Alla ricerca del disagio, per stare meglio

Si dice che usiamo una piccola percentuale del nostro cervello. Quando impariamo a usarne di più, riusciamo a evolverci. E la corsa può aiutarci.


  • La mente guida a superare ostacoli fisici e psicologici, spingendo oltre i limiti del corpo.
  • Mente e cervello non sono intercambiabili: la mente è infinita, il cervello è uno strumento.
  • Superare la soglia del comfort mentale porta all’evoluzione, ampliando il potenziale oltre i limiti cerebrali.

Spesso ti parliamo del ruolo che la mente ha nel permetterti di superare gli ostacoli, sia fisici che psicologici. Potremmo citare mille pensieri di atleti e persone famose e capaci che dicono sostanzialmente questo: la mente ti porta dove il corpo non può portarti. Ovviamente lo fa convincendolo che ce la può fare perché, sai, il corpo è un po’ pigro e appena fa un po’ fatica tende a farti credere che hai raggiunto il tuo limite.
Altrettanto spesso si fa confusione fra mente e cervello, finendo per usare le due parole in maniera intercambiabile. Non è vero: la mente non è il cervello e viceversa. Semmai il cervello è uno strumento della mente ma di certo è infinitamente più limitato. Se vuoi un paragone, pensa al cervello come a un processore (perché questo in effetti fa: processa informazioni, le immagazzina, le rielabora) e alla mente come qualcosa di ancora più grande di un computer. In altre parole, il cervello non può contenere la mente.
Se vuoi lavorare per ampliare le tue potenzialità allora devi lavorare sulla mente. Usando il cervello.

Il cervello è un cane

Ho letto due cose apparentemente distanti, se non per il fatto che entrambe parlano di cervello. Una viene da un comedian americano (definirlo comico – all’italiana – è impreciso) e una da uno sportivo e amico di Runlovers.
La prima l’ha detta Jerry Seinfeld e non è una battuta ma una grande verità. Dice in altri termini quello di cui parlavo prima:
La mente è infinita nella sua saggezza, il cervello è un piccolo, stupido cane.
L’altra è di Stefano Gregoretti e l’ha scritta in un post su Facebook. Parla del famoso 20% di cervello che, secondo alcuni, è la sola porzione che usiamo, a dimostrare che il nostro potenziale sta ben oltre ed è almeno 5 volte più grande di quanto pensiamo.
Al di là del numero (che alcuni identificano nel 10%, cosa che poi è stata dimostrata essere errata o fuorviante), quello che dice Gregoretti è un po’ diverso. A lui non interessa il numero in sé quanto il fatto che indichi una soglia: se stai sotto significa che vivi e ti alleni e ti sforzi al di sotto del tuo potenziale, se ti spingi al 21% e oltre superi le tue Colonne d’Ercole mentali e puoi ambire al miglioramento.
Il 20% è insomma una soglia che distingue il comfort dal discomfort: nel comfort c’è tutto quello che ti fa star bene ma che ti addormenta anche il cervello (o non gli permette di evolversi) e oltre c’è l’evoluzione.

L’agio impigrisce

Siamo abituati dalle moltissime comodità di cui – anche fortunamente, non nascondiamocelo – possiamo godere a stare sempre sottosoglia. Usiamo la macchina per spostarci, abbiamo il riscaldamento, il cibo non ci manca. Quelli che chiamiamo “bisogni primari”, salvo casi particolari, sono sempre garantiti.
Questo ci ha anche abituati ad allontanare col pensiero quella soglia: stiamo insomma sempre al di sotto, usando tra l’altro un trucco mentale molto insidioso, ossia che “ce lo meritiamo”.
In fondo lavoriamo e facciamo anche cose che non ci piacciono: la ricompensa deve per forza essere la vita comoda, no?
Poi ci sono persone come Gregoretti che scelgono volontariamente di mettersi a disagio: attraversano deserti in estate e distese di ghiaccio in inverno. Sembra che cerchino proprio di stare male, no? Ti viene da chiederti se gli faccia schifo starsene a casa al caldo (o col condizionatore, in estate).
Spesso guardiamo con ammirazione ma anche con sospetto queste persone: ci chiediamo perché lo fanno e siccome non lo capiamo bene, pensiamo che abbiano qualche rotella fuori posto.
Non ho attraversato deserti, ghiacci e continenti in condizioni spesso miserabili per il solo gusto di vedere panorami nuovi, ma per vedere dentro di me dove sarei riuscito ad andare contro il mio cervello e per cercare di essere il più pronto possibile alle catastrofi della vita.
Gregoretti usa un’espressione molto precisa. Dice “andare contro il cervello”. Non che il nostro cervello sia un nemico: in fondo ci serve e ne dipendiamo, non potremmo letteralmente vivere senza di lui. Però il suo punto di vista – mi permetto di interpretare – è ancora diverso, e dice, arrivandoci per altre strade, quello che dice Seinfeld: il cervello ha un potenziale finito, la mente è infinita.

Nuovi limiti

Se questi discorsi hanno una conclusione o una logica, è questa: il cervello è limitato, la mente è infinita.
Del resto non gliene si può nemmeno fare un torto: lui ragiona sempre in termini di autoconservazione. Non solo per se stesso ma per il corpo che lo ospita: come noi dipendiamo da lui, lui dipende da noi. Se dovessimo scrivere le regole del cervello, la più importante sarebbe “Opera sempre e comunque in modo da mantenere in vita l’umano che ti ospita”. Il cervello sa fare benissimo il suo mestiere e quindi non va criticato per il fatto di amare più il comfort del disagio.
Poi però c’è la mente, e per fortuna. Oltre quel 20% lei si espande e il suo limite, come si diceva, non è nemmeno il 100%: è infinito.
Basta andare verso quel confine e superarlo. Non si starà benissimo, farà molto caldo o molto freddo, ci sarà da soffrire ma il premio è l’evoluzione e il miglioramento.

PUBBLICATO IL:

Altri articoli come questo

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.