Secondo la Treccani, il ritmo è “il succedersi ordinato nel tempo di forme di movimento, e la frequenza con cui le varie fasi del movimento si succedono”. Ci sono il ritmo visivo, quello acustico/musicale, quello esistenziale (il ritmo delle stagioni, per esempio). Ci sono molti tipi di ritmo, insomma.
Tutti questi tipi di ritmo hanno una costante: un certo ordine. Il ritmo – pur nelle sue molte possibili variazioni – trasmette una ripetitività che tranquillizza la mente. Riconoscerlo nella musica ti fa prevedere come si svolgerà un brano e ti mette nella condizione di apprezzarlo meglio. Ogni cambio di ritmo invece provoca disagio o disorientamento.
Anche la corsa ha un ritmo: è quello che, se mantenuto, ti permette di coprire una certa distanza in un determinato tempo.
Anche in questo caso si tratta di qualcosa che ha un ordine, ed è fatto da un certo numero di passi eseguiti con una certa frequenza. In altri termini si parla di “cadenza”, descritta dal filosofo Federico Ferrari su queste stesse pagine, come “quel momento [in cui] i passi cominciano a essere non più una semplice sequenza meccanica di movimenti ma un gesto fluido che non abbisogna più di nulla, salvo l’attenzione che aiuta a non perdere il ritmo, a sentire il ritmo come il senso stesso della corsa“.
C’è un fattore molto rassicurante nel ritmo: è l’ordine che riesce a esprimere.
Immagina di correre una maratona cambiando continuamente ritmo. Potresti mai raggiungere anche il più misero risultato? Probabilmente inciamperesti ogni 5 minuti. Oppure immagina di non avere alcun ritmo e di non riuscire quindi a trovare un ordine nel tuo modo di correre: non otterresti altro che frustrazione.
Il ritmo tranquillizza molto la mente, mettendoti in uno stato di pace e serenità mentale. Salvo i ritmi troppo accelerati per far tempi assurdi che, pur restando sempre ritmi, ti sottopongono a un tale sforzo che te li fa percepire solo come intollerabili.
La perturbazione
Si può trovare un ritmo anche nella vita quotidiana. È quello della routine, è quello delle abitudini. Sono cose che si ripetono ciclicamente, cose che fai sempre allo stesso modo perché ti dà serenità farle così.
Una parte del malessere che inevitabilmente tutti possiamo provare è dato dalla perturbazione di queste abitudini, causata da fattori esterni che non puoi controllare. Nella quotidianità è tutto ciò che interrompe o altera la routine a cui sei abituato, creando uno sfasamento e, appunto, una perturbazione. Impegni imprevisti, accidenti esterni, qualsiasi cosa che prende il controllo della tua vita, dalla più semplice alla più complicata.
Ci sono però anche alcune perturbazioni volontarie che è importante introdurre. Si tratta di modifiche alle proprie abitudini coscientemente ricercate per migliorare e cambiare. Un cambiamento pianificato e voluto, per così dire.
In questo caso si tratta di alterazioni del ritmo vitale che provocano un disagio più contenuto poiché voluto.
I filosofi stoici dicevano che bisogna preoccuparsi solo delle cose che ci turbano ma che sono nel nostro dominio. Lasciarsi turbare da quelle che non ci riguardano (nel senso che non le possiamo controllare) è inutile.
Come sempre c’è solo una cosa che possiamo controllare e cambiare: la nostra reazione agli eventi. Gli eventi (perturbanti o meno) non possiamo cambiarli.
Meno lasci che le intromissioni esterne o la causalità della vita modifichino il tuo ritmo e quindi la tua serenità, più felice sarai.
Da te dipende solo come reagisci a ciò che ti succede, non quello che ti succede.