Stiamo approfondendo, insieme a New Balance, cos’è la corsa per tutti noi, come dicevamo qualche giorno fa. Abbiamo ricevuto moltissime lettere e oggi pubblichiamo la seconda, scritta da Gianclaudio, che ci ha colpito moltissimo perché focalizza l’attenzione su due aspetti molto importanti: la crescita e il miglioramento.
Se anche tu vuoi contribuire con il tuo punto di vista su “Run your way”, sul tuo modo di intendere la corsa e su cosa sia per te, inviaci un’email a info@runlovers.it. C’è chi corre per restare in forma, c’è chi corre per partecipare alle gare, c’è chi corre per il pacco gara, c’è chi corre per meditare, chi lo fa per prendersi un momento di pausa dalla vita, per stare meglio mentalmente, per risolvere problemi, e c’è pure chi corre perché è l’unico sport che gli permette di organizzarsi con gli allenamenti tra un impegno e l’altro. Ogni opinione, ogni punto di vista conta.
Sono un figlio del lockdown; della cassa integrazione; di una carriera fatta di viaggi, passaporto e hotel più di quanto sia lecito. Da un decennio.
Dieci anni senza un giorno di “out of office” della mia casella email. Ma quando il tuo ufficio è il mondo, e il mare non un confine ma un tramite, il lavoro è roba che da dipendenza.
Così, fino al lockdown.
Poi, la cassa, fermo, svuotato, chili che si accumulano.
Poi giugno, il sole la primavera.
Allora, che si fa?
Dal mio sport preferito che era caffè e sigaretta e un passato remoto da atleta in tenera età, eccomi qui, ora sono un runner che tra una settimana correrà la sua prima maratona, il giorno del mio cinquantesimo compleanno.
Tutto inizia in quella dannata primavera del 2020. 60 metri. Il mio limite è correre 60 metri.
Ciascuno di noi può correre, ma ciascuno di noi ha bisogno di una motivazione diversa e molto forte per iniziare.
La mia la potrei definire quasi disperazione.
Una vita svuotata in fretta e all’improvviso, gli affetti sembra non mi bastino, ho bisogno di ricentrarmi.
Sono da sempre competitivo con la mia stessa ombra, quei 60 metri sono un affronto per il mio ego. Inizio così, da solo, zero conoscenza, tecnica, scarpe abbigliamento.
I miei primi 2km: “mi sento un dio” niente mi potrà fermare.
Li ricordo distintamente come i miei primi 10.
In mezzo, corse alle ore 14 ad agosto, corse allo sfinimento, di quelle da mettersi a letto appena dopo la doccia, faccio le mie esperienze, inizio a documentarmi a leggere libri, web, podcast, social. “Rubo” dove riesco, non sbaglio, imparo.
Intanto i chilometri aumentano, pian piano.
La corsa diventa parte integrante della mia vita.
Amo godermi “il viaggio” dei lunghi, come battere i miei tempi da brocco sui 10k.
Un periodo mi sono messo a correre in salita (molto salita, meno di 10 Km è più di 500 metri di dislivello ) soffro, ma arrivo sempre dove mi prefiggo. E ne sono appagato.
Nel frattempo il lavoro riprende; un po’ diverso, ma riprende.
Eh no!, mi sento forte e in forma come non mai, non voglio più scendere a compromessi, non ci voglio più rinunciare.
Iniziano così gli allenamenti all’alba, la sera al buio, a 2 gradi o con la pioggia.
Rendo bene con il freddo, non l’avrei mai detto.
Come spesso accade, le passioni che esplodono in età matura sono violente e impetuose: passione, potrebbe essere un “cosa è per me la corsa”, ma è riduttivo.
In fondo non credo che una sola parola basti. Come può la sola parola “passione”, racchiudere, solo per fare un esempio, il ricordo della mia prima mezza, dove sempre da solo, come vado a correre, mi iscrivo sia alla mezza che alla 10k, perché “non so se me la sento”, non ho mai corso più di 14 chilometri.
E poi, quando vado a ritirare il pettorale, la persona di fronte a me, sorridente, mi dice “sei qui per il pettorale? La mezza o la 10k?”
4 secondi di silenzio…
“Dammi il pettorale per la mezza”.
Trovo pure un vecchio ex collega che quasi non sapevo che corresse e che, dopo aver tagliato il traguardo, torna indietro per incitarmi e correre con me gli ultimi 200 metri.
Non è solo passione, è amicizia tra compagni che sanno cosa è la fatica, la sfida con se stessi, fatica (sì, ancora), sudore, piacere ed endorfine.
Pur se è uno sport di massa, è avere la sensazione di “calpestare la terra calpestata da pochi”. Sentirsi (più che essere) sopra la media: benessere per il propio ego quanto per il proprio fisico.
È un luogo tutto mio, dove non “mi svuoto”, ma porto con me la gioia se è una giornata gioiosa, la rabbia o la delusione, se la giornata questo ha portato.
E la corsa ha sfumature diverse ogni volta, ma ogni volta ne esco migliore.
È il luogo dove gambe cuore e testa, ritrovano armonia.
Ecco la corsa per un runner, anzi la corsa per me è semplicemente un modo di essere.
Essere migliore.
Bello