Alta Via 2 delle Dolomiti

Cosa ti spinge a fare fatica in vacanza?

Sulle preferenze personali a tema “destinazione per le vacanze” si potrebbe, inutilmente, discutere per ore. L’annosa questione mare vs. montagna – sebbene io sia un grande sostenitore della seconda – mi ha sempre lasciato tiepido, quasi annoiato: non si tratta di portare argomentazioni valide, se ti piace il giallo non posso mica convincerti che il blu è meglio.

Ma oggi voglio andare un pochino oltre. Cosa spinge qualcuno a utilizzare gran parte dei suoi giorni di ferie per fare qualcosa che – inutile negarlo – sarà estremamente faticoso e che alla fine poi gli farà dire “adesso ho bisogno di ferie”?
Certo, amare la natura è chiaramente il primo passo. E intendo amarla così com’è: senza la funivia per arrivare in cima, senza il chiringuito con mojito e ombrellini (siano comunque sempre lodati tutti e tre: chiringuito, mojito e ombrellini). Se non conosci The Clean Outdoor Manifesto prenditi un paio di minuti per colmare questa lacuna.

La prima volta che approcciai un’alta via il mio pensiero fu qualcosa del tipo: proviamo, sono 4-5 giorni e poi mi faccio una vacanza vera. Quattro giorni e un’enorme porzione di pizzoccheri dopo capii che non c’era vacanza più vera di quella.

Ok, facciamo un passetto indietro. Che cos’è un’alta via? Semplificando possiamo dire che si tratta di un percorso escursionistico che unisce in un’unica traccia altri sentieri già esistenti. Quindi di base è un percorso lungo, da fare in più giorni/tappe sfruttando rifugi o bivacchi esistenti. Tendenzialmente si resta perlopiù in quota (e da qui il nome) ma molto dipende dal percorso scelto. Se sei particolarmente prestante e amante dell’avventura puoi anche portarti dietro una tenda (e un sacco a pelo; e un materassino; e un fornelletto; e del cibo da cucinare) ma questo inciderà in maniera importante sul peso del tuo zaino: dopo ne parliamo. Ma se chiedi a me cos’è un’alta via, ti risponderò che è prima di tutto un’esperienza di vita, di introspezione e di condivisione.

Come scegliere un’alta via

Ah. Bella domanda questa. La prima variabile è sicuramente il tempo a tua disposizione, ma tieni conto che non devi per forza farla tutta, è lecito anche farne solo un pezzetto, come spesso si fa con il Cammino di Santiago: che io adoro definire scherzosamente come un’alta via ma senza dislivello e in ciabatte.
C’è poi la questione meramente logistica. A meno che tu non scelga una (rarissima) alta via ad anello i percorsi sono quasi sempre point to point e dovrai organizzarti per lasciare un mezzo di trasporto all’arrivo e poi raggiungere la partenza con bus o autostop. Certo, puoi anche lasciare l’automobile alla partenza e prendere il bus alla fine, ma io mi sento di sconsigliartelo perché l’ultimo giorno di cammino vorrai delle certezze e non passare gli ultimi chilometri a pensare “chissà se il bus passa anche oggi che è domenica” o perderlo perché – gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo – sei arrivato troppo tardi. Nessuno di questi due esempi è stato citato casualmente.
Infine c’è il non banale tema della difficoltà: come qualunque sentiero un’alta via può essere di tipo turistico (T), escursionistico (E), per escursionisti esperti (EE) o con tratti attrezzati (EEA). La cosa più probabile è incontrare un mix di queste tipologie, motivo per cui è importante studiare bene il percorso, sapere a cosa stai andando incontro e andarci preparato.

Io e R quest’anno avevamo 7-8 giorni a disposizione e abbiamo scelto di percorrere circa 2/3 dell’Alta Via 2 delle Dolomiti, da Bressanone al Passo Rolle. In questo modo peraltro avremmo chiuso poco prima che iniziassero i tratti per i quali sarebbe stata necessaria attrezzatura aggiuntiva: non che fosse un ostacolo tecnico per noi, ma a nessuno piace portarsi nello zaino imbrago e kit da ferrata inutilizzati per otto giorni. Anche perché lo zaino quest’anno era per noi un tema molto caldo.

