Mi rendo conto che come affermazione può sembrare un po’ forte ma, con i dovuti limiti e distinguo, non lo è. Ma ci arriviamo con calma.
Eliud Kipchoge è, senza dubbio ormai, il maratoneta più forte in circolazione e uno dei più forti della storia, se non Il Più Forte. Vincere dal 2014 al 2022 qualsiasi maratona a cui ha partecipato (da Chicago nel 2014, a Londra – 4 volte, come a Berlino, dove ha stabilito 2 record del mondo) e, come se non bastasse, vincere anche due ori olimpici e avere ottime chances anche per il 3°, sono un palmares che anche Paula Radcliffe – per molti anni la donna più veloce del mondo – definisce incredibile: “Per mettere il tutto in prospettiva – dice la Radcliffe – significa riuscire a infilare un successo dietro l’altro per 12 anni di fila (considerato che è il favorito anche per la prossima olimpiade di Parigi) e solo lui ce la può fare.”
Sulla sua preparazione e sul suo carattere molto è stato detto e scritto. Il suo approccio è definito molto metodico e focalizzato, la sua preparazione ineccepibile e priva di difetti. Del resto, per ottenere risultati simili non ci si può aspettare altro. Lui intanto riesce a resistere a qualsiasi pressione e a incrementare sempre e comunque le sue performance, sino ad arrivare nel 2022 a migliorare il suo stesso record di Berlino di ben 30 secondi.
Vale la pena ricordare che in maratona 30 secondi sono un’infinità. Un record lo si può battere anche di un solo secondo o di pochi centesimi; lui l’ha abbassato di 30 secondi.
L’obiettivo
Eccoci finalmente alla tesi che questo articolo vuole dimostrare. L’idea viene da una dichiarazione di Kipchoge stesso: “A Berlino non avevo in programma di correre in meno di due ore: avevo come obiettivo di battere il record del mondo”. Che, specifichiamo, aveva stabilito lui stesso.
Kipchoge era ed è in competizione solo con se stesso, perché allo stato attuale non ha rivali. Quando ci si trova sul tetto del mondo sportivo e non si hanno avversari temibili, l’unico modo per migliorarsi e sfidarsi è tentare di battere se stessi.
Suona familiare? Il tuo avversario sei te stesso, esattamente come l’avversario di Kipchoge è se stesso.
L’insegnamento
Kipchoge è indiscutibilmente una creatura unica. Non a caso non ha avversari, almeno nell’immediato. Eppure, al di là delle caratteristiche fisiche e psicologiche che lo rendono diverso da tutti noi, può essere un esempio per come affrontare le sfide, sportive ed esistenziali.
Cosa ci insegna infatti il suo approccio? Alcune cose molto importanti.
1. Scegli con cura il tuo obiettivo e sii realista
Kipchoge sapeva di non poter ragionevolmente correre a Berlino in meno di due ore ma mentre tutti pensavano a quel limite cronometrico, lui aveva individuato con più precisione il vero tempo da battere: quello stabilito nelle stesse condizioni da un essere umano (incidentalmente lui stesso) su quello stesso percorso. L’obiettivo era un limite umano già toccato, cioè quello del record del mondo. Non un limite teorico e inviolato, cioè quello delle due ore, per quanto lui stesso l’avesse già battuto a Vienna, ma solo sulla distanza e non sul percorso di una maratona.
2. Scegli il tuo avversario
Lui poteva scegliere solo se stesso, o meglio: la sua migliore versione passata in una competizione internazionale, cioè quella che aveva stabilito il precedente record del mondo. Parlando di noi e delle nostre scarse possibilità di vincere una maratona, non ci resta che battere noi stessi. O almeno le nostre precedenti versioni.
3. Preparati con metodo e dedizione
Niente è lasciato al caso e nessun risultato è ottenuto senza un’adeguata preparazione fisica e soprattutto mentale. Kipchoge è il più forte del mondo perché lo è fisicamente ma anche mentalmente. Quando percorre le ultime decine di metri prima del traguardo sorride. Non solo perché sta per arrivare ma anche perché farlo lo aiuta.
Non potremo – non potrai – mai battere Kipchoge ma potrai sempre provare a battere il tuo io del passato. Sempre, almeno fino a quando l’età te lo permetterà, ovviamente.
Non trascurando il fatto che, da un certo punto in poi, anche fare lo stesso tempo del tuo io del passato è come batterlo, perché al tempo cronometrico si è aggiunto quello anagrafico, che per forza di cose peggiora ogni prestazione.
Salvo che per Kipchoge, che, a 38 anni, continua a lasciare tutti sbalorditi per la capacità che ha di migliorare all’infinito.
Forse ha un segreto, forse è solo dedizione e talento fisico e mentale.
La buona notizia è che c’è un’altra cosa che ci accomuna a lui: come lui abbiamo un corpo e una mente. Quello che lui è stato in grado di fare con questi due elementi non è precluso a nessuno di noi, fatti salvi impedimenti fisici.
Kipchoge è umano, alla fine. Come noi. Che arriviamo sempre dopo di lui. Molto, molto, molto, moltissimo dopo.