La versione di Anton

Come descrivere Anton Krupicka? Puoi parlarne per i risultati che ha raggiunto: è uno dei più forti ultratrail runner al mondo, ha vinto 2 volte la mitica Leadville 100, la Miwok 100, la Western States 100. È giovane (30 anni), è figo e ha la barba e i capelli lunghi. A vederlo correre pensi a Gesù e a Forrest Gump in versione runner: magro e concentrato ma capace di esprimere una pace interiore che si irradia ovunque. Lo incontri poi un giorno a Milano grazie a New Balance e ti sembra uno in pace col mondo e che, pur giovane sia anagraficamente che come ultrarunner, ha già capito tutto. È metodico e schivo, eppure lo osservi e sembra perfettamente integrato nella società: sa comunicare molto bene, è simpatico, è una persona semplice e profonda. Forse proprio questa sua sincerità serena lo rende credibile: non ti racconta una storia, ma la vive. La comunica. Può essere anche la tua storia, quella di un ragazzo del Nebraska che sin da piccolo scoprì che correre gli piaceva davvero tanto. E da allora non ha più smesso. Questa è la versione di Anton.

Innanzitutto: come si pronuncia il tuo nome?
Si dice “Crupìtscka”, è di origine ceca.

I tuoi genitori sono cechi?
I miei antenati lo erano, io sono già la 5a generazione. Immigrarono nel 1860-1866 in Nebraska e costruirono la loro casa a 5 km da dove sono cresciuto io. Le mie radici sono affondate profondamente in Nebraska.

Ci torni ogni tanto?
Una o due volte all’anno. Non ci sono montagne là, ci vado solo per i miei genitori. Li amo molto ma non ho alcun altro tipo di legame particolare là.

Un progetto per te potrebbe quasi essere quello di scalare ogni montagna della terra.
Ognuna dici? Ma sai quante vette ci sono solo in Colorado? Potrebbe non bastarmi tutta la vita solo per scalare quelle che ci sono in Colorado. Qui nelle Alpi ci sono tipo 14 vette sopra i 4000, no? In Colorado ce ne sono almeno 600 sopra i 4000. Di queste io ne avrò scalate 50-60. Quindi no, è un progetto molto ambizioso ma anche no.

Sei abituato alle lunghe distanze e alla solitudine. Corri mai anche con qualcuno?

Un paio di volte alla settimana corro con qualcuno ma il più delle volte sono solo. Lo facevo molto al tempo del college quando facevo atletica e le campestri ma prima e dopo quasi sempre da solo.

Quindi ci sei abituato ormai.
Beh, ovvio. Sai, posso tenere il mio ritmo, non devo badare a nessuno. Posso fare i miei allenamenti che sono abbastanza tecnici senza aver il pensiero che qualcuno mi possa rallentare. Poi correre in montagna può essere pericoloso, devi stare attendo a come e dove lo fai. È senz’altro meglio dovermi preoccupare solo di me stesso.

In che momento della giornata preferisci correre?
Al mattino. Mi sveglio, bevo un caffè e salgo in montagna. Sto fuori 4 ore poi torno e mangio qualcosa.

Mangi durante l’allenamento?
Solo se è lungo. Se è più di 3 ore porto un paio di gel.

E quale stagione preferisci?
Mi piace moltissimo l’autunno quando l’aria diventa piacevole e tersa. Adesso il tempo in Colorado è stabile. In estate invece devi rientrare entro l’una perché dopo si possono scatenare temporali piuttosto violenti e quando sei su una vetta non è proprio bello. Ma l’estate mi piace molto: puoi andare fino ai 4000 solo con un paio di scarpe e un paio di pantaloncini e quando hai finito ti tuffi in un torrente. È molto piacevole.

Che dieta segui?
Mangio frutta ogni giorno (come se lo dicesse per dimostrare che è bravo, infatti ride). No, non ho linee guida particolari, non sono vegetariano.

