultato è una successione di negozi e chiese con insegne scritte in lingue e caratteri diversissimi.
Se si vuole avere una idea dell’incredibile flusso di persone che passano durante la gara in questo tratto di strada, qualche anno fa il fotografo Benjamin Norman ha prodotto un video dal titolo The Marathon in a Minute con un timelapse del passaggio dei runner in questa parte del percorso. La trovate tra le pagine del New York Times a questo link: link.maratona.nyc/nyTVideo. Non perdetelo.

Miglio 6 / Il Paradiso può attendere (Greenwood Heights)

Il cimitero di Greenwood Heights, che i runner incontrano alla propria destra all’altezza della 35th Street, dà il nome a questo quartiere che si sviluppa intorno a questo altro tratto di Fourth Avenue. Idealmente è una perfetta prosecuzione della strada percorsa a Sunset Park e Bay Ridge. L’aspetto più interessante è che, andando avanti, un altissimo palazzo con un curioso orologio in cima, il Williamsburg Savings Bank Tower, in fondo al rettilineo di tanto in tanto fa capolino e si “avvicina”.
In linea d’aria a questo punto si è ancora circa a 4 chilometri e mezzo dalla torre. Ma è un buon riferimento visivo per capire quando si abbandonerà definitivamente Fourth Avenue.

In questo tratto di Greenwood Heights molte band suonano per i runner e per le migliaia di spettatori che cantano (e spesso ballano) ai bordi della Avenue. Le urla che incitano i runner mescolano sempre più lingue del mondo in quella che diventa un buona sintesi dell’incredibile diversità degli abitanti di questo quartiere. Dato il percorso decisamente ondulato, questo tratto è anche un buon posto per voltarsi a guardare dietro ed ammirare l’interminabile serpentone di podisti lungo il tracciato.
I runner più svegli quando raggiungeranno la 24th Street potranno, guardando alla loro sinistra, scorgere per qualche istante la Statua della Libertà, in fondo nella baia di New York.
Qui, pochi metri prima di passare sotto lo svincolo della Prospect Expressway, i runner raggiungono anche il primo traguardo numerico della gara: 10 km. Un buon momento per controllare i tempi desiderati e fare un check della condizione fisica. Mancano, del resto, “solo” 32 km e 195 metri!

Miglio 7 / Brooklyn al suo meglio (Gowanus e Park Slope)

Una delle tante sorprese che offre New York a chi la visita, è quella della rapidità con cui la città possa cambiare. Pochi blocchi, spesso, rappresentano la distanza e la differenza tra un quartiere popolare ed uno decisamente più posh.
È per questo che quando si percorre questo tratto di strada di Fourth Avenue, compreso tra Prospect Avenue e Flatbush Avenue, si taglia Brooklyn, davvero, a metà. Alla sinistra dei runner, scorre Gowanus, zona industriale ed ancora (per fortuna) popolare che si affaccia sull’omonimo canale; alla destra, invece, sorge “sua maestà” Park Slope, zona di residenza di scrittori, artisti, professionisti e celebrità. Non a caso Park Slope, con i suoi bellissimi brownstone (le piccole case di pietra bruna con scala esterna) che salgono verso Prospect Park, è stato votato ed è tuttora considerato uno dei migliori quartieri di New York e di tutti gli Stati Uniti.

Gowanus, in linea d’aria a sole poche centinaia di metri, risponde con un aspetto decisamente più industrial: magazzini, co-working, bar, edilizia popolare, affitti ancora “accettabili” ed una metropolitana che gli passa sopra invece che sotto.
A proposito di metropolitana, la fermata di Ninth Street è un ottimo posto per chi vuole venire a guardare la gara da queste parti. È uno dei pochi posti dove è comodo attraversare Fourth Avenue, altrimenti impossibile a causa del flusso continuo dei runner. Inoltre le tante linee che qui convergono (F, G ed R) permettono di spostarsi velocemente in altri punti del percorso o della città per (ri)vedere i podisti passare.

Miglio 8 / Alla fine di Fourth Avenue (Downtown Brooklyn)

Prima o poi tutto finisce, e così durante l’ottavo miglio si abbandona, definitivamente, Fourth Avenue proprio nei pressi della Williamsburg Savings Bank Tower, pochi metri prima della quale i runner voltano a sinistra su Flatbush Avenue.
L’orologio della torre è sicuramente un landmark: uno degli elementi d’architettura più noti di Brooklyn, occupa la sommità e le quattro facciate della torre che fino al 2010 era il più alto di tutto il borough. Al pian terreno di questo building, sito in One Hanson Place, c’era la sede di una banca. Oggi è luogo di mostre, mercatini, incontri, nonché set indiscusso della maggior parte delle scene di film e serie TV che necessitano proprio di una banca come ambientazione. Al piano interrato c’è persino, ancora, il locale delle cassette sicurezza con tanto di porta blindata.

Svoltando verso ovest in Flatbush Avenue, guardando subito sulla destra, si può scorgere il gigantesco Barclays Center, il nuovo palazzetto dello sport sede di concerti e casa dei Brooklyn Nets. Su Flatbush sorge uno degli Apple Store più cool di New York ed immediatamente dopo una repentina svolta a destra su Lafayette Avenue si passa dinanzi al celebre Brooklyn Academy of Music (BAM).

Ma tutto questo i runner non lo potranno notare più di tanto. Saranno semplicemente storditi dall’ovazione che li attende in questo passaggio che ha pochi confronti in tutta la gara. Letteralmente migliaia di persone sono qui ad acclamare e caricare i runner che passano in questa stranissima chicane, con tanto di palco e mega screen, che i podisti compiono nell’arco di poche centinaia di metri. Una festa di strada che prosegue, alla grande, nel miglio successivo.

Miglio 9 / Come Rocky Balboa (Fort Green e Clinton Hill)

Nemmeno il tempo di lasciarsi alle spalle il BAM che Lafayette Avenue si stringe decisamente mentre si insinua tra lunghe file di brownstone, che sono un vero proprio marchio dell’architettura di Brooklyn.
Qui, complice la strada più stretta, la facilità con cui si raggiunge il Downtown Brooklyn, gli orari più comodi in cui arrivano i runner ed il cuore dei residenti della zona, c’è uno dei passaggi più emozionanti di tutto il percorso.

