Novembre, per chi corre Maratone, è un mese che porta alla mente moltissimi nomi: Ravenna, Verona, Firenze e molte altre in Italia, e ovviamente New York tra le internazionali. Con la cancellazione della stragrande maggioranza delle gare, sopravvivono soltanto quelle di interesse nazionale, ma con la continua evoluzione della situazione sanitaria non so quante di queste si svolgeranno effettivamente. A ogni modo, per il momento le norme consentono ovunque in Italia di correre all’aperto, sebbene con accorgimenti differenti a seconda della Regione.
Non ho (più) in programma di correre una gara reale per quest’anno, ma mi sono messo in testa di allenarmi comunque come se dovessi farla per davvero. Ho anche pensato al percorso, uno dei miei soliti percorsi di quando seguo una tabella di allenamento che prevede poco più di ventuno chilometri e modificato leggermente per l’occasione, perché anche le piccole modifiche ai percorsi che facciamo abitudinariamente possono essere importanti in questi casi. Un po’ per avere qualcosa da perseguire, perché correre con un obiettivo ti dà quel tanto di motivazione in più che basta per fare qualcosa di diverso, un po’ per dimostrare a me stesso che posso ancora farcela. Certo, fa anche ridere a pensarci, non sto sicuramente cercando di prepararmi per vincere l’oro alle olimpiadi, ma anche nella testa di un amatore la concentrazione e la dedizione sono importanti come per i grandi campioni, e molto spesso è sufficiente cercare di battere il tuo unico vero avversario, te stesso, per trovarle.
Guardo la tabella messa giù per l’allenamento insieme a due altri runner accanto a me, il me stesso di un anno fa e il me stesso di sei anni fa. Dice che oggi dovrò correre per mezz’ora alla mattina e per un’ora la sera, con un po’ di allunghi e cercando di tirare per bene per metà del tempo in ciascuno dei due allenamenti. Leggo queste poche righe e programmo dove andare a correre, e il me di un anno fa sorride e pensa “routine, posso anche fare quaranta minuti e un’ora e dieci, dai”. Il me di sei anni fa la guarda e pensa “devo essere impazzito, una cosa del genere è da masochisti e il solo credere che mi sia possibile farla va ben oltre l’ottimismo più roseo.” Il me di oggi guarda con la giusta preoccupazione e rispetto lo schermo dell’orologio, controlla se l’allenamento è stato caricato correttamente, aspetta che il segnale GPS arrivi e preme “avvia corsa”.