Un esercizio che si fa sempre più raramente in questi tempi è quello di immaginare il futuro. Vuoi perché è davvero difficile prefigurarlo con una buona approssimazione, vuoi perché – specie in questi ultimi due anni – qualsiasi previsione è stata contraddetta o spazzata via dalla realtà, fatto sta che riserviamo poco tempo a immaginarci che forma prenderanno le nostre vite di qui a cinque o dieci anni.
C’è una domanda che spesso fanno ai colloqui di lavoro: “Dove ti vedi fra 5 o 10 anni?”. Non so se i manuali del colloquio perfetto prevedano una rosa di risposte intelligenti da dare ma è interessante come quesito. E se è anche vero che le cose cambiano talmente velocemente che è impossibile capire da che parte vanno, è anche vero che in alcuni ambiti possiamo fare delle previsioni.
Ci pensavo guardando delle scarpe da running di 10 anni fa. Chi al tempo avrebbe immaginato come sarebbero state le scarpe oggi? Certo c’erano già dei semi degli sviluppi futuri: c’erano le tomaie più leggere e con meno supporti, c’erano interessanti esperimenti fatti sul drop e sulla forma in pianta delle scarpe. Guardarsi indietro serve soprattutto a vedere la strada che si è fatta e, magari, a capire retroattivamente se qualche previsione era stata indovinata.
Quello che non ho indovinato
Trovo più interessante valutare le previsioni che non ho indovinato. Per esempio: pensavo che le intersuole avrebbero subito cambiamenti più rivoluzionari. Nel 2013 è stato introdotto l’Energy Boost e negli anni successivi altre mescole addizionate di vari gas si sono aggiunte all’offerta ma l’impressione – ripeto, l’impressione – è che non si sia trattato di invenzioni o prodotti davvero sconvolgenti. Hanno permesso di migliorare i tempi di molti runner e di creare scarpe più leggere e performanti ma senza sconvolgere davvero le prestazioni.
Non escludo di essere troppo esigente e poco realista: lo sviluppo di una nuova mescola per l’intersuola richiede un grande sforzo (e molti capitali) in termini di ricerca e sviluppo e non è escluso nemmeno che gli incrementi prestazionali alla fine si rivelino marginali.
Nel reparto suola/intersuola la vera novità è stata l’introduzione della piastra in fibra di carbonio, è innegabile. Non l’avevo prevista, pur non trattandosi di una novità assoluta. Evidentemente il mio lavoro non è fare il futurologo.
La fibra di carbonio ha migliorato in maniera evidente le prestazioni di moltissimi runner, specie quelli elite. Chi andava già molto forte è riuscito a incrementare ulteriormente le proprie prestazioni grazie a questa soluzione, mentre chi si trovava nel gruppo intermedio o in fondo alla classifica non ha avuto gli stessi margini di miglioramento. La tecnologia del carbonio, per la sua natura meccanica, premia infatti chi ha già un’ottima tecnica di corsa e corre già molto forte. Chi va più lento (ciò la maggior parte dei runner) non ha visto miglioramenti significativi, tanto che spesso ne parliamo come di scarpe destinate a un pubblico selezionato e numericamente più ristretto.
È anche vero che questa tecnologia non è ancora matura (nel senso che ha ancora margini di miglioramento) e lo vedremo poco oltre.
E quello che avevo indovinato
L’evoluzione della scarpa da running verso la semplificazione era evidente e ormai quasi tutti i prodotti – e di qualsiasi fascia – sono composti da poche parti e spesso hanno tomaie costituite da un unico pezzo magistralmente sagomato e assemblato. Conchiglie, supporti, contrafforti e quant’altro sono stati a loro volta semplificati e spesso eliminati, anche grazie alla tecnologia dei mesh delle tomaie che hanno permesso di creare zone a densità, resistenza ed elasticità variabili.
La scarpa del futuro
Ed eccoci giunti alle previsioni, che verificheremo insieme fra 5 o 10 anni. Ci stai? Bene.
Ho previsto tre ambiti nei quali è prevedibile che la scarpa da running evolverà.
Tecnologia
La tomaia subirà miglioramenti ed evoluzioni incrementali ma la strada è segnata ed è promettente: il massimo risultato con il minor impiego di materiale, anche in considerazione del contenimento nell’utilizzo dei materiali e nella riduzione degli scarti di produzione. Un interessante sviluppo è quello della tomaia per il trail: si tratta dell’unica che, per motivi tecnici e di protezione del piede del trail runner, richiede ancora l’applicazione di pannelli o rinforzi in posizioni strategiche, per meglio proteggere parti nevralgiche ed esposte a superfici dure e a ostacoli imprevedibili. Sarà interessante vedere come l’industria troverà il modo di “blindare” le scarpe senza appesantirle troppo.