Tu non segui nemmeno programmi di allenamento particolari, sembrerebbe.
Sì e no. Ho una maniera molto precisa di fare le cose. Devo correre tutti i giorni altrimenti mi arrabbio. Quando mi sveglio sono irritabile e continuo ad esserlo fino a che non esco, vado in montagna e mi faccio una bella sessione. Quando torno sono calmo per tutto il resto del giorno.

Tu irritabile? Sembra impossibile.
Sì, sono ansioso e irritabile. Non è piacevole avermi attorno se non ho corso (ride).

Vivi solo?
(ride) Vivo in un furgone! Sì, vivo solo.

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Hai iniziato a correre molto giovane, in genere chi arriva alle lunghe distanze non è giovanissimo.
Sì, oddio, ho fatte le mie prime ultra a 22 anni ma mi pare di aver corso la mia prima maratona a 12 anni. Correre mi ha appassionato sin da subito e velocemente, è diventata quasi un’ossessione.

Ti ritieni una persona ossessionata dalla corsa? Non pensi che ci sia una specie di atteggiamento monomaniaco in quello che fanno gli ultrarunner?
Sì, direi di sì ma per me riguarda solo il running. Per quello nutro ambizioni ma per quanto riguarda il resto della mia vita sono molto pigro, non ho molte altre motivazioni.

Hai corso oggi qui a Milano?
No, non ho più corso da quando mi sono infortunato (alla UTMB 2013 n.d.r.). Riprenderò quando tornerò a casa domani. No, sono stato qui, a Bologna, una settimana a Barcellona… sai non mi piace correre in città poi, con il traffico, il caldo ecc.

Erano un po’ le tue vacanze no?
Non considero non correre come una vacanza. Direi che per me una vacanza significa correre su per le montagne ogni giorno e starmene in una città per me non è proprio una vacanza, mi sembra più un lavoro.

Dove vivi?
A Boulder in Colorado. È una città non piccola – avrà 100.000 abitanti – ma è molto compatta. Io vivo a 5 minuti dal centro dove ci sono i negozi, i caffè ecc. ma il mio appartamento è a pochi minuti dai sentieri. Quindi è una città, ma è proprio alle pendici delle montagne.

Ogni giorno fai un percorso diverso?
Potrei, ma alla fine faccio bene o male sempre gli stessi. Poi per 4/5 mesi giro con il mio furgone e ogni giorno cambio montagna. Giro in Colorado, nello Utah, nel Wyoming. Poi d’inverno invece torno a Boulder.

Sei su un’isola deserta e puoi portare solo 3 oggetti con te. Cosa porti? Ovviamente non puoi portare le scarpe, anche perché c’è solo sabbia e non ti servirebbero.
Ah (è un po’ disorientato)… vediamo. 3 oggetti importanti… Uno sarebbe un libro, non saprei quale ma direi uno molto lungo e complicato, sicuramente un romanzo, non di certo un saggio. Poi il mio iPod per la musica.

Ma non puoi ricaricarlo però.
Porto un lettore CD a pannelli solari allora.

Ok.
Poi… siamo già al terzo oggetto? No, era il secondo. Allora porto un coltello.

Tipo di quelli multifunzione svizzeri?
No, mi sembra che facciano tante cose e nessuna bene. Porterei un coltello con una lama bella affilata e basta.

Hai detto che porteresti un libro: quali sono i tuoi scrittori preferiti?
David Foster Wallace e Don De Lillo che ho letto questa estate.

Cosa hai letto d De Lillo?
Underworld. Molto lungo, c’ho messo quasi un mese e mezzo a leggerlo.

Beh, non è molto. Underworld è davvero molto lungo.
D’estate giro con il furgone, alle 9 di sera ho già cenato e fatto tutto, cosa mi resta da fare? Leggo. L’estate è la mia stagione delle letture.

