Capita di avere solo venti minuti e di voler fare un giro dell’isolato di corsa.
È il momento della Grande fuga di Beethoven, il santo patrono dei runner.
Cominciamo però da una fuga di Bach semplice da seguire:
Fatta questa passeggiatina in montagna, con i nostri bravi scarponcini ai piedi, abbiamo capito grazie a Bach che sì, camminare ci piace. Ci appassioniamo e le nostre imprese diventano un po’ più ardue. Finché un giorno, con confidenza in noi stessi, cominciamo a sognare una grande vetta.
Penso al Monte Bianco. Mille storie affascinanti, un capolavoro della natura. Un simbolo.
Sebbene non sia neanche un’escursionista della domenica, ogni volta che ascolto – senza mai stancarmi – la Grande fuga la mia mente va ai grandi scalatori. Anch’io da ascoltatrice ho fatto certa una fatica prima di arrivare lassù. Dopo aver superato tutti gli ostacoli… eccoci qui.
Questa Fuga è un equivoco…
Beethoven doveva comporre un Finale per il suo Quartetto op. 130 e si lasciò prendere un po’ la mano. Il suo editore gli disse: «No, no, no. È troppo lunga», e gli propose di “staccarla” dal resto del Quartetto, rendendola un brano autonomo. E così fece.
Questa Fuga non è per tutti
Seguire una fuga è in generale abbastanza complicato: dipende da quante voci è composta e da quanto sono intricate.
Per me questa Fuga è come una meditazione o una preghiera. Ripulisce dalle scorie della vita quotidiana e rigenera. Beethoven ci conduce per mano a una quota si è inebriati dalla mancanza di ossigeno. Gira la testa.
Quando corro con questa musica, la mia scalata personale del Monte Bianco in 16 minuti, resto sempre, sempre senza parole, poiché lo spettacolo che si vede lassù lascia senza fiato.
La visualizzazione è realizzata con la Music Animation Machine è di Stephen Malinowski.
All-in-one
Infine, il Quartetto op. 130 insieme alla Grande fuga, così come Beethoven l’aveva pensato all’inizio.
(Photo credits: Franco Pecchio)