Le persone si accalcano letteralmente ai bordi della strada, traboccando e spesso e volentieri creando uno strettissimo corridoio, contornato da alberi con manto autunnale, nel quale i runner corrono estasiati ed increduli. In questo tratto rettilineo si attraversano i quartieri di Fort Green (dove c’è un bellissimo parco, se possibile da non perdere) e Clinton Hill, senza praticamente accorgersene.
Moltissime band suonano in questo tratto e, grazie anche alla strada stretta, si crea un frastuono incredibile e che poco le parole possono raccontare.
Tra tutte le performance musicali di questo tratto di strada, precisamente all’altezza di Clemont Avenue, la più celebre è senz’altro quella della Bishop Loughlin Memorial High School Band, che tutti gli anni dal 1979 e per tutto il giorno della maratona suona, ininterrottamente, sempre e solo il tema di Rocky (Gonna Fly Now).
A ciascuno la sua maratona.

Miglio 10 / Un assaggio di Bedford-Stuyvesant

Proseguendo lungo Lafayette Avenue, i runner giungono nel quartiere di Bedford-Stuyvesant (o Bed-Stuy, come lo chiamano tutti). Un tempo uno dei quartieri più popolari e difficili di tutta Brooklyn, negli ultimi anni è stato al centro di un fenomeno che ha coinvolto diversi quartieri di quest’area di Brooklyn: la cosiddetta gentrificazione, dubbia traduzione di gentrification in inglese, ovvero la trasformazione urbana e socio-culturale attraverso la quale un quartiere tradizionalmente povero viene abitato e trasformato, in poco tempo, dall’arrivo di una parte di popolazione giovane e benestante con conseguente allontanamento dei residenti originari.

Un tempo considerato la Harlem di Brooklyn, questo quartiere è ancora a fortissima influenza afro-americana, ma ai residenti originari si è affiancata una folta popolazione di origine caraibica ed africana.
Per Bed-Stuy la gentrificazione è stata così tanto veloce che i runner che corrono attraverso Lafayette Avenue, per poi girare a sinistra su Bedford Avenue, avrebbero davvero difficoltà a credere che negli anni ’70 questo tratto di gara, insieme al Bronx, era considerato dagli organizzatori e dagli abitanti tra i più pericolosi di tutto il percorso della maratona. I bellissimi e curati brownstone, i tanti alberi, le tantissime persone in festa raccontano oggi una storia molto diversa dell’aria che si respirava solo fino a qualche anno fa.

Praticamente dove Lafayette incontra Bedford Avenue i podisti raggiungono il quindicesimo chilometro di gara. In questa fase la stanchezza è ancora poca e l’energia degli spettatori lascia credere che si potrà arrivare al traguardo praticamente spinti dalla forza di chi li incita. Ma pochi metri dopo li aspetta una (strana) sorpresa.

Miglio 11 / All’improvviso il silenzio (South Williamsburg)

La diversità di New York si manifesta in tantissimi modi: nella lingua, nelle tradizioni, nei colori, nelle passioni. Ed ovviamente anche nella religione.
Accade così che mentre corrono i primi chilometri su Bedford Avenue, i runner si sentano come trascinati in un’altra dimensione e, se possibile, in un altro tempo.
All’improvviso, la folla, la musica, la festa sembrano (quasi) del tutto spariti. Un silenzio, a tratti irreale, li accoglie senza peraltro dare alcun preavviso.

Benvenuti a sud Williamsburg: cuore della comunità ebrea ortodossa chassidica.
Tra i valori di questa comunità uno dei più forti è quella della modestia e la maratona è guardata con sopportazione ma anche qualche fastidio. Quando viene guardata. Uno degli aspetti più strani è, infatti, il totale ignorare l’evento da parte della popolazione. I runner passano, i residenti vanno avanti con le loro faccende quotidiane (tra l’altro domenica non è giorno festivo e quindi ciascuno ha gli impegni di un giorno qualsiasi). Il papà della maratona, Fred Lebow (al secolo Fishel Lebowitz), era anch’egli di origini ebree ortodosse proprio come la maggior parte degli abitanti di South Williamsburg. E dovette sudare non poco per ottenere dal rabbino la necessaria autorizzazione ad attraversare il quartiere con il percorso della gara. Si racconta che quando Fred passava di qui a bordo del veicolo in testa alla gara, davanti ai top runner, chiedesse in ebraico alle persone di incitare chi passava, non sempre avendo successo nell’impresa. NYRR rispetta fortemente le tradizioni della comunità che risiede in quest’area e, di conseguenza, non ci sono palchi ed altoparlanti lungo questo tratto di gara.

Man mano che si corre verso nord, sempre lungo Bedford Avenue, avvicinandosi al ponte di Williamsburg, il silenzio tende a scomparire. Williamsburg, se possibile, è il quartiere più in evoluzione di tutta Brooklyn. L’incessante costruzione di nuovi edifici, dal design sempre più avveniristico e dai prezzi sempre più esorbitanti, sta modificando profondamente gli equilibri anche di questa enclave apparentemente immutabile. Ed i runner se ne accorgeranno metro dopo metro.

Miglio 12 / Il Ponte e gli Hipster (Williamsburg)

Poco dopo aver incrociato Broadway (spiacente, niente a che vedere con l’omonima – e più celebre – strada di Manhattan) si esce dalla “zona silenzio” e si passa nei pressi del ponte di Williamsburg.
Questo bellissimo ponte grigio e rosa, inaugurato nel 1903, unisce Brooklyn con il Lower East Side di Manhattan. È uno dei tre ponti che collegano le due sponde dell’East River tra Brooklyn e Manhattan.

