Usa la psicologia positiva per correre meglio

La psicologia positiva può aiutarti a vivere con più rilassatezza la corsa. Ma non per questo ti farà correre più piano

Come forse avrai sentito l’ultimo Super Bowl è stato vinto dai Los Angeles Rams. Non temere: non sto per parlarti di football americano né della finale di quel campionato. Non ne so niente e non c’entra di certo con la corsa, anche se pure loro corrono, eccome.

Quello che è invece interessante anche per la corsa è quanto raccontato dal giocatore dei Rams Andrew Whitworth riguardo a ciò che ha portato la squadra a vincere. Secondo le sue parole non si tratta solo di ovvia e scontata preparazione fisica ma soprattutto di un clima psicologico che non ha eguali fra le squadre di quel campionato. Come dice Whitworth, l’ambiente dei Rams è molto rilassato e non esistono coach o preparatori atletici che urlano addosso ai giocatori cercando di stimolarli nel modo più brutale. Considerata la loro stazza verrebbe naturale pensarlo, e altrettanto naturale pensare che possano sopportare le aggressioni verbali – anche se fatte a fin di bene – con stoicismo.

Il segreto dei Rams – o almeno uno dei segreti – è l’uso della Psicologia Positiva. E la cosa bella è che la puoi utilizzare anche tu che pratichi uno sport solitario come la corsa, sia in allenamento che in gara. Il magazine canadese Running Magazine adatta così i principi di Psicologia Positiva al mondo della corsa.

Riconoscimento

La prima regola consiste nel focalizzarsi sulle cose buone fatte invece che su quelle negative, a prescindere dal risultato. Si tratta quindi di analizzare il proprio allenamento o la propria gara e – che siano andati bene o male – valutare soprattutto quello che di buono è stato fatto. Non hai fatto un allenamento con il tempo che ti eri prefisso o comprendo l’intera distanza che volevi percorrere? Ok, ma forse non era giornata e comunque sei riuscito a correre anche se non ne avevi voglia. È un po’ la teoria del bicchiere mezzo pieno: c’è sempre qualcosa di positivo in tutto ciò che ti capita, basta saperlo vedere.

Solo critiche costruttive

C’è una bella differenza fra il dirsi “Ho fatto schifo” e “Non ho raggunto i risultati che mi aspettavo perché”.

Nel primo caso ti stai solo mortificando perché non hai rispettato le tue personali aspettative, nel secondo stai analizzando i motivi che non te l’hanno permesso, costruendo le basi per migliorare. Deprimersi non porta a niente (salvo che a deprimersi) mentre trovare le cause di una prestazione deludente aiuta a strutturare i nuovi allenamenti in maniera diversa, concentrandosi per esempio sui punti deboli della preparazione.

Ciò che non è andato per il verso giusto non è una debolezza ma è l’occasione per migliorare.

Metti tutto in prospettiva

Pensavi di essere pronto per i 10k in un determinato tempo ma hai fallito. Invece che concentrarti sul fallimento, leggi la tua prestazione non solo in funzione delle aspettative che avevi ma soprattutto in relazione alla strada fatta sin a lì: mesi o anni fa certi tempi sarebbero stati impensabili e ora sei deluso da una prestazione al di sotto delle aspettative. Eppure, valutata su una scala temporale più ampia, si tratta pur sempre di una prestazione eccellente che denota un innegabile miglioramento.

Alla fine si tratta di mettere tutto in prospettiva e valutare da dove eri partito e dove sei arrivato.

Un atteggiamento più rilassato e più analitico – ma non per questo meno esigente – permette di ottenere risultati. A volte, se giochi a football americano, permette pure di vincere il Super Bowl. O, più semplicemente, di correre sempre meglio.

(Credits immagine principale: Nd3000 on DepositPhotos.com – via Running Magazine)

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