Preparare lo zaino

Qui si scoperchia il vaso di Pandora, lo so. Io con gli anni ho imparato a ridurre sempre di più il necessario, facendo trail running poi so bene quanto sia fondamentale bilanciare peso e contenuto. Lo scorso anno per il Tour du Mont Blanc abbiamo riempito circa 35 litri di zaino, ma sapevamo entrambi che si poteva fare di meglio. L’obiettivo era quindi stare in uno zaino da 27 litri, che oltre a significare ovviamente meno peso, significava avere uno zaino più compatto e leggero di suo.

Cosa ci ho messo dentro? Questa parte è il mio orgoglio, quindi eccoti un elenco sparso del contenuto, che include ovviamente anche ciò che si indossa alla partenza, da leggere rigorosamente con questo tono.

  1. Un paio di scarpe da trekking. Sapevamo che ci sarebbero stati lunghi tratti di quelli che io chiamo autostrade di montagna, sentieroni piatti e per nulla tecnici: occorre conoscere il percorso e fare la giusta scelta tra calzatura tecnica e comoda. Io ho usato le scarpe da trail più comode che ho e – nonostante le risate e gli sguardi dubbiosi di molti, dall’alto dei loro scarponi fino al ginocchio – rifarei questa scelta altre cento volte.
  2. Un paio di solette di ricambio. Inutile portarsi un secondo paio di scarpe, pesanti e ingombranti, ma se un giorno ti becchi il diluvio ringrazierai di avere delle solette asciutte da sostituire.
  3. Tre magliette tecniche, di cui almeno una molto sgargiante: per mere questioni di outfit. Previsioni alla mano quest’anno ho deciso di optare per due magliette e una canotta.
  4. Due paia di pantaloncini tecnici + un pantalone lungo (sempre tecnico). Tranne rarissimi casi io preferisco sempre il calzoncino corto: se piove tanto ti bagni comunque, e quello corto asciuga in un attimo.
  5. Una maglia termica in lana.
  6. Tre paia di calze tecniche medio/alte (sì, nei boschi è pieno di rovi e ogni tanto pure di zecche).
  7. Due paia di mutande. Ok qui si aprono delle questioni molto personali ma ci tengo a chiarire che i miei calzoncini hanno lo slip integrato quindi la mia necessità era legata esclusivamente alla sera in rifugio post-doccia.
  8. Un pile.
  9. Un cappellino (non da pescatore, non essere ridicolo).
  10. Un paio di occhiali da sole.
  11. Il mio inseparabile coltellino multiuso Victorinox che ho da quando avevo 13 anni.
  12. Crema solare. Spazzolino. Dentifricio. Antidolorifici. Benda per eventuali fasciature.
  13. Guscio antipioggia.
  14. Telo termico.
  15. Piumino comprimibile (mai usato quest’anno, ma meglio averlo sempre dietro).
  16. Asciugamano in materiale sintetico (quello di spugna, oltre a essere pesante e ingombrante, resterebbe bagnato e puzzolente per tutto il viaggio).
  17. Sapone di Marsiglia: per te stesso e per i vestiti. Esatto, ridurre all’osso l’abbigliamento significa lavarlo quotidianamente, per questo avevo quasi esclusivamente capi tecnici che asciugavano in pochissimo tempo.
  18. Ciabatte.
  19. Sacco letto (obbligatorio nei rifugi).
  20. Guanti.
  21. Borraccia.
  22. Mappa cartacea, sì, sono un nostalgico.
  23. Scaldacollo.
  24. Bastoncini da trekking.
  25. Caricabatteria. Pila frontale.
  26. Due panini. Due scatolette di tonno. Tre uova sode.
  27. Caramelle gommose.