Il più celebre è senz’altro il Brooklyn Bridge, l’altro – altrettanto noto – è il Manhattan Bridge. Eppure i runner nel loro percorso vedranno solo il Williamsburg Bridge. E non avranno nemmeno la possibilità di attraversarlo, considerato che ci passeranno dritti sotto, proseguendo lungo Bedford Avenue
Eppure la passeggiata pedonale (a sinistra del ponte, ovvero lungo il lato sud) che collega le sponde del fiume è forse una delle più belle di tutta New York. Il passaggio della subway accanto alla corsia pedonale (o a quella delle bici, che corre invece sul lato nord del ponte) rende il percorso di circa 2,2 km ancora più suggestivo e “newyorkese”. La vista dal ponte è mozzafiato (difficile solo decidere se sia più bello il panorama che si scorge a nord del ponte… o a sud!). I runner non potranno correrci durante la maratona: ma una passeggiata nei giorni successivi è assolutamente consigliata.

Appena passato il ponte, si ritorna istantaneamente nel clima di festa già visto a Downtown Brooklyn. I runner sono accolti, in quello che viene considerato il cuore di Bedford Avenue, da una folla festante e rumorosissima. Bedford Avenue è una strada lunghissima (circa 16 km!): inizia sull’oceano (non lontano da Coney Island) e termina proprio a nord di Williamsburg. Eppure, nel dire comune, quando ci riferisce a “Bedford”, implicitamente si parla proprio di questo piccolo tratto, di poco più di un chilometro, compreso tra il Williamsburg Bridge e Manhattan Avenue.
Bedford Avenue è considerata, da molti, la sede mondiale ed ufficiale degli hipster (se la gioca solo con Portland, Oregon): giovani, per lo più benestanti, che vivono alla moda, spesso di idee e tendenze “di sinistra”, dotati di una incredibile attenzione per tutto quello che è biologico (da queste parti si dice organic), sostenibile, riciclabile. Anche il look non è trascurato, anzi c’è anche in questo caso una attenzione maniacale nella ricerca di abiti ed accessori, spesso vintage, come la (caratteristica) cura per la barba.
Come tutte le tendenze anche gli hipster, di tanto in tanto, sfociano in versioni esagerate del medesimo concetto con effetti spesso incredibili (ed anche esilaranti) per chi visita questa zona come turista.

Bedford Avenue è una festa enorme: persone, band, negozi, cartelli, suoni, rumori, urla. Anche qui gli spettatori “stringono” sensibilmente la zona riservata ai runner. I tantissimi negozi e ristoranti che si susseguono su Bedford (destinazione serale di migliaia di ragazzi) letteralmente spariscono dietro il muro di persone che si affollano a tutti gli angoli delle strade.
Nello spazio di pochi centinaia di metri i runner passano davanti alla piscina ospitata nel Metropolitan Recreation Center all’angolo con Metropolitan Avenue, un Apple Store tutto in mattoni, un nuovo e super fornito Whole Foods, la celebre fermata della linea L destinazione di tutti i visitatori della zona, fino a ritrovarsi sulla destra McCarren Park, piccolo ma curato parco della zona dotato anche di una nuovissima pista di atletica. Qui si allenano, tra i tantissimi runner, anche i membri del club North Brooklyn Runners.
Giusto il tempo di passare davanti al famoso Five Leaves, consigliatissimo locale per brunch del fine settimana ed hamburger di qualità, ed il percorso gira a sinistra su Manhattan Avenue.

Miglio 13 / Casa dolce casa (Greenpoint)

Ogni chilometro di questa gara è speciale. Ma alcuni chilometri sono “più speciali” di altri, Per me — e mi si conceda un nota strettamente personale — è proprio questo.
Questo tratto del percorso, che collega Williamsburg a Greenpoint, attraversa il “mio” quartiere. Le strade, i negozi, le persone che i runner vedono scorrere lungo Manhattan Avenue (l’arteria commerciale di questa zona) sono i miei luoghi di (quasi) tutti gli allenamenti quando sono in città. Difficile descrivere come correre in queste medesime strade nel giorno della maratona sia, allo stesso tempo, diverso ed uguale. Il quartiere è vestito a festa anche qui. Ma l’atmosfera è esattamente quella tipica di questa zona: pace, relax e tanto entusiasmo in un quartiere che, negli ultimi anni, si contende lo scettro di zona più upcoming addirittura con la celeberrima Williamsburg.

Un tempo enclave assoluta della comunità polacca a New York, negli ultimi anni Greenpoint si è trasformata in maniera sostanziale. Le insegne dei ristoranti e dei negozi fanno ancora trasparire l’anima mitteleuropea, ma inesorabilmente si vanno mescolando con culture ed immigrati di tutto il mondo.
Greenpoint è il quartiere più a nord di Brooklyn. Dopo aver lasciato Manhattan Avenue, voltando a destra su Greenpoint Avenue (e la omonima fermata della “famigerata” metro G), i runner si ritroveranno, voltando a sinistra, su McGuinness Boulevard. Un rettilineo, lungo qualche centinaio di metri, che porta verso un piccolo ponte in lontananza.

Mentre si punta verso il Pulaski Bridge, le strade che qui si susseguono hanno nomi che scorrono in ordine alfabetico… Kent, Java, India, Huron, Green, Freeman, Eagle, Dupont, Clay, Box ed Ash. Uno scioglilingua in salsa Greenpoint. E gradualmente i runner cominciano la loro salita sul ponte mobile dedicato al generale polacco Kazimierz Pułaski, che solo nel 2019 si è scoperto che in realtà potesse essere una donna. Dal ponte, per la prima volta in tutta la gara, si potrà ammirare (era ora!) il panorama di Manhattan con l’Empire State Building ed il Chrysler Building in bella mostra. La vista è maestosa, ma spesso, soffia un bel vento teso che si infila nel sottostante canale Newton Creek.

Miglio 14 / Quasi Manhattan (Long Island City, Queens)

La prima parte del Pulaski Bridge è (ovviamente) in salita, non particolarmente impegnativa in verità, ma a questo punto della gara comincia a sentirsi. I chilometri si sommano nelle gambe (ma anche nella testa) ed è proprio qui che i podisti raggiungono il tanto atteso traguardo della mezza maratona. Tempo di fare bilanci sui tempi fin qui raccolti, pensare che da questo punto in poi “si fa prima” a finire che a tornare indietro al Verrazzano. E salutare, un volta per tutte, Brooklyn. Dall’altro lato del ponte, infatti, è arrivato il momento del Queens.