Abbiamo la sensazione che ti piaccia scrivere. I pezzi che scrivi sono molto belli e ci piace leggerli.
Grazie. Non so se mi piace scrivere ma mi piace essere creativo. Mi piace il processo creativo. Probabilmente la scrittura è la cosa più creativa che faccio. Purtroppo non so suonare uno strumento musicale, non ho particolari abilità manuali per fare qualcosa di artistico tipo scolpire, dipingere o disegnare. Ma penso che essere creativo sia importante quanto la corsa. Ma non so se scrivere mi piaccia.

Magari la interpreti come una mansione da svolgere.
Sì, esatto. Ma alla fine mi piace rileggere quello che ho prodotto, questo sì.

Pensi a quello che devi scrivere mentre stai correndo?
No, generalmente non penso a niente, svuoto la mente e cerco di godermi il momento che sto vivendo mentre corro. Il punto è di essere presente in quel momento e di non essere distratto da altro. Questo a volte accade perché, ovviamente, siamo esseri umani ed è normale avere pensieri e distrazioni ma generalmente cerco di avere la mente libera.

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Ritieni che correre in montagna sia più impegnativo da un punto di vista mentale? Devi fare attenzione a dove metti i piedi e cose così.
Assolutamente sì, è più impegnativo. Devi essere concentrato. Se non lo sei rischi di farti male. Devi essere concentrato sul paesaggio, su quel che ti circonda e sul fatto stesso di prestare attenzione mentre corri. Per gran parte della mia vita mi sento come se fossi alla ricerca di qualcosa che mi distragga, qualcosa che mi intrattenga; essere in montagna invece è molto appagante. Per esempio guardare un video, navigare in internet o cose del genere sono operazioni veloci, meccaniche. Essere in montagna invece richiede attenzione per molto tempo ma alla fine ti premia. È faticoso ma alla fine ti senti bene. 

La fatica e lo sforzo che costa lo scalare una vetta è qualcosa che ti accompagna sempre immagino, anche se, a vedere un tuo video, sembra che scalare una montagna sia per te come bere un bicchier d’acqua.
No, è che lo faccio tutti i giorni e quindi può sembrare che per me sia così facile ma in realtà credo ci si abitui al disagio che si prova. È una sensazione che diventa molto familiare e questo è utile quando ci si trova in difficoltà nella corsa in montagna.

È una sorta di metafora della vita, essere abituati al disagio rende più facile apprezzare i vari momenti della nostra vita.
Immagino di si. Ma non credo la vita dovrebbe essere difficile. Credo che la cosa importante sia riuscire ad adattarsi. Perché la vita è al di fuori del nostro controllo, non puoi controllare tutti gli aspetti della tua vita quindi devi accettare e adattarti a situazioni che magari non vorresti vivere.

A proposito della corsa in montagna: non sei solito usare equipaggiamento come camelbak o i bastoncini.
Non uso cose di cui non sento il bisogno. Ad esempio uso i bastoncini in inverno quando il terreno è scivoloso ma quando la stagione è buona, se ce n’è bisogno, preferisco aiutarmi nei tratti impegnativi appoggiando le mani sulle ginocchia o addirittura procedere a quattro zampe se la salita è particolarmente ripida.

Hai qualche consiglio per chi vorrebbe praticare questa disciplina?
Il mio consiglio è di non aver paura di scalare e di procedere lentamente.
La gente spesso mi chiede quanti chilometri percorro in una settimana e cose così ma questi sono numeri che non conosco nemmeno io. Mi alleno al di sopra dei 3000 metri il più delle volte, dove non c’è tantissimo ossigeno e gli allenamenti sono molto tecnici. Così se vado in salita può capitare che impieghi 15 minuti per percorrere un miglio e sarebbe anche un’andatura veloce. I km comunque non contano per me, faccio riferimento ad ore e metri di dislivello. Questo è quel che conta.