Peso totale (escluso il minimo sindacale indossato) 6 kg, per otto giorni e sette notti. E posso dirti che questa scelta di riduzione al minimo ha fatto veramente la differenza, soprattutto nelle tappe sopra le 5-6 ore di cammino. Lungo il viaggio abbiamo incontrato molti escursionisti che facevano il nostro stesso tragitto – questa è una delle prime cose belle di un’alta via: dopo un paio di giorni trovi dei compagni di viaggio, con i quali magari non condividi la giornata in cammino, ma sicuramente incontri la sera in rifugio – e io non posso fare a meno di guardare zaino e abbigliamento altrui per capire dove migliorare (c’è sempre qualcuno che la sa più lunga di te).
Insomma c’era questa coppia, il solo ricordo mi rende stanco, per percorrere la nostra stessa alta via entrambi avevano zaini da 60 litri pieni da scoppiare. Al quarto giorno non ho resistito e ho chiesto loro quanto pesassero: quando mi hanno risposto 22 kg ho strabuzzato gli occhi e capito perché arrivassero a fine di ogni tappa 3-4 ore dopo di noi. Voglio sperare che fossero 22 kg di speck.

Dormire (e mangiare)

Escludendo l’opzione tenda, si dorme nei rifugi. Un rifugio di montagna è un posto che ti riempie il cuore e la pancia: ti accoglie, ti scalda, ti rifocilla. Ma un rifugio non è – grazie al cielo – un albergo. Se c’è l’acqua (sì, ho detto SE) non è detto che sia calda; nel caso è comunque probabile che tu debba pagare a peso d’oro pochi minuti di doccia. Si dorme in camerate: se ti va bene da 4-6 posti, se ti va male da 18-20 posti. Letti a castello ovviamente, anche a tre piani. Scomodi? Può essere. Ma tanto la cena viene servita alle 18.30 e nella peggiore (migliore?) delle ipotesi alle 21.00 sarai già crollato in branda, stanco ma felice.

Alta Via 2 delle Dolomiti

Il percorso è a dir poco incantevole. Le Dolomiti regalano dei tramonti che non vedrai da nessun’altra parte del mondo e le alte vie in queste regioni sono così eterogenee che ogni giorno attraversi catene montuose sempre differenti e il paesaggio cambia in continuazione (a differenza ad esempio delle alte vie in Valle d’Aosta, dove le tappe sono molto più omogenee tra loro).

Abbiamo attraversato il gruppo Plose, il Puez-Odle, il Sella (con deviazione sulla cima del Piz Boè, che una volta che ci passi sotto sarebbe un delitto non salirci), la Marmolada e le Pale di San Martino. Una descrizione dettagliata di ogni tappa non renderebbe loro giustizia, ma sappi che sono stati 96 chilometri e 6.000 D+ di pura estasi per gli occhi e per il cuore (e per la pancia, in un paio di rifugi ci tornerei anche solo per il cibo). Se hai cinque minuti da perdere qui trovi un breve resoconto visivo.

Non posso che consigliarti un’esperienza del genere, scegliendo con attenzione il giusto percorso è qualcosa alla portata di chiunque. Quello che mi sento di ripetere alla noia è però: studia, informati e pianifica. Se avrai la tenda sarai più libero, viceversa sarai naturalmente legato alla necessità di avere un tetto sotto il quale ripararti e quindi a strutturare tappe più definite. Nonostante un’attenta pianificazione a noi è toccata una tappa da 32 km, con una forcella massacrante, 2.000 metri di dislivello e oltre 10 ore di cammino. R non mi ha tagliato la gola nel sonno ma ti posso garantire che avrebbe voluto.

Ma quindi alla fine abbiamo capito cosa ti spinge a farlo? Tu fallo, poi mi dirai. Io nel frattempo scelgo l’alta via del prossimo anno.

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4 COMMENTS

  1. Io volevo pianificare (in sicurezza) una 3-4gg ma di corsa (trail) in semiautonomia con alcuni amici ma appoggiandosi ai rifugi sulle dolomiti….

    • È qualcosa che sto pianificando pure io. Certo è ben diverso dal trekking (tempi, zaino eccetera) ma farlo sul percorso di un’alta via è una buona scelta perché sai per certo che avrai molti punti di appoggio e anche eventuali “vie di fuga” nel caso di imprevisti.

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