Iniziamo con una notizia sconvolgente: oggi siamo abituati a dare per scontata la presenza dell’intersuola nelle scarpe da running, ma non è sempre stato così. O meglio: che l’intersuola sia una parte ammortizzante della scarpa non è sempre stato un dato di fatto.
Le Nike Cortez sono considerate le prime scarpe ad aver utilizzato un’intersuola ammortizzata, fortemente voluta dal fondatore Bill Bowerman per rendere la corsa più piacevole e comoda. Era il 1972 e questo modello venne presentato alle Olimpiadi di quell’anno. Questo modello segna anche l’inizio del successo e del consolidamento di Nike, fondata nel 1964 ma fino ad allora essenzialmente solo l’importatrice ufficiale di Onitsuka Tiger per il mercato americano, col nome di Blue Ribbon Sports.
Secondo il fisiologo e ricercatore Geoff Burns, le scarpe da running sono concettualmente delle superfici portatili che mettiamo sotto i piedi. Se ci pensi è esattamente così e l’intersuola serve a farci correre su diverse superfici avvertendo relativamente o affatto la differenza. Ecco perché l’intersuola è così importante.
Al tempo delle Cortez, la mescola usata era una schiuma poliuretanica completata da un battistrada in gomma. Le sue funzioni era (e sono ancora) molteplici:
- Ammortizzante, dato che la sua consistenza attutisce l’impatto della pianta del piede sulla strada
- stabilizzante, anche se questa è un’evoluzione più recente
- di assorbimento dei carichi dati dall’impatto del piede a terra, in modo da trasmetterli smorzati allo scheletro, ai muscoli e alle articolazioni.
Negli anni, e specialmente in questo ultimo decennio, l’intersuola è diventata la parte più importante della scarpa da running poiché dà il più deciso contributo alle prestazioni, grazie anche alle diverse mescole sviluppate e all’inserimento di piastre, pannelli, cuscinetti di aria o altri materiali al suo interno.
Per approfondire meglio l’argomento intersuola ti rimando a questo articolo.
Ora infatti parliamo dei materiali principali impiegati, cioè: le mescole.
Che proprietà deve avere un’intersuola?
Dal punto di vista meccanico si individuano alcune proprietà che la definiscono.
- Rigidità: la capacità del materiale di non deformarsi e comprimersi. Si traduce in minore morbidezza (è il suo opposto) ma in migliori prestazioni. Se cerchi la velocità, questa è la soluzione.
- Morbidezza: è la capacità del materiale di schiacciarsi. Si traduce in maggiore comfort ma in minore velocità.
- Resilienza: è la capacità di immagazzinare e restituire energia.
- Durabilità: è la capacità di mantenere inalterate le proprie caratteristiche meccaniche.
Cosa sono tutte queste sigle?
Oggi le mescole sono identificate da diversi nomi, riferiti a diverse tecnologie/materiali. Si tratta generalmente di acronimi che abbreviano dei nomi di composti chimici difficili da memorizzare (o lunghissimi da dire). Per quanto quasi ogni brand abbia ormai sviluppato mescole proprietarie o variazioni di mescole già esistenti, si può classificarle in quattro (+1) grandi famiglie.
PU (poliuretano)
Si tratta di una mescola ormai non più molto usata nell’intersuola, anche se molte sneaker la impiegano ancora. Perché è caduta in disuso? Perché è stata superata tecnologicamente dalle mescole più moderne.
Le sue caratteristiche ammortizzanti ed elastiche infatti non sono adeguate agli standard odierni e a ciò si aggiunge che hanno un peso superiore ad altre mescole. Il lato positivo è la durabilità.
Ci sono in verità alcuni brand che ancora impiegano questa mescola, anche se modificata. È il caso di Brooks che nelle Levitate 6 usa la DNA AMP v2, una mescola basata su PU racchiuso in uno strato di TPU.
EVA (etilene vinil acetato)
È senza dubbio la mescola più diffusa ed è ancora una soluzione molto valida. Le sue caratteristiche sono la leggerezza, un miglior effetto ammortizzante rispetto al PU e buone doti elastiche, misurate in un ritorno di energia, cioè buona restituzione dell’energia scaricata a terra e relativa contenuta dispersione (l’energia restituita è nell’ordine del 60-65%, di conseguenza quella dispersa è del 35-40%). Un aspetto più critico è quello della durabilità, inferiore al PU.
EVA ha però moltissime declinazioni. In termini chimici, per esempio, la mescola Flytefoam di ASICS è EVA ma addizionata con nanoparticelle per alleggerirla e renderla più reattiva.
TPU (poliuretano termoplastico)
È un poliuretano espanso che forma celle che grazie al calore possono essere legate fra di loro. Sviluppato da adidas con BASF nel 2013, è universalmente noto col nome di Boost ma è stato poi impiegato da altri brand con nomi diversi, come per esempio NRGY per PUMA e Hypeergel per ASICS.
Il vantaggio di questa mescola è un migliore ritorno di energia (resilienza) che arriva a percentuali pari al 70-75%. La dispersione è quindi più contenuta. È un materiale che ha anche una durabilità maggiore non solo nel tempo ma anche a diverse temperature, nel senso che è molto meno sensibile a cambi di temperatura dell’EVA, oltre ad avere temperature di esercizio più ampie. Di contro ha un peso maggiore, tanto che alcuni osservano che il vantaggio dato dalla maggiore resilienza può essere penalizzato dal peso.
PEBA o Pebax (elastomero a blocchi di poliammide)
Il PEBA in realtà viene usato nelle scarpe da running da molti anni ma in una diversa forma: in quella rigida, impiegata per supporti o altro. Solo negli ultimi anni l’industria chimica francese Arkema ha scoperto come trasformarlo in schiuma. La prima scarpa a impiegarlo è stata la Vaporfly Elite nel 2016, col nome di ZoomX.
Le qualità che rendono stupefacente questa mescola sono la sua estrema leggerezza e l’incredibile ritorno di energia che garantisce, stimata attorno all’85% (87% per le Nike Vaporfly). Opera inoltre all’interno di un ampio intervallo di temperature (nel senso che è poco sensibile alla variazioni di temperatura). Quello che la rende ancora più particolare è che, come abbiamo visto, un’intersuola con buon ritorno di energia generalmente non è molto morbida, e viceversa. Quelle che usano il PEBAX invece sono sia molto morbide che estremamente resilienti. L’unico inconveniente è che hanno una durabilità inferiore.
EVA infuso con azoto o anidride carbonica
La base è sempre l’EVA ma è il trattamento chimico che ne cambia la risposta meccanica. Sfruttando infatti le proprietà dell’azoto e dell’anidride carbonica di essere liquidi a certe temperature, la loro infusione nella mescola di EVA produce al termine del processo un materiale molto più leggero e soffice, tanto da avere un ritorno di energia simili (anche se inferiori) a quello del Pebax. Fra i due gas (azoto e anidride carbonica) quello che produce effetti meccanici e durabilità maggiori è l’azoto, che richiede però anche una lavorazione più costosa.
Fra le mescole analizzate insomma, l’EVA infuso si colloca fra il TUP e il Pebax.