Se ti chiedessero cos’è per te la natura, cosa risponderesti? Probabilmente penseresti alla campagna, ai boschi, alla montagna, al mare. Questi scenari sono ciò che generalmente chiamiamo “natura”.
Se poi volessimo una definizione più corretta, ci basterebbe aprire il voluminoso tomo della Treccani alla lettera “N” e trovarci scritto questo: “Natura: il sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle cose inanimate, che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi.”.
“Sistema totale” ci fornisce già un indizio, ma ci torno fra poco.
Se dovessi valutare la cosa secondo una prospettiva storica il discorso diventerebbe un po’ più complesso, ma lo si può capire anche attraverso una semplice domanda: “Chi per te, oggi, vive secondo natura?”
Scommetto che molti di noi penserebbero immediatamente ai contadini, alle guardie forestali, a chi insomma, per mestiere o per scelta, sta più fuori, all’aperto, che dentro una casa, una fabbrica o un ufficio.
Sei ancora con me? Bene, arrivo presto al punto.
Vivere la natura
Oggi “vivere la natura” è un’espressione che si sente spesso e può essere altrimenti espressa con una tendenza a vivere secondo ritmi naturali, rilassati, in armonia con il tempo delle cose, tipo l’alternanza notte e dì, per dirne una.
Sai, ad esempio, quando questo rapporto – fino a qualche secolo fa totalmente naturale – si è stravolto? Quando l’elettricità si è diffusa ed è stata disponibile a sempre più persone, permettendo di illuminare le case e le città ben oltre il tramonto e creando di fatto un dì artificiale.
Eventi del genere, per quanto graditi e portatori di progresso, hanno un effetto non secondario e di lunga portata, tipo quello di stravolgere il rapporto dell’umanità con la natura: da quel momento in poi, infatti, l’uomo si rese sempre più conto di avere potere su di essa e di poterne fare quasi tutto quello che voleva. Il rapporto iniziò a distorcersi, inutile negarlo.
Da allora in poi, vivere in modo naturale – facci caso – è stato percepito sempre più in due modi diversi: vivere in un tempo e con ritmi ormai superati dalla modernità oppure essere un po’ “strani”, vivendo quindi al di fuori della società moderna.
Ritornare alla natura
Arriviamo ora ai giorni nostri. Oggi si assiste a una sempre più pressante necessità di ritornare a vivere in modo naturale. Sia perché il problema dell’impatto dell’umanità sull’ambiente è percepito come centrale (e sai quanto noi ci teniamo), sia perché i ritmi della vita moderna sono spesso insostenibili e portano molti all’alienazione e, in casi più gravi, a patologie mentali. Non è esagerato pensare che anche la corsa o, più in generale, gli sport all’aria aperta siano un’espressione di questa necessità, anche se legata a volte allo spirito competitivo individuale.
Oggi però il rapporto che abbiamo con la natura è ancora figlio di quell’idea ottocentesca di dominio, anche se in misura più mitigata. Quando cerchiamo infatti di vivere “nella natura” spesso intendiamo solo i suoi aspetti più piacevoli: i bei paesaggi, il tempo gradevole, i ritmi rilassati. Si tratta di una visione intellettuale ed estetizzante della natura che si traduce nel prendersi solo ciò che di più piacevole offre.
Tornando ai contadini a cui si pensa quando ci si riferisce a chi vive in accordo con la natura, vale la pena di sottolineare che per loro, specie decenni o secoli fa e prima dell’industrializzazione dell’agricoltura, la natura era la sola realtà che conoscevano, i suoi ritmi coincidevano con quelli dell’uomo e il rapporto che ne avevano non era sempre semplice e idilliaco, basta pensare al maltempo o alle carestie.
Siamo parte di un sistema, non lo dominiamo
Ricordi che prima sottolineavo un elemento nella definizione della Treccani? Esatto: il “sistema totale”. “Totale” significa che la natura comprende anche noi, che ne siamo parte. Non la comandiamo, non la dominiamo, semmai, purtroppo, spesso la sfruttiamo.
Viverla solo nei suoi aspetti positivi significa averne un rapporto distorto perché significa prenderne solo il bene che ci dà e ignorando o rifiutando i suoi lati negativi. Che poi sono negativi solo per noi, perché creano disagi, a volte distruzione, altre carestie. Tutto il catalogo degli aspetti della natura che a volte ce la rendono meno gradevole, insomma.
Eppure tutto questo è, scusa la ripetizione, “naturale”. La natura è un sistema che, sempre secondo la Treccani, presenta un ordine che si forma secondo leggi. Ecco, la natura ha delle leggi e per secoli abbiamo cercato di sovvertirle o ignorarle, sfruttandola e inquinandola. Forse sono un po’ estremo nel dire che anche viverla solo per i suoi aspetti più piacevoli è un’altra forma di sfruttamento, ma non credo di essere molto distante dalla verità.
Quello che abbiamo perso da tempo è il rapporto naturale con la natura (scusa ancora la ripetizione) e cioè considerarsene integrati, parte di e alla pari di, non dominatori. L’uomo è un elemento della natura, non ne è il signore.
“Benissimo” ti starai dicendo, “e la corsa cosa c’entra con tutto ciò?”. C’entra, perché secondo me i runner e, più in particolare, i trail runner sono uomini e donne che hanno un rapporto corretto con la natura. Su cosa si basa questo rapporto? Sul rispetto, e rispettarla non significa solo non gettare le carte per terra e non raccogliere fiori rari: significa accettarla in ogni sua manifestazione.
I trail runner sono quelli che corrono nella natura essendone parte, rispettandola e amandola e accettando che possa anche essere spietata e che possa portarli al limite. Le regole del gioco non le fanno gli uomini e non le decidono i trail runner: le fa la natura, e noi ne siamo parte e le dobbiamo accettare.
Ne possiamo avere un rapporto corretto esattamente come ce l’avremmo con una persona che amiamo: accettandone i pregi e difetti. E non dimenticando mai che “pregi e difetti” e “bene e male” sono solo nomi che diamo all’effetto che le cose che ci capitano fanno su di noi. Per la natura non esiste bene o male, non esistono cose piacevoli o spiacevoli: esiste lei stessa, con i suoi esseri viventi animali o vegetali, fine.
Per la natura se c’è un temporale c’è un temporale e basta, per noi uomini può essere un fastidio o qualcosa di cui lamentarsi.
I trail runner vedono il temporale e pensano semmai a coprirsi, esattamente come un runner quando piove pensa che… beh, piove!
I trail runner accettano e comprendono perché sono parte della natura e non la considerano come una bella scenografia per le loro corse.
E tu cosa puoi fare? Innanzitutto fai come i trail runner. E poi inizia a guardare la natura come un gigantesco e complesso sistema di cui fai parte, non essendone minimamente il dominatore. Un po’ di rispetto, in ogni senso.