Nel 1991 Fred Vance viveva in Colorado dove conobbe conobbe Jim Nolan.
Jim era un camminatore/alpinista il quale scalò tutte le vette dei 4000 metri del Colorado; per la cronaca sono 54. Giusto l’anno prima Fred era riuscito ad arrivare in fondo alla sua prima 100 miglia, la famosa Wasatch 100, dove aveva scoperto il mondo delle ultra e ne era rimasto invaghito, quindi una domanda gli sorse spontanea e chiese a voce alta:
“Quante vette di 4000 metri si possono collegare in una distanza 100 miglia”?
Tornato a casa, Jim Nolan si mise al lavoro e tornò con la risposta per Fred, dopo aver disegnato una traccia a mano su due cartine.
“14” era la risposta.
Potevi riuscire ad arrivare in cima a 14 montagne di 4000 metri in 100 miglia di sviluppo al massimo.
Il percorso prevedeva di collegare 14 cime di 4000 metri (14000 piedi) dal Mt. Massive al Mt. Shavano. Il dislivello complessivo in salita era di circa 27000 metri.
Fred, non ci dovette pensare su troppo, decise che avrebbe provato a percorrere questo concatenamento folle nell’estate che sarebbe arrivata, del 1992. Jim gli avrebbe prestato assistenza, era folle, ma doveva farlo.
Tuttavia come spesso accade, le “cose importanti” non sono tutte quelle che riguardano la corsa, e quell’anno Fred si trasferì in California, dove aveva trovato un nuovo lavoro. Il progetto era saltato, ma quell’idea non lasciò mai Fred.
Nel 1998 Fred era oramai un ultrarunner affermato. Quello era l’anno più splendente della sua carriera. Era un anno magico in cui era riuscito in un’impresa giudicata radicale dagli stessi ultrarunner.
Era riuscito a correre nello stesso anno tre delle più famigerate corse di ultra al tempo esistenti (ma in realtà quelle che sono anche adesso considerate le più dure). Dopo Barkley Marathon (era riuscito ad arrivare in fondo alla Fun Run – 60 miglia) era riuscito a baciare la roccia di fine gara di Hardrock, anche se a causa di un edema polmonare dovuto alla quota ci aveva impiegato 51 ore, andando fuori dal cutoff ufficiale. Dopo 4 giorni, Fred era all’arrivo di Badwater 135, una gara di 250 km su asfalto nel deserto in piena estate, con temperature da scioglierti le scarpe sull’asfalto, classificandosi decimo.
Proprio in quello l’anno di grazia per Fred nacque il Nolan’s 14.
Il nome?
Jim Nolan si riferiva ad esso come “the Death Run” (la corsa della morte), mentre per i tre pionieri Fred Vause, Blake Wood e Charlie Thorn il nome scelto era Nolan’s 14 in onore del loro amico. Trovandosi in un tavolo al ristorante i tre decisero che sarebbe diventata una gara (la prima gara si svolse l’estate successiva, nel 1999).
Wood era un corridore solido, già vincitore di Hardrock nonché finisher sette volte, era inoltre il terzo nella storia ad aver concluso Barkley Marathon, dopo 58 ore e mezzo di sofferenze. Thorn, altro grande affezionato di Hardrock, quarto nel 1992 e secondo nel 1993. I tre sapevano come muoversi nell’aria sottile e rarefatta e nelle grandi montagne rocciose del Colorado: erano pronti alla sfida.
Nel 1999 i tre pionieri si trovarono assieme, con materiali che adesso giudicheremo inadatti, al campground di Fish Hatchery, non lontano da Leadville. Il loro tentativo si concluse dopo 36 ore (per Thorn e Wood, che avevano sbagliato strada più volte ed erano rimasti a corto di cibo ) e dopo 48 per Fred Vause; tutti e tre riuscirono a portare a casa “solo” 7 vette delle 14 previste dal loro piano.
Tornarono alla base camminando, nessuno gli diede un passaggio mentre provarono a cercare fortuna in autostop.

Nel 2000, l’anno successivo, partirono 6 persone e con un grande exploit Wood riuscì a concatenare ben 11 vette prima di alzare bandiera bianca in una giornata caratterizzata da violenti temporali. Dei sei partecipanti oltre ai veterani Wood e Hardman c’erano Joe Florio e Jim Nolan che furono convinti a partire da Vance in quanto “avendo fatto volontariato l’anno primo si erano guadagnati un pettorale”.
Fred Vance invece decise che da quell’anno in poi si sarebbe messo a servizio degli altri corridori che volevano provare a portare a casa il Nolan’s 14: quando si parla di attitudine dell’ultrarunning e senso di comunità tra chi corre le ultra.
Per la cronaca, Fred Vance non riuscì mai a concludere il Nolan’s 14 in vita sua.
Ma la vera domanda era: era sul serio possibile arrivare in fondo a quella “Corsa della Morte?”
Si. L’anno successivo furono 12 i partecipanti e ben 4 riuscirono nell’impresa. Il solito Wood, che siglò così la fine a quell’ossessione, Mike Tilden – che vinse la gara col tempo di 56 ore e 22 minuti; John Robinson e Jim Nelson, il ragazzo dell’Oregon fresco di “doppietta” Hardrock 100 e Western States 100 nello stesso anno.
Il cutoff per la prova era quindi di 60 ore.
La gara veniva organizzata un anno in una direzione e il seguente in quella opposta.

