La mia riflessione – o forse sarebbe meglio chiamarlo “sfogo” – nasce da un post che abbiamo pubblicato ieri con una citazione di H.G. Wells, questa: “Ogni volta che vedo uno in bici non dispero più per il futuro del genere umano“.
Il risultato? Alcuni commenti in qualche modo “bullizzanti” e intolleranti nei confronti di chi va in bicicletta.
Intolleranza gratuita, peraltro. Un’intolleranza che certamente nasce da esperienza personale (spero, altrimenti sarebbe gravissimo!) e da comportamenti sbagliati di chi va in bicicletta; ma non per questo è giusto odiare, detestare, bistrattare, insultare chi – come molti di noi – si muove in bici per allenarsi o per semplice e consapevole mobilità urbana.
Perché ne parlo qui? Perché credo che tali commenti siano la rappresentazione del pensiero di molti e diano lo spunto per una riflessione più generale. Penso che chiunque salga in sella con una certa regolarità si sia già trovato vittima di sgarbi, insulti, comportamenti pericolosi, intolleranza e “bullismo”.
Perché i ciclisti sono odiati?
La faccio facile, forse, ma credo sia per un motivo molto semplice: ciascun automobilista vorrebbe la strada tutta per sé e – se fosse permesso dalla legge – gradirebbe montare un lanciafiamme sul cofano dell’auto per uscire da situazioni che non gli facciano avere davanti solamente la linea dell’orizzonte.
Eh, lo so: è davvero un dramma esistenziale trovarsi di fronte un ciclista che non sta sul ciglio della strada perché non ti ha sentito arrivare. Ed è giusto mostrargli il dito medio, insultarlo urlandogli dal finestrino o suonare il clacson come se fosse una mitragliatrice perché, siamo onesti, in quei momenti ti piacerebbe avere la macchina di James Bond con dei lanciamissili veri.
Inoltre le bici non vanno veloci come un’auto e quindi sei autorizzato a considerare il ciclista come un ostacolo scomodo e irritante che rallenta la tua corsa spensierata verso la destinazione.
Eh sì, ma i ciclisti sono indisciplinati
Probabilmente in alcuni casi è vero ma tu sei sempre un automobilista disciplinato?
Come in tutte le categorie, ci sono ciclisti che non rispettano il codice della strada; esattamente come ci sono automobilisti (molti di più, come valore assoluto) che non lo rispettano.
Ma questo non ti giustifica nel dover auspicare la loro assenza dalle strade.
Semplicemente cerchi di prestare attenzione ed essere paziente, come facciamo tutti, in tutti i casi della vita. O pensi – nuovamente – che la strada sia solo per te?
Basterebbe solamente un po’ di tolleranza in più. Tolleranza e rispetto, sia quando si guida un’auto che quando si è in sella alla bici; perché le regole del codice della strada valgono per tutti.
La verità – e chiunque vada in bicicletta lo può confermare – è che, purtroppo, pur seguendo il codice della strada, quando sei in bicicletta spesso diventi una seccatura per chi va in auto. Perché vai piano? Perché occupi porzioni di strada? No. Semplicemente perché non c’è alcuna tolleranza nei confronti degli altri. Perché sembra che i ciclisti inibiscano la libertà altrui, blocchino l’Italia.
Il problema sta nell’approccio sociale verso chi non sia “me stesso”
Ogni volta che una città si “ferma” (termine assolutamente improprio) per una corsa o una qualunque manifestazione sportiva, si sentono sempre le voci di chi lamenta l’impossibilità di spostarsi, uscire di casa, andare a fare colazione in auto.
E questo nasce dal fatto che si percepisce come una “limitazione della libertà personale” il non poter andare dove vuoi, con il mezzo che vuoi, nel momento che vuoi. Mentre ci si dimentica che nella vita sociale la convivenza si basa sulla tolleranza.
È la stessa cosa che fa spazientire in coda, che fa suonare il clacson quando qualcuno davanti a noi va troppo piano. Ogni volta che, appunto, non abbiamo la strada libera.
Il vero problema è che l’automobilista medio, in quel momento, si trasforma in un bullo. Forte delle tonnellate di metallo della sua auto, dimentica che tu hai 8 chili di carbonio (o alluminio) sotto al sedere e ti passa a 5 centimetri, facendoti la ceretta al braccio sinistro anche se la strada è libera.
Potrei dire che – per mia esperienza – è un atteggiamento soprattutto maschile ma non posso fare una statistica precisa, quindi lasciamo stare.
Serve un cambio di mentalità
Ripartiamo da “Ogni volta che vedo uno in bici non dispero più per il futuro del genere umano”. Che senso ha questa frase?
Significa che spostarsi in bici fa bene alla salute, che le nostre città con più biciclette diventano più accessibili e accoglienti, che lo stress diminuisce, che non dobbiamo più preoccuparci del parcheggio. E ci si diverte pure!
Tutte le città bike-friendly sono più vivibili e, inevitabilmente, meno inquinate; hanno molti più parcheggi (visto che le bici occupano meno spazio) e ci si può muovere risparmiando tempo.
Vuoi un esempio? In bicicletta, per fare 6 Km si impiegano circa 20 minuti. Che significa andare dalla stazione di Milano Centrale ai Navigli, semafori e binari del tram permettendo.
Certo, se piove e fa freddo, non è facile. Ma le prime 9 città (su dieci) più bike-friendly al mondo sono a nord dei nostri confini tra cui Copenhagen e Oslo: questo dimostra che il meteo non è un problema in sé.
Il problema principale, purtroppo, è politico e amministrativo perché, senza le infrastrutture e le piste ciclabili, non è sicuro e conveniente spostarsi in bicicletta. Ed è sociale perché, se non ne sentiamo la necessità, significa che dobbiamo evolverci un po’ di più.
Se non cambiamo la mentalità, non andiamo da nessuna parte. O meglio, ci potremo andare solo in auto.
E, per favore, quando sorpassiamo un ciclista, rispettiamo la distanza di 1,5 metri. È importante, moltissimo, perché può costare la vita di qualcuno.
(Credits immagine principale: belahoche on DepositPhotos)
La sintesi può essere: “podisti e ciclisti fate l’amore e non la guerra”. Condivido ogni parola, anche per esperienza personale. Suggerisco per migliore comprensione, il breve racconto che ho scritto: “Le coincidenze romane dell’amore ” che parla appunto di uno scontro/incontro tra un podista è una ciclista su una ciclabile di Roma…istruttivo, Pietro docet!
L’intolleranza risiede nel DNA italico sempre con il fuoco al culo, lo dico essendo residente in Svizzera
Quando ritorno nel italico suolo mi accorgo della differenza