Long Island City, o LIC come è abbreviato un po’ dovunque, in origine era un quartiere a stragrande maggioranza di italiani ed irlandesi. Di origini industriali e sede di magazzini e fabbriche (sui moli sull’East River restano ancora delle gru da carico per le navi a testimoniarlo), ha subito una vera e propria rivoluzione dal 1976, primo anno in cui la maratona passò da queste parti. Secondo alcune statistiche ha persino battuto Park Slope nella crescita (verticale) del reddito medio di chi la abita oggi.

Sede di gallerie d’arte e locali alla moda, LIC ospita anche il MoMA PS1, succursale del celebre MoMA a Manhattan, che i runner sfiorano appena scesi dal Pulaski Bridge.
Adagiati sul fiume, un fitto gruppo di grattacieli (con davanti un bel parco da visitare in un giorno non di gara) si affaccia sull’East River e guarda i dirimpettai nel palazzo dell’ONU, che da qui sembra a portata di mano (poco più di un chilometro, oltre il fiume).
L’aria che si respira è già quella di Manhattan. Ristoranti (in buon numero italiani) e tanti bar si affacciano su Vernon Boulevard dove centinaia di persone urlano costantemente “Welcome to Queens!”, nella zona che, in verità, è quella che sembra meno del Queens… di tutto il (gigantesco) Queens. Vernon Boulevard è una strada molto larga, c’è tutto lo spazio per i podisti di seguire il proprio ritmo e raccogliere le energie mentre cominciano a scorgere il profilo, apparentemente minaccioso, del Queensboro Bridge che si avvicina.

Miglio 15 / A spasso per LIC (LIC, Queens)

Il ponte sembra tuttavia svanire quando i runner da Vernon Boulevard voltano a destra sul lungo e largo rettilineo di 44th Drive. Da quando i runner abbandonano Vernon Boulevard, finché non arrivano all’imbocco del ponte, incontreranno un incessante susseguirsi di cantieri enormi di palazzi… enormi. È la nuova LIC che sta nascendo, complice anche la vicinanza di due fermate della Subway di grande interscambio: Court Square e Queens Plaza. Un rinnovamento che non ha risparmiato nemmeno il celeberrimo Five Pointz, un bellissimo complesso industriale per molto tempo abbandonato, che negli anni era stato completamente ricoperto di graffiti e teatro, tra l’altro, della scena finale di Now You See Me. Al posto di Five Pointz oggi sorge un bel complesso di edifici qualsiasi. Una occasione persa per questa zona per ricordare ed omaggiare le proprie radici industriali.

Dopo essere passato sotto il ponte che ospita la metro (linea 7) proprio nei pressi dell’edificio della Citibank, il percorso di gara abbandona 44th Drive, piega a sinistra su Crescent Street, puntando inesorabilmente verso il bridge tanto temuto. Più che su una strada sembrerà di correre in un cantiere, ma Il ponte ormai è vicinissimo. Per fortuna pochi metri prima di imboccarlo c’è un ristoro. Ed è probabilmente il momento giusto per rifocillarsi.

Miglio 16 / Prepararsi al decollo (Ed Koch Queensboro Bridge)

L’Ed Koch Queensboro Bridge, altresì noto come Queensboro Bridge, anche detto 59th Street Bridge è possibilmente, dopo il Brooklyn Bridge, il ponte più noto di New York.
Non c’è film sci-fi, thriller o di super eroi ambientato in città che non lo abbia: distrutto, spezzato, annientato, congelato, fatto esplodere. Eppure è ancora lì. Dal 1909. In tutto il suo splendore. In piedi. Nella fattispecie è sotto i piedi di migliaia di runner che lo affrontano durante la maratona quando ormai sono giunti circa al venticinquesimo chilometro.

Il Queensboro Bridge è un ponte a due piani che collega il Queens a Manhattan, sorvolando allo stesso tempo la piccola Roosevelt Island. Durante la maratona il piano inferiore è chiuso al traffico ed è riservato ai podisti. Non sono ammessi spettatori. L’effetto è abbastanza surreale: una specie di galleria, sufficientemente buia, silenziosa ed in salita, in cui i runner si ritrovano all’improvviso. All’improvviso ma dopo averlo aspettato per 25 km.
Durante le prime edizioni per evitare di chiudere il ponte al traffico, si correva nella parte esterna del ponte su una sorta di passerella di metallo, che in seguito venne coperta con un lunghissimo tappeto per le proteste dei runner che lamentavano scarpe rotte e fastidio ai piedi.

La salita del Queensboro non è in realtà super impegnativa. Ma per una specie di incantesimo, e per la stanchezza fin qui accumulata, sembra non finire mai.
Sulla sinistra del ponte scorrono i Silvercup Studios, praticamente la Hollywood di New York. Moltissimi film e serie TV sono state girate in questi magazzini, un tempo sede della Silvercup Bakery. Giusto per dare una idea: Sex & the City, The Sopranos, Gangs of New York, Mad Men, Elementary, Highlander, Il Diavolo veste Prada, White Collar.

Man mano che si sale si apre una vista incredibile verso Manhattan, sempre alla sinistra (ovvero il lato sud) del ponte. Non è raro che i runner si fermino qui per fare delle foto. Non è nemmeno troppo raro che si fermino qui presi dalla stanchezza. La pausa tuttavia non dura molto: pochi secondi fermi ed immancabile arriverà un “Come on!” (“Dai, dai!”) oppure un “You’ve got this!” (“Ce le fai!”) di incitamento di qualche altro runner in movimento. E le gambe, di solito, obbediscono in automatico. Sulla destra del bridge (lato nord), ad un certo punto, potrebbe far capolino anche la celebre teleferica che collega Manhattan a Roosevelt Island. Una esperienza da fare, magari nei giorni prima della gara, per vedere il ponte da vicino, sentirsi come Spider-Man e fare un giro sulla piccola isola, in larga parte solo residenziale e sede, da pochi anni, dell’avveniristico Cornell Tech College.