Conta come ti senti mentre stai percorrendo una salita.
Si, esatto, questo è il punto. Non uso GPS o cardiofrequenzimetro quindi mi concentro prevalentemente sulle sensazioni che provo e sullo sforzo. So che sto correndo bene se il mio corpo e le mie gambe mi trasmettono determinate sensazioni. Non ho bisogno di un orologio o di un cardiofrequenzimetro che mi dicano come sto andando, se sto faticando troppo o troppo poco.

Ti ricordi il primo paio di scarpe col quale hai corso ? New Balance immaginiamo…
(ride) Mmm….no…a dire il vero New Balance sono state il mio secondo o terzo paio di scarpe. Il primo paio di scarpe l’ho comprato di seconda mano per tipo 1 dollaro. Erano vecchie, usate e tutto quanto, credo fossero un paio di Nike con le quali ho corso la mia prima maratona. Mi pare fossero delle Nike Cortez, non esattamente scarpe da running ma penso di averci corso 5000 km. Il che è da pazzi!

Hai cominciato a correre su percorsi trail o all’inizio correvi su strada?
Sono cresciuto in una fattoria, in una zona di campagna, ed ho cominciato a correre in un percorso di 4 km attorno alla mia fattoria. Era più che altro un percorso di corsa campestre, pascoli di mucche, alberi. Non c’erano strade asfaltate dove sono cresciuto ma prevalentemente terra battuta, ghiaia. Alla fine credo di non essermi veramente mai allenato su strade asfaltate.

Quando ti è venuta l’idea di intagliare le suole delle tue scarpe?
La prima volta è stato nel 2004 quando ho cominciato ad interessarmi alle calzature “minimal” e all’impatto di questa filosofia sulla corsa.

A quel tempo correvi con scarpe “tradizionali”?
Parliamo di 9 anni fa, rinforzavo i miei piedi con la corsa a piedi nudi ma, a parte questo, le uniche scarpe a drop zero erano le scarpe da corsa campestre quindi all’inizio sì. Ma poi le ho volute rendere piatte come piace a me e l’unico modo era eliminare la parte che non utilizzavo e renderle piatte.

Il primo paio di scarpe che hai così intagliato erano delle New Balance?
Si.

In quel periodo eri già un atleta New Balance?
(ride) Nel 2004? Non ero nemmeno un runner! All’università ero un pessimo corridore. Mi allenavo tantissimo, tipo 250 o 300 km a settimana.

Cosa? 300 km alla settimana?
Sì sì, ci sono stati anni in cui 300 km a settimana era lo standard. Ma questo prima che cominciassi a correre in montagna. La pianura è molto più “corribile”

E quindi come sei entrato in contatto con New Balance?
All’inizio ero sponsorizzato da La Sportiva che fa delle ottime scarpe, molto resistenti. Poi ho vinto la Leadville 100 e in quel periodo, era il 2007, lavoravo in un negozio di calzature. Un giorno venne un product manager di New Balance per una presentazione. Io ci scambiai qualche chiacchiera, senza sapere bene chi fosse. Commentai le scarpe e lui mi propose di diventare ambasciatore del prodotto. Ed ecco come è cominciata.

Hai sviluppato con loro una linea di calzature e questo è un progetto che ancora continua vero?
Si, infatti. La prima serie sono state le MT100 sviluppate nel 2009.

Come hai approcciato il Barefoot Running ? È stata un’evoluzione del tuo modo di correre?
È cominciato tutto nel 2004 quando ho iniziato a usare scarpe sempre più minimal. Anche ora che corro su terreni di montagna riesco comunque a correre dai 50 ai 70 km a piedi nudi, sull’erba ovviamente.

Non su terreni da trail?
No, assolutamente. La gente che pensa che sia possibile correre barefoot in montagna credo non ci abbia mai provato. Su terreni duri sicuramente andrai sempre più veloce con un paio di scarpe piuttosto che a piedi nudi, è ovvio.

Ultima domanda, per le lettrici di RunLovers, sei fidanzato?
(ride) No, no, non sono fidanzato. Sono single.

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