L’intersuola e la suola – cioè la parte della scarpa a più alto contenuto tecnologico e meccanico – subirà due possibili linee evolutive, a seconda dell’impiego o meno della piastra di carbonio.
Senza il carbonio: le mescole dovranno continuare a evolversi migliorando soprattutto in tre aspetti: peso, reattività/risposta elastica e durabilità. La mescola capace di trovare il miglior equilibrio fra queste caratteristiche sarà capace di migliorare le prestazioni meccaniche (“spingendo” di più), con un peso sempre più contenuto (e quindi affaticando sempre meno chi le indossa) e infine durando di più, per più chilometri e più tempo (cioè mantenendo stabili le proprie caratteristiche meccaniche e usarandosi il meno possibile).
Con il carbonio: a qualche anno dalla sua introduzione già si vedono in diverse scarpe diverse applicazioni di questa tecnologia. C’è chi lo usa in forma di piastra, chi in forma di tondini in fibra (i “Rods” di adidas) e chi, infine, lo sta rendendo sempre più adatto a più tipi di runner, come Carbitex che ha sviluppato una piastra in fibra che ha diverse risposte meccaniche a seconda della velocità di utilizzo e della direzione in cui viene sollecitata. Lo scopo è quello di rendere il più universale e adattabile possibile una tecnologia che ha dimostrato indubbi vantaggi, anche se non ancora percepibili da un numero vasto di runner.
Ambiente
La responsabilità delle aziende nei confronti dell’ambiente sarà sempre più evidente. Già lo è in molti casi ma la richiesta da parte dei consumatori ha convinto molti brand dell’importanza di produrre in maniera sempre più attenta all’impatto ambientale.
Fino a non molto tempo fa questo tipo di attenzioni poteva spingere alla scelta alcuni consumatori ma ora questo tipo di sensibilità è molto più diffusa ed è diventata centrale per molte persone. Ormai (e sempre più in futuro) si sceglierà chi rispetta il nostro pianeta e si penalizzerà chi non dimostra di averlo a cuore. Per questo vedremo sempre più scarpe che utilizzano plastiche riciclate o interamente riciclabili e anche prodotti che propongono un impiego di materiali organici o a basso o nullo impatto.
E non ci si fermerà qui. Il concetto di “ciclo di vita” dei prodotti è sempre più diffuso: sempre più persone si rendono conto che la vita di una scarpa inizia nel momento in cui vengono prodotte le materie prima con cui è costruita e finisce non quando viene buttata via perché “finita” ma quando viene smaltita, ancora una volta, in modo responsabile, e cioè recuperando e riciclando tutto ciò che è riciclabile e minimizzando l’impatto ambientale di ciò che non lo è.
Utente/consumatore
Se i precedenti ambiti riguardavano la scarpa in quanto prodotto e la sua collocazione nel ciclo produttivo e nell’ambiente, l’ultimo aspetto in cui è possibile prevedere interessanti sviluppi è quello del consumatore, cioè il o la runner, cioè: te.
Al riguardo non ho elementi o tendenze del mercato che possano dimostrare quanto sto per dire ma evidenzio piuttosto una mancanza dell’offerta attuale. Oggi, se ci pensi, puoi comprare scarpe che sono pensate e prodotte per tipi omogenei di runner: per chi va forte o piano, per chi è preparato o meno, per chi è leggero o pesante, per chi fa strada o trail. In questa offerta l’individuo (cioè “tu”) non sei presente. Insomma: la “tua scarpa” è quella che si adatta meglio al tuo stile e alla tua preparazione atletica all’interno di intervalli che, per semplicità ed esigenze produttive, ogni brand individua.
Se pensi che stia parlando di una scarpa ad altissima personalizzazione hai capito esattamente cosa intendo. Non credo sia, allo stato attuale, uno scenario facilmente realizzabile ma, con l’affinamento dei metodi produttivi e delle tecnologie, non è escluso che in futuro potremmo arrivare a personalizzare le nostre scarpe da running in maniera oggi impensabile. Partendo da modelli standard potremmo decidere di modificare la geometria, il drop, il profilo, l’ammortizzazione, il tipo di tomaia e molto altro. Potremmo, in altre parole, diventare designer di scarpe.
Ripeto: non succederà quest’anno né probabilmente nei prossimi 2 o 3 ma non escludo che sia un futuro plausibile.
Io, te, noi al centro di un mondo sempre più amato e rispettato e con ai piedi le scarpe che ci siamo fatti su misura, esattamente come abbiamo sempre sognato.
Forse non dobbiamo neanche più sognarlo ma possiamo iniziare a volerlo.
(Photo by Alessio Soggetti on Unsplash)