Sono trascorsi ormai due anni da quando ho avuto la possibilità di correre la Maratona di New York, esperienza che non è stata solo sportiva e che mi ha arricchito molto dal piano umano, grazie agli incontri con i tanti amici del RunLovers Club che erano presenti, alla guida di Lorenzo che è un vero entusiasta della Grande Mela e della NYC Marathon e alle pillole di saggezza sportiva che ho potuto imparare da un gigante della corsa come Stefano Baldini, oro olimpico ad Atene 2004 e a lungo detentore del miglior tempo italiano sulla distanza regina.
In quei giorni, intensissimi, la mattina era dedicata al briefing tecnico (durante la colazione a base di pancakes e caffè americano) per programmare le cose da fare nella giornata e per avere sempre una seconda possibilità in caso qualcosa, una metro mancata o un ritardo di altra natura, impedisse lo svolgimento delle cose per come erano state pensate in origine. Il primo giorno abbiamo passato un’ora e mezzo – abbondante – nel mettere ordine alle idee e nel capire cosa fosse fondamentale fare e cosa secondario. Ho un nitido ricordo di quei momenti: seduti nella caffetteria in cui avevamo sistemato la nostra base operativa, nel più classico scenario da film americano e con la tipica scatola di carta piena di dolciumi da colazione, ognuno di noi dava un suo parere sui posti più scenografici e su cosa si sarebbe potuto fare. Dopo un po’ di tempo – e diversi caffè e pancakes – il nostro programma era pronto, e in testa avevamo tutti una sola parola d’ordine: pianificazione.
Che poi lo sapete – disse Stefano, rivolgendosi ai ragazzi che aveva allenato per la Maratona – vale per tutto, e anche per domenica vi dovrete fare un piano di gara. Non improvvisate, soprattutto all’inizio, mantenete il passo previsto e anche se state bene non strafate. Pianificate la gara.
Ascoltare quelle parole mi aveva colpito particolarmente, perché per quanto fosse una norma logica e bene o male la applicassi di già, una cosa detta da un grande campione come lui aveva assunto un’importanza ancora maggiore.
Tra le tante cose da fare c’era anche una corsa insieme al campione olimpico – non una cosa che capita proprio tutti i giorni – per poter avere qualche consiglio sulla postura e sulla tecnica, che decidemmo di fare sul tratto ciclopedonale che segue l’Hudson sotto il Queensboro Bridge, luogo iconico della New York City Marathon, che si attraversa intorno al venticinquesimo chilometro durante la gara.
In questi giorni, man mano che proseguo con la tabella di allenamento per una ipotetica Mezza Maratona a dicembre, adatto il passo e la durata degli allenamenti ai progressi ottenuti, e mi tornano spesso alla mente quelle colazioni americane. Pianificazione – mi dico – e inserisco un piano B nelle giornate in cui gli allenamenti sembrano più complessi, per non farmi trovare impreparato. Ho una tabella abbastanza dinamica, ormai ben collaudata per le mie caratteristiche, per cui se prevedo di correre un’ora a passo di soglia con qualche allungo finale, ma poi mi rendo conto che non avrò modo di spostarmi per andare su un percorso in piano, passo al piano B: una corsa collinare con ripetute nei tratti in salita. Ciascuno di noi ha caratteristiche diverse e dovrebbe pertanto avere una tabella studiata appositamente, ma per chi inizia ci sono delle tabelle di base per la Mezza Maratona che possono essere facilmente adattate a tutti. La cosa importante, che ci sia o meno uno studio personalizzato, è comunque una sola, e suppongo tu sappia già di cosa parliamo: pianificazione!
Photo credits: Alessia Baldini