Il motivo per cui corriamo

Fai fatica e lo chiami divertimento: siamo sicuri che sia il nome giusto?

Se correre significa fare fatica, sudare, costringersi a orari difficili e tentare di infilare gli allenamenti in ogni momento di tempo libero senza interferire con quello altrui, perché esattamente lo facciamo? Perché ci costringiamo a stare per un certo tempo in una condizione non sempre piacevole? Perché insomma non preferiamo alla corsa una bella serie TV o la lettura di un libro?

Non siamo obbligati a farlo, non è un dovere. Quindi la ragione deve essere un’altra. Ho sentito una volta Joe Rogan – un comico e podcaster americano molto bravo – dire una cosa molto semplice. Da appassionato di arti marziali e da uomo che si allena quasi ogni giorno, ha espresso questo ragionamento: “Ogni giorno troviamo normalissimo mangiare, dormire, andare a lavorare. Facciamo spazio in agenda per tutte queste attività perché ci sembrano normali, ovvie. Dovremmo iniziare a considerare l’allenamento una delle cose che si fanno normalmente, non qualcosa di straordinario”.

È un’opinione condivisibile anche se presta il fianco a una critica: non è che Rogan sta mettendo le mele assieme alle pere? Mangiamo, dormiamo e lavoriamo perché dobbiamo vivere e guadagnarci i soldi per farlo dignitosamente, ovvio che troviamo spazio per queste attività. La sua è evidentemente una forzatura, un paradosso. Eppure descrive una condizione che per molti è comune: tantissime persone considerano l’allenamento una parte della propria vita che ha orari e soprattutto che deve stare nell’agenda.

La differenza fra allenarsi e tante altre attività che diamo per scontate nella routine quotidiana è che, spesso, è una cosa che vogliamo fare, invece che una che siamo costretti a fare, più o meno forzatamente. Molti diranno “Se non ti piace il tuo lavoro allora cambialo”, ed è vero ma fino a un certo punto: quale lavoro è totalmente privo di problemi e affanni? Quale lavoro non ti fai mai esclamare “Ma chi me l’ha fatto fare?”. Capita anche con il lavoro che più ami, almeno ogni tanto.

Te la sei cercata

Abbiamo capito che correre o fare qualsiasi sport ti piaccia è una cosa che vuoi fare, altrimenti – trattandosi di qualcosa di non necessario – non la faresti e basta. Eppure quando lo fai spesso soffri, fai fatica, non sei in una condizione di comfort particolare. Chi corre lo sa bene: la sensazione più bella che puoi provare, a parte vincere la maratona di New York – una cosa impossibile, in altre parole – è quello che provi dopo: il premio per i tuoi sforzi, lo stato di benessere che segue la corsa, la soddisfazione di aver fatto una cosa che ti fa stare bene e averla fatta solo per te. E che ti fa stare bene anche con gli altri.

L’egoismo buono

Usando un paradosso, potremmo dire che non si corre solo per quello che si prova mentre lo si fa ma per come si sta dopo. L’esperienza della corsa non è solo la corsa in se ma è qualcosa di più grande che comprende la preparazione (e la soddisfazione di esserti motivato anche questa volta a farlo), l’allenamento, lo stato di benessere che ne consegue, il beneficio più duraturo e grande per la tua salute. Correre è un ingranaggio di un meccanismo più grande che si chiama “Volersi bene”. 

Divertimento+

E poi è divertente, al netto di sudore, fiatone, muscoli indolenziti e quant’altro. Si tratta solo di cambiare punto di vista: sudore e fiatone sono prodotti inevitabili di questa attività, i muscoli indolenziti sono la conferma che l’hai fatto bene.

Hai notato inoltre che correre ti ricorda qualcosa di molto intimo e personale? Esatto: ti ricorda la seconda cosa che hai imparato a fare dopo aver capito come camminare. Correre ti riconnette alla tua infanzia, al momento del gioco che hai dimenticato in tutti questi anni adulti. Hai sempre pensato che diventare grandi significasse essere seri e rinunciare al gioco, perché è una cosa da bambini. Poi ha iniziato a correre e ti sei ricordato quella sensazione di libertà stupenda. Hai ricordato quando avevi pochi anni e provavi l’ebrezza di fare una cosa che ti faceva andare veloce e ti faceva sentire dotato di un superpotere.

La differenza è che allora lo facevi spensieratamente e per puro gioco. Ora lo fai perché lo vuoi. La dimensione del gioco è la stessa ma ora c’è anche la consapevolezza. A maturare in realtà è stato il senso che dai al divertimento: lo vedi nell’ottica della gratificazione fisica e mentale.

E vuoi davvero non trovare spazio nella tua agenda e tempo nella tua vita per qualcosa di cui sei padrone e che ti fa solo stare bene? Prova ad annotare gli allenamenti in agenda come “divertimento” invece che come corse. Non suona già diverso? “Appuntamento con Gervasoni / Commercialista / Corso di aggiornamento / DIVERTIMENTO / Retrospettiva sul cinema muto sovietico”: cioè, chi vince? Eddai.

La ricerca della felicità

 

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