La versione per i runner di “non può piovere per sempre” è “non può salire per sempre”: il Queensboro Bridge, suo malgrado, obbedisce ed inizia la sua veloce discesa verso Manhattan. Man mano che ci si avvicina, il silenzio del ponte lascia posto ad una specie di brusio crescente. Che diventa sempre più forte. E poi ancora più forte. Non è la stanchezza. È Manhattan.

Miglio 17 / Come una rockstar su First Avenue (Upper East Side, Manhattan)

Frank Shorter, vincitore di due medaglie olimpiche e di tre NYC Marathon ha detto: “Se quando raggiungi First Avenue [durante la Maratona di New York] non ti viene la pelle d’oca, c’è qualcosa in te che non va”. Ed è una sintesi veritiera.

Il brusio che si sente sul ponte, man mano che ci si avvicina all più celebre borough di New York, diventa un vero e proprio boato. Costante. Crescente. Quando lo svincolo del ponte scende rapidamente sulla sinistra e fa una inversione di 270 gradi per ripassare sotto il ponte e collegarsi a First Avenue, la curva lunga qualche centinaio di metri che i runner compiono è una specie di “giro d’onore”. Letteralmente migliaia di persone sono assiepate in questa zona del percorso per il più caloroso “Benvenuto a Manhattan” che qualsiasi runner possa desiderare.

La festa che attende i runner, con le parole, difficilmente si può raccontare. E l’energia che trasmette sembra compensare la fatica, appena passata, del ponte. I runner “semplici” qui dovranno far attenzione a non farsi spingere troppo su First Avenue dalla carica ricevuta dal pubblico. I top runner, invece, è in questo tratto di First Avenue che cominciano a fare le prime mosse di strategia per tentare di vincere la gara. Da questo punto in poi diventa semplice contare in blocchi. I runner scendono al ponte all’altezza della E 59th Street, e lungo First Avenue, corrono verso nord per un lunghissimo rettilineo (verso il Bronx) che li porterà fino alla 126th Street.

Miglio 18 / Tutti in fila indiana (First Avenue, Manhattan)

Questo tratto del percorso è una prosecuzione dei primi metri di First Avenue che i runner percorrono appena scesi dal Queensboro Bridge. La folla si accalca ai bordi delle strade facendo un frastuono davvero incredibile, anche perché si incanala tra le facciate degli alti edifici che si susseguono lungo First Avenue. Non è raro che la folla si affacci anche alle finestre ed ai balconi di questi palazzi, di fatto “a picco” sulla strada sottostante.

Il percorso è anche molto ondulato e permette ai runner, guardandosi avanti o dietro, di ammirare la lunghezza del flusso dei podisti che si snoda in questo tratto di strada. First Avenue rappresenta l’anima commerciale dell’Upper East Side (o UES). L’UES è considerata, non a caso, una delle zone più eleganti della città, specialmente nella sua parte più ad ovest: qui sorgono le residenze della maggior parte dei consolati, alcune townhouse imponenti, la celeberrima Park Avenue, tantissime strade alberate di una bellezza indicibile e sulla Fifth Avenue alcuni dei palazzi più prestigiosi di tutta New York con una vista in prima fila su Central Park.

La numerazione delle strade può aiutare ad orientarsi sul lungo rettilineo: questo tratto comincia all’altezza della E 77th Street e prosegue fino alla E 96th Street, ovvero 20 blocchi rispettando e confermando la regola per la quale a New York ogni blocco è lungo circa 80 metri (la larghezza, invece, varia a seconda delle Avenue).

Miglio 19 / Che cavolo stai dicendo Willis? (East Harlem, Manhattan)

Arrivati a questo punto della gara i runner dovrebbero essersi ormai abituati a cambiamenti repentini nel tratto di città che stanno attraversando.
Non dovrebbero essere sorpresi, quindi, di sapere che quando sorpassano la E 97th Street hanno temporaneamente abbandonato il ricchissimo UES per entrare nel povero East Harlem, detto anche “El Barrio” per la popolazione a stragrande maggioranza di origine sudamericana.

Se esistesse un confine in città sarebbe, purtroppo, proprio alla E 97th Street: a sud, nell’Upper West Side, circa il 90% della popolazione è bianco, il reddito medio si aggira sui 110000 dollari annui e “solo” il 6.5% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. A nord della E 97th i dati cambiano bruscamente: circa il 53% della popolazione è composta da latinos, oltre il 36% da afroamericani e purtroppo anche i dati economici parlano chiaro: il reddito medio precipita a 32000 dollari/anno e circa il 34% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La celebre serie TV degli anni 80 Il mio amico Arnold (Diff’rent Strokes) provava, non a caso, a raccontare in maniera esilarante l’effetto di mescolare mondi, all’epoca ancora più diversi e lontani di oggi.
Questa incredibile contraddizione economica e sociale ha anche un riflesso sull’edilizia. Di colpo, lungo First Avenue, scompaiono (o quasi) i palazzi di lusso ed i grattacieli e cominciano a susseguirsi case molto meno sfarzose alternate con edilizia popolare, che da queste parti si chiamano projects (abbreviazione di housing projects).

Il clima del tifo invece, se possibile, migliora. Il calore, l’entusiasmo, i balli, i cori… ci sono decisamente meno persone per strada, ma il livello di festa è ancora più grande! East Harlem sarà pure un quartiere con qualche difficoltà in più, rispetto ad altre zone, ma la prima domenica di novembre dimostra ai runner di tutto il mondo la sua vera e caldissima anima latina.
Una carica di energia che serve tutta: in questo tratto si raggiunge il trentesimo chilometro di gara (all’incirca quando i runner alla loro destra trovano il piccolo Jefferson Park). Dodici chilometri alla fine. Come non finire la gara ormai?

