Come si fa a correre per 100 km

100 chilometri sono tantissimi e ingestibili. O sono tantissimi e affrontabili, se sai come farlo. Come ha saputo fare il nuovo detentore del record del mondo

Quando decidi di battere un record come quello dei 100k sai di dover allenare la mente più del fisico. Il giorno che deciderai di provarci non dovrai “solo” correre per 100k su un tapis roulant ma dovrai correre per 100k nel minor tempo possibile.

Se lo fai un su tapis roulant puoi eliminare gli imprevisti e gli accidenti della corsa su strada. Puoi evitare gli intralci atmosferici. Puoi farlo addirittura con l’aria condizionata, in una bella palestra. Eliminate tutte queste distrazioni resti però solo con la tua testa e il tuo corpo. E la tua testa deve decidere tante cose, fuggire dalla caverna buia del fallimento nella quale è facilissimo infilarsi e, come se non bastasse, deve convincere un corpo sempre più affaticato che ce la può fare, che può gridare quanto vuole tanto lei non lo sta ad ascoltare.

Il tempo sui 100k lo batti solo con la testa, soprattutto con la testa.

Testa comanda corpo

Mario Mendoza aveva ben chiara la strategia quando si è sistemato sul tapis roulant di una palestra ad Eugene in Oregon lo scorso fine settimana per tentare di battere il record del mondo sui 100k. Assieme al lui, ovviamente su altri due tapis, c’erano anche Renee Metivier e Max King che sfidavano invece il record dei 50k. Mendoza non poteva quindi nemmeno contare su un sano spirito di confronto agonistico. ”Vediamo chi resiste di più, vediamo chi va più forte”: no, dal 51esimo chilometro in poi sarebbe stato solo, in territorio sconosciuto.

La storia del fatto che ce l’abbia fatta non è però quella che racconterò oggi. Oggi ti racconto come ce l’ha fatta, nelle sue stesse parole.

Ah, giusto: ce l’ha fatta, in 6 ore, 39 minuti e 25 secondi, stracciando il precedente record di un’ora e dieci minuti.

Ma, appunto: come c’è riuscito?

Correre segmenti

Il primo consiglio di Mendoza è quello di non pensare mai alla distanza nella sua interezza, specie nell’ultima parte, quando non ce la fai più. Viene in mente il proverbio africano: “Come si mangia un elefante? Un boccone alla volta”. Dividere qualsiasi distanza in segmenti più piccoli aiuta a percepirli come lunghezze (o bocconi) più gestibili. Lui ha iniziato a farlo superati i 70 km, dividendo i restanti 30 in porzioni da 5 km, ripetendosi a ognuno “Solo 5 in più, ancora 5, 5 sono gestibili, ce la puoi fare”. Verso la fine è sceso a segmenti da circa 2 km e, un boccone dopo l’altro, ce l’ha fatta. La mente è infatti più propensa a gestire quantità che le sembrano più a sua portata: 100k in un colpo solo li corrono pochissimi ma 5 alla volta? 5 alla volta sì, tantissimi lo fanno.

Perché lo fai?

È la domanda che moltissimi potrebbero porsi mentre fanno una cosa del genere: ma chi me l’ha fatto fare?

Mendoza lo sapeva benissimo: correva per raccogliere soldi per aiutare dei corsi sportivi e di running per giovani studenti in difficoltà dell’Oregon. Quella era la sua motivazione. In certi momenti di difficoltà pensava perché e per chi lo stava facendo. E continuava a correre.

Visualizza il dolore

Mendoza sapeva che avrebbe sofferto. Sapeva che avrebbe attraversato momenti di sconforto e grande difficoltà ma il fatto di averli visualizzati per tutta la settimana precedente gli ha permesso di affrontarli senza essere impreparato. Li aveva anticipati e quando si sono presentati lui era pronto a superarli.

Essere positivi

Questa è forse una delle frasi più abusate del mondo ma per lui è stato fondamentale pensare di potercela fare, specie quando le gambe – come lui stesso dice – gli stavano gridando contro di smetterla.

Pensare a come e cosa stai facendo a volte è più importante di farlo. A patto di pensarlo mentre lo fai, ovviamente. In altri termini Mendoza ha vissuto un’esperienza extracorporea autoindotta: visualizzare l’impresa con così largo anticipo gli ha permesso di conoscere quello che gli stava succedento mentre gli stava succedendo, dandogli la forza di spronarsi per raggiungere il traguardo.

Vale solo per i 100k? No. I 100 sono il limite superiore di sportivi preparati come lui ma ognuno ha “i suoi 100k”: per chi inizia sono 5k, per chi corre da un po’ sono i 21 o i 42. Conta come li affronti, chilometro dopo chilometro. Spezzandoli in frammenti più piccoli, ricordandoti perché lo fai, ripetendoti che il dolore è inevitabile ma la sofferenza è opzionale. Fino alla fine.

(via Podium Runner – Photo by Daniel J. Schwarz on Unsplash)

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