Non mi farò dominare da nulla.
È un’utopia, un irreale irrealizzabile?
Quanto del mondo che mi circonda ha potere su di