Miglio 20 / Il ponte di Willis Avenue (Manhattan)

First Avenue scorre veloce e relativamente pianeggiante man mano che si attraversa Harlem e si punta verso il Bronx. La fatica, inevitabilmente, in questo tratto si fa sentire sul serio e cominciano a vedersi tanti runner camminare. Niente di disonorevole a meno che non siate come Murakami che, come racconta nel suo celebre L’arte di correre, sulla sua tomba sogna di vedere scritto “Haruki Murakami, 1949-20**, scrittore (e runner). Almeno non ha mai camminato.”
Quando i podisti raggiungono la E 124th Street e passano sotto lo svincolo dell’Harlem River Drive si trovano davanti la piccola salita del Willis Avenue Bridge. Qui potrebbero avere davvero voglia di camminare. O di mollare.
Eppure la vera gara si corre da qui in poi.

I 31 chilometri precedenti sono serviti “solo” a portare i runner all’imbocco del Willis Avenue Bridge. La “vera” maratona, quell’incredibile gioco di equilibrio tra forza e volontà, inizia proprio qui. Qui, in questo tratto di salita lungo poco più di 600 metri, per i runner “normali” inizia la gara contro se stessi, mentre gli elite runner possono pensare di tentare la fuga verso un traguardo ancora lontano.
Il ponte passa sul fiume Harlem e, molto gradualmente, scende sulla riva opposta.
Verso il “muro” e verso il Bronx.

Miglio 21 / Il muro ed il Bronx (Mott Haven, The Bronx)

“Weeeeelcome to the Bronx!!!!”. Sono pronto a scommettere che questo è quello che sentiranno urlare i runner mentre completano l’ultimo tratto di ponte e si apprestano a voltare a sinistra sulla E 135th Street.
Il quartiere di Mott Haven, nella zona sud occidentale del borough, è l’unico quartiere di tutto il Bronx che viene toccato dalla maratona. Se vi sembra poco sappiate che il percorso originale del 1976, per il timore di disordini e problemi che il solo nome “Bronx” suscitava nella mente di organizzatori e podisti, si limitava a scendere dal ponte, girare intorno ad un lampione e tornare indietro subito verso Manhattan sul medesimo ponte.

Oggi, per fortuna, il percorso si snoda, anche se solo per poco più di 2 km, tra le strade di questo quartiere in continua trasformazione. Il Bronx, scrollatosi di dosso molti dei problemi degli anni ’80, sta vivendo un periodo di trasformazione. E questa zona, la più vicina di tutto il quartiere a Manhattan, è al centro di molti cambiamenti.
Se il passaggio sul Willis Avenue Bridge dovesse darvi l’idea di essere finiti su un’isola sappiate che è l’esatto contrario: il Bronx è, a tutti gli effetti, l’unico borough di New York ad essere parte del continente: sono gli altri borough (tutti!) ad essere ospitati su isole.

Questo tratto del Bronx è anche il pezzo di gara dove i runner potrebbero incontrare il “muro”. Il condizionale è davvero d’obbligo. Non tutti i maratoneti hanno questo “crollo” improvviso. Non sempre, almeno. Ed a volte è solo poco più di un rallentamento. I fattori che possono contribuire sono molteplici (e certamente fuori dallo scopo di questo capitolo). Ad ogni modo, un aiutino non guasta: con o senza muro, la fatica a questo punto della gara è tanta. Se avete un amico a New York in quei giorni che vi chiede “dimmi come posso darti una mano” chiedetegli di prendere la metro 6 fino alla fermata “3 Avenue-138 Street Station” e venire a fare il tifo per voi.
Tra le persone, in verità qui meno numerose, che incitano i podisti, scorgere all’improvviso una faccia ed una voce amica in questo tratto può fare tutta la differenza del mondo. Insieme alle banane che qui vengono distribuite dai volontari ai runner, con enorme gioia e sollievo di tanti (e sicuro del sottoscritto).

Miglio 22 / Verso casa (Harlem, Manhattan)

Ancora poche curve al Bronx, un ultimo passaggio sul ponte di Madison Avenue ed i runner si ritrovano a scendere verso Harlem su Fifth Avenue. Ritornare a Manhattan trasmette una strana sensazione di certezza.
Come a dire “ho passato il muro, ho finito i ponti, sono tornato a Manhattan, vuoi che ora non finisca la gara?” Non ha molto senso da un punto puramente razionale, tenuto conto che mancano ancora circa sette chilometri e mezzo. Ma è esattamente così che ci sente. E conviene aggrapparsi a questo pensiero con tutte le (poche) forze residue.

Questo tratto di Fifth Avenue insegna un altro aspetto importante di New York, sottolineando un errore che caratterizza tanti che la visitano per la prima volta: i nomi delle strade per indicare una parte della città non hanno purtroppo alcun senso. Fifth Avenue infatti, nasce a Washington Square Park, nel cuore del Greenwich Village, e attraversa larga parte di Manhattan su un rettilineo di oltre 10 chilometri: nel suo lungo tragitto passa davanti alla New York University, sfiora Union Square, accarezza lo spigolo del Flatiron Building, si trasforma in una brutta strada commerciale a Korea Town, passa sotto l’Empire State Building, saluta la New York Public Library, offre la sfilza di negozi più eleganti della città, passa davanti al celebre cubo di Apple, costeggia tutto il bordo est di Central Park e finalmente attraversa tutta Harlem fino al ponte di Madison Avenue. Dove, probabilmente esausta, si ferma.

Il tratto di Fifth Avenue che in questa parte di gare i runner si trovano ad affrontare è quella di Central Harlem. L’atmosfera è incredibile. I runner non potranno fermarsi un istante senza essere incitati a proseguire. Le urla si sommano “Almost there!” (“Quasi arrivati!”), “Just few more miles!” (“Ancora poche miglia!”), “You can do it! (“Puoi farcela!”), “Keep Going” (“Continua a correre!”), “You’re looking good!” (“Sei in splendida forma!”) sono tutte vere e sono tutte approssimate per eccesso.
Ma va bene così.

