Piegarsi per allacciare le scarpe, girare la testa per guardarsi intorno sono semplici azioni che potrebbero trasformarsi in sfide quotidiane senza quel po’ di flessibilità che ci consenta di eseguirle senza problemi.
Da cosa dipende il livello di flessibilità di ciascuno di noi? Quali fattori influenzano la nostra flessibilità?
Partiamo dal presupposto che essere flessibili è in parte una dote innata. È una proprietà intrinseca dei tessuti corporei. Questa determina il range di movimento che si può ottenere senza provocare lesioni.
Come spiega Stephen Dunn, fisioterapista e cofondatore di Core Therapy e Pilates ad Austin Westlake Hills nello stato del Texas, le differenze individuali in termini di flessibilità possono essere considerevoli, influenzate da una nutrita varietà di tratti geneticamente ereditati, tra cui la struttura delle tue articolazioni, la lunghezza delle tue fibre muscolari e la flessibilità dei tessuti connettivi.
L’età conta
L’età influisce sulla tua capacità di essere flessibile. Purtroppo in negativo. Ciò dipende dalla perdita di elasticità di tendini e legamenti che compongono i tessuti connettivi.
Tendini e legamenti sono direttamente coinvolti perché i primi collegano le ossa di un’articolazione ai muscoli che la manipolano, i secondi circondano e sostengono quell’articolazione, limitando i modi in cui può muoversi.
Inoltre con il trascorrere degli anni diminuisce anche la formazione di collagene e di elastina, due proteine essenziali per preservare l’elasticità e la flessibilità dei nostri tessuti connettivi. L’usura della cartilagine e la sarcopenia, ovvero la perdita di massa e funzionalità muscolare, sono altri fattori strettamente legati all’età e alla perdita di flessibilità.
L’età non giocherà a favore della tua flessibilità, ma almeno potrai dire di avere dalla tua un bagaglio ricco di esperienza e, magari, saggezza.
Una questione ormonale
Anche l’appartenenza al genere femminile o maschile è un fattore che influenza la flessibilità del tuo corpo. Secondo uno studio del 2019 pubblicato sulla rivista Revista Paulista de Pediatria l’estrogeno prodotto dagli ormoni sessuali femminili aumenta la quantità di collagene nel tessuto connettivo. Questo rende generalmente i tendini e i legamenti delle donne più elastici e flessibili di quelli degli uomini.
Tuttavia esiste anche il caso inverso, in cui si deve far fronte a un’ipermobilità quindi un’eccessiva escursione di movimento nelle articolazioni. Anche in questo caso l’origine è genetica ed è da imputare a un’alterazione dei tessuti connettivi.
Della serie chi troppo chi niente.
Cosa fare
Non tutto è perduto. In realtà nulla è perduto perché oltre a quel che ci ha messo a disposizione madre natura con l’attività fisica possiamo cambiare le carte in tavola, cambiamento che uno stile di vita sedentario non ha il potere di attuare. Al contrario può solo accentuare il fattore di rigidità e di una ridotta possibilità di movimento.
Impegnarsi due o tre giorni alla settimana, o anche quotidianamente, ad eseguire una routine di stretching è un’abitudine da adottare per beneficiare di effetti sia sul breve che sul lungo termine.
Attraverso lo stretching ripetuto il nostro sistema neurale si abitua allo stimolo di allungamento permettendo all’articolazione di muoversi attraverso una gamma più ampia di movimenti prima che si attivi il riflesso di difesa involontaria contro l’allungamento eccessivo e contro potenziali danni muscolari. Per questo motivo quando allunghi per la prima volta un muscolo questo si contrae, perché i fusi muscolari, i sensori che rilevano i cambiamenti nella lunghezza muscolare, inviano segnali al midollo spinale, che poi comunicano al muscolo, come spiega Dunn.
Durante e subito dopo un allungamento, l’unità muscolo-tendinea attaccata a un’articolazione viene allungata contrastando la rigidità che potrebbe essere sorta dalla seduta in posizione statica. A lungo termine, nell’ordine di settimane, lo stretching è in grado di regolare e migliorare il range di movimento e aumentare così anche i livelli di tolleranza allo stretching.
A questo proposito esiste una teoria, anche conosciuta come la teoria sensoriale per aumentare l’estensione muscolare, secondo la quale l’aumento dell’elasticità muscolare che deriva da una sessione di stretching o dopo diverse settimane di stretching regolare è dovuto esclusivamente a cambiamenti delle sensazioni provate durante l’esecuzione dei vari esercizi.
In questo articolo trovi le principali differenze sulle diverse tipologie di stretching che puoi fare, senza dimenticare che anche la pratica di discipline come lo yoga e il pilates possono contribuire enormemente a renderti più mobile e flessibile.
(via livescience)