Credo che valga la pena soffermarsi sull’abbigliamento con cui uno dei partecipanti, Matt Mahoney, si approcciò alla gara:
pantaloni da ciclista a cui avevo rimosso il fondello, una maglietta di sintetico, un k-way leggero, pantaloni antipioggia, un berretto di lana, e dei guanti in polypropylene. Essendo partito senza zaino lego in vita tutto ciò che non utilizzo, come calzature ho optato per delle Merrell Sprint Blast, senza calzini.

Matt Mahoney è attualmente la persona che cura l’elenco di Nolan’s 14. È un ex docente (in pensione dal 2015) specializzato nella ricerca di Compressione Dati, appassionato dell’impatto sociale dell’intelligenza artificiale nella società, di sudoku e, ovviamente di ultrarunning.
Riuscì a correre 11 dei 14 fourteeners in poco più di 60 ore di impegno. Nemmeno Matt Mahoney riucì mai a chiudere la linea del Nolan’s 14.
Nel 2002 solo John Robinson riuscì a ripetersi nella traversata completa. Nel suo report di gara ci tiene a precisare che la distanza è la stessa di Hardrock 100; solo che ad Hardrock si scala una sola montagna da 4000, mentre nel Nolan’s 14 sono 14. A suo dire Nolan’s 14 è su1 tutto un altro livello di difficoltà rispetto Hardrock 100.

Eric Robinson invece, al suo primo anno, fu in grado di spuntare nove vette (nel 2000). L’anno dopo, dormendo 6 ore sulle 60 di gara riuscì a raggiungerne 11. Nel 2002 partì con l’idea di percorrerne almeno 12, raggiungendo La Plata, e poi puntare alla tredicesima cima (Mt.Elbert) senza dormire mai. Riuscì a salire anche il Mt.Elbert, ma gli mancò l’ultima cima. Eric proveniva da una famiglia molto devota alla corsa; aveva corso la sua prima maratona all’età di 6 anni; non riuscì mai tuttavia ad arrivare in fondo alle 14 vette del Nolan’s 14.
La fine della gara e l’inizio dell’FKT
Dal 2003 in poi la gara venne cancellata. A seguito di norme restrittive sul parco nazionale in cui si svolge il percorso Nolan’s 14 smise di essere una gara e si evolse in un FKT, in cui ognuno può andare quando preferisce e provarlo.
Esiste un database in internet con tutti i tentativi nel corso della storia, tenuto appunto in piedi da Matt Mahoney (ed esisteva allora). Il Forest Service scoprì il sito e scoprì che c’erano questi corridori (nell’anno di picco ben 15) che organizzavano questo “evento” con addirittura delle aid station. Contattarono Vance via email per informarlo che era illegale fare eventi, che la gara era cancellata e che avrebbero fatto multe a chiunque si fosse presentato nella zona di partenza.
Alla fine dell’epoca dell’ufficialità dell’evento furono solo 3 i corridori in grado di arrivare in fondo: Tilden e Wood nel 2001 e John Robinson nel 2002.
L’interesse verso il Nolan’s 14 scese e andò nella direzione del dimenticatoio. Pochi tentativi quasi tutti molto distanti dall’obbiettivo, fino al 2012, anno in cui Matt Hart, ragazzo di Boulder Colorado che quell’anno era molto in forma (vinse Tahoe 100 e arrivò terzo a Bear 100) e nientemeno che mr. Jared Campbell spezzarono il silenzio riuscendo a chiudere la faccenda in 58 ore e 58 minuti. Dopo una decina di giorni Eric Lee fu la terza persona dell’anno a chiudere la prova.
Jared Campbell tornò altre due volte a provare il percorso stampando un 56:39 assieme a Gary Robbins e un 53:29 in coppia con Luke Nelson, andando ancora a limare il tempo del record.
Molti atleti top hanno poi provato a farci un giro. Anton Krupicka riteneva che fosse possibile correre il percorso in 30 ore (la metà del tempo del cutoff) e alle 2:00 del mattino del 24 giugno del 2013 partì per compiere la traversata da Nord a Sud. Si fermò dopo 7 vette e 13 ore e mezzo a tutta, inseguendo quell’idea giudicata da molti un pò arrogante.

mentre il suo socio, Joe Grant, che provò ad assisterlo quel giorno, riuscì ad aggiungerlo alla propria collezione personale dopo 49 ore e 38 minuti di impegno non meno di due anni fa (2018).
Nel 2005 arrivò anche la prima ripetizione femminile ad opera di Missy Gosney e Anna Frost in 57 ore e 55 minuti, mentre il record attuale appartiene a Iker Carrera con 47:40 supportato da crew, mentre il record in solitaria è di Andrew Hamilton che è riuscito in entrambe le direzioni in 51:24 e in 53:39.

Volete sapere il tasso di riuscita?
circa il 15%.
Volete sapere quante persone ci sono riuscite nel 2019?
Una sola, il 22 enne Justin Swantek in 55 ore e 19 minuti.
Volete sapere cosa si vince?
Assolutamente nulla.
Volete sapere quanti italiani ci sono riusciti?
Nessuno, anche se voci di corridoio parlano di un atleta DU che si sta allenando proprio per un tentativo…
Volete sapere cosa si prova ad arrivare in fondo al Nolan’s 14?
Allenatevi.