I runner si sentono e sono i protagonisti di questa festa. E quando “incrociano”, lungo il loro percorso, la celebre 125th Street passano nel cuore vero di Harlem: qui l’Apollo Theatre, qui il vero soul food, qui tante chiese che tutte le domeniche offrono la messa con coro gospel ad uso (e ormai un pochino troppo consumo) dei turisti che hanno l’ardire di spingersi fin qui.
Fifth Avenue prosegue verso sud dritta, ma i runner sono costretti a girare attorno al piccolo e grazioso Marcus Garvey Park prima di ritornare sulla Avenue. Central Park si avvicina.

Miglio 23 / Almost there (Fifth Avenue & Central Park, Manhattan)

Passato il Marcus Garvey Park, Fifth Avenue punta, di nuovo, decisa verso sud e verso il parco. Man mano che ci si avvicina alla 110th Street (anche chiamata Central Park North) Harlem gradualmente si trasforma. La vicinanza del parco è un segno inequivocabile del valore crescente degli edifici in questa zona. Ogni blocco che si corre, le quotazioni immobiliari salgono in modo vertiginoso.

Arrivando alla 110th i runner escono “formalmente” da Harlem e rientrano nell’Upper East Side, attraversano il piccolo Duke Ellington Circle e lungo Fifth Avenue affrontano uno dei tratti più impegnativi di tutto il percorso. Subito dopo essere passati davanti alla statua del jazzista, infatti, inizia un lungo rettilineo di circa un chilometro e mezzo. Porta i runner dalla E 110th fino alla E 90th Street. Il tratto di strada è bellissimo. Sulla destra dei runner scorre la maestosità di Central Park, sulla sinistra si sussegue una serie di edifici elegantissimi che, a partire dalla E 105th Street, diventano musei (non a caso questo tratto di Fifth Avenue si chiama anche Museum Mile).

Sarebbe tutto perfetto. Se non fosse che questo tratto è costantemente in salita. Una salita snervante: per i tanti chilometri fin qui accumulati, per la pendenza (non toppo decisa, ma nemmeno impercettibile), per la voglia di entrare nel parco e sentirsi, definitivamente sulla via di casa. Per fortuna gruppi organizzati per la raccolta fondi a favore delle charity si riuniscono in questo tratto di strada e riservano una festa speciale ai podisti.

Miglio 24 / Verso il Guggenheim (Fifth Avenue, Manhattan)

Upper East Side, NYC

La salita continua per tutta la lunghezza di questo tratto del tutto simile al chilometro o poco meno appena percorso.
In questo pezzo di strada bisogna, davvero, perdersi nei propri pensieri. Ammirare il parco. Chiedersi quando finalmente si entrerà. E continuare a correre.
Un po’ come le pecore per prendere sonno, in questo tratto di gara i runner possono cominciare a contare le strade alla loro sinistra. Obiettivo: arrivare a 90. Pensare che ogni blocco che si completa sono circa 80 metri fatti. E andare avanti. Senza contare che, ormai, da qui mancano solo 5 chilometri alla fine. Una distanza, che chiunque si sia preparato per una maratona e che è arrivato a correre in questo tratto di strada, considera solitamente irrisoria.

Mentre i runner si perdono in calcoli sui chilometri percorsi, finalmente si arriva alle E 90th. Appena un blocco prima di raggiungere il favoloso Guggenheim Museum, meraviglia dell’architettura di Frank Lloyd Wright, il percorso di gara volta verso destra (ovest) ed entra finalmente nel parco più celebre della città (e probabilmente del mondo) all’altezza del famosissimo lago Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir. Bacino che, tuttavia, i runner durante la gara non vedono, ma è un fantastico posto per gli allenamenti di rifinitura nei giorni immediatamente precedenti la maratona. Appena entrati nel parco, infatti, il percorso dei runner vira immediatamente verso sinistra (direzione sud) lungo East Drive. In questo punto del parco, di solito, c’à una statua dedicata a Fred Lebow intento a scrutare il proprio cronometro. Nel giorno della maratona viene spostata sulla Finish Line. Un modo per onorare i runner e la memoria di Lebow stesso.

Miglio 25 / Una passeggiata al parco (Central Park)

Quando il conto dei chilometri è inferiore a quello delle dita di una mano il cuore si fa leggero. E se non bastasse, l’indescrivibile bellezza del manto autunnale degli alberi di Central Park e le due ali di folla ai bordi della strada completano lo spettacolo. In questo istante i runner, arrivati fin qui, sanno di avercela “già” fatta. Manca ancora strada e fatica. Ma è impossibile essere nel flusso di runner che transitano in questo pezzo di percorso e non arrivare in fondo — salvo sfighe madornali, ma valgono gli opportuni gesti scaramantici.
Questo tratto di strada, costantemente ondulato, passa davanti al Guggenheim, alle spalle del Metropolitan Museum, accanto ad un obelisco chiamato (guarda caso) L’obelisco (The Obelisk, o anche L’ago di Cleopatra, Cleopatra’s Needle) che è il manufatto umano più antico di tutto il parco (si stima sia del 1450 a.C.).

La strada passa proprio davanti (i runner la trovano sulla destra) a uno dei riferimenti più noti per chi corre nel parco: la Still Hunt ovvero la statua in bronzo di un puma che adagiato su una roccia vera si affaccia sulla strada, un tempo spaventando chi correva nel parco.
La statua ha dato il nome a questo tratto di parco che ormai è noto a tutti come Cat Hill (esiste anche un nome meno gentile, in effetti), ma, per fortuna, il percorso della maratona in questo tratto scende invece che salire. Alla fine della discesa, alla loro destra i runner possono scorgere il bellissimo Loeb Boathouse, noto ed elegante ristorante che si affaccia su un bel laghetto dove è possibile noleggiare una piccola imbarcazione per chi ha voglia di un romantico in giro in barca a remi. Magari un altro giorno.

Miglio 26 / Dentro e fuori dal parco (Central Park South, Manhattan)

Le tantissime persone che sono assiepate a fare il tifo nel parco continuano ad urlare “Almost there!” (“Ci sei quasi!”). Ed incredibilmente, ormai, è vero. L’ultimo (da leggersi UL-TI-MO) miglio di gara è piuttosto mosso. Mentre East Drive procede su e giù, i podisti incontrano una piccola salita (che più o meno a questo punto sembra l’Everest) e poi una decisa discesa che invece può essere percepita come il ritorno sulla Terra da una qualche orbita lontana. E poi, con sorpresa di alcuni, ci si ritrova fuori da Central Park.
Nemmeno il tempo di protestare “ma io avevo capito che si finiva in Central Park” che subito il percorso piega verso ovest e corre lungo Central Park South (un altro nome per la 59th Street).
Central Park South è il “bordo” sud del parco. I runner si trovano, di nuovo, con il parco alla loro destra ed una sequenza di eleganti palazzi alla loro sinistra. Il primo è il famosissimo Plaza Hotel. E poi ancora, hotel di lusso ed edifici super fighi, in rapida sequenza. Su Central Park South i runner corrono, tendenzialmente ancora leggermente in salita, per mezzo miglio (la larghezza di Central Park) tra due ali enormi di pubblico ed arrivati a Columbus Circle voltano a destra e rientrano (spoiler: questa volta definitivamente) a Central Park. L’entusiasmo delle persone e dei runner a questo punto si fa semplicemente incontenibile. Una onda sonora spinge decisamente i runner dentro il parco.

E … 385 yards (Tavern on the Green, Central Park)

Poco dopo essere rientrati nel parco i runner sorpassano il segnale Mile 26. Ma il cartello che apre veramente il cuore è quello che dice “400 meters to go” (“400 metri alla fine”). Non resta che “adagiarsi” su West Drive, direzione nord, farsi “trainare“ dalle urla degli spettatori, cominciare a sentire in lontananza lo speaker ufficiale (qualunque cosa dica, va bene), vedere apparire all’orizzonte gli spalti stracolmi di spettatori (paganti). Poco importa se questo tratto sia ancora in salita. Poco importa se le gambe a questo punto vorrebbero disconoscere il proprietario. La Finish Line è in vista. Proprio difronte al ristorante Tavern on the Green.

Quando Shalane Flanagan, campionessa americana e vincitrice dell’edizione 2017 ha percorso questo ultimo tratto di gara ha sintetizzato tutta la gioia di questo tratto in un (famosissimo) “Fuck yes!”, pronunciato in diretta mondiale, quando ha visto il nastro della vittoria a poco più di 20 metri davanti ed ha capito d’aver vinto la gara.

Gli ultimi metri di questo incredibile percorso sono un’emozione costante e, sincerante, indescrivibile. Migliaia di runner arrivano praticamente in contemporanea. C’è chi spinge per guadagnare qualche secondo, c’è chi cerca il personal best, c’è chi si gode lo spettacolo e saluta tutti, c’è chi fa foto, selfie o si fa fotografare, c’è chi cammina, lacrime agli occhi o abbraccia un amico. C’è chi alza le braccia in cielo. C’è chi ride. C’è chi sembra che non arriverà mai. C’è chi sfreccia come se fosse al primo chilometro. C’è chi vuole solo arrivare in fondo a questo incredibile percorso.

42195 metri di mondo

Nel corso del tragitto della NYC Marathon, i runner hanno la fortuna di esplorare il mondo intero in una unica corsa. Non c’è lingua, colore, tradizione, religione, musica, odore e tratto somatico che non si possa ritrovare nei tanti chilometri di questa gara e nella festa che oltre due milioni di persone regalano a chi la corre. È la vera magia di questa gara. E di un percorso unico.
Si parte da un forte su un’isola lontana che sembra tutto tranne che la New York dei film o dei grattacieli, si passa su un ponte più lungo (di pochissimo) persino del celebre Golden Gate Bridge, si corre per chilometri su un rettilineo che sembra non cambiare e non finire, ma che si colora di decine di bandiere e voci diverse, si è acclamati come una rockstar nel cuore di Brooklyn passando accanto ad edifici maestosi, ci si infila in lunghe file di eleganti brownstone quasi storditi dal volume della musica che accompagna ogni passo. Ci si immerge in un silenzio irreale mentre si ammirano gli incredibili abiti di un popolo con tradizioni antichissime, si finisce in una festa di strada che non sembra dover finire mai, si passa all’improvviso per la “Polonia”, dopo un piccolo ponte ed una vista magnifica si finisce tra locali italiani e irlandesi e mille cantieri, si prende un lungo ponte che sembra salire fino al cielo. Si ridiscende verso Manhattan e ci si sente come sul palco del Live Aid, si corre, soffrendo, tra due ali di pubblico che non sembrano mollare, si viene incitati in tutte le lingue, in tutti i modi, ogni singolo metro. Sconosciuti offrono un cinque, un kleenex, una banana, un biscotto, cartelli incredibili, sorrisi, coraggio, forza. Diecimila volontari passano otto ore ad aiutare oltre 50000 sconosciuti in maniera incessante. Il Bronx accoglie i runner a braccia aperte e poi li rispedisce oltre il “muro”, quasi immediatamente, verso Manhattan. Fifth Avenue diventa la via di casa, offre il cuore di Harlem e la meraviglia di Central Park. Il parco ti porta alla fine. Il Guggenheim, il Metropolitan, gli alberi in mille tonalità di giallo e rosso, migliaia di persone. Impossibile arrendersi. Gli ultimi saliscendi sono tutti nelle gambe. Il cuore e la testa sono già alla fine. Appena passato Columbus Circle, è fatta. “400 meters to go”. “200 meters to go”. La Finish Line più famosa del mondo aspetta migliaia di finisher nel cuore della città più bella del mondo. Steve Jobs diceva “The journey is the reward” (“Il viaggio è la ricompensa”). È la sintesi migliore possibile per la TCS NYC Marathon.

Questo post é un (piccolo!) estratto dal libro “La corsa infinita, la guida completa alla New York City Marathon: la storia, la gara, le info, i consigli e le curiosità sulla maratona più famosa del mondo” disponibile su Amazon in formato eBook e cartaceo. Per maggiori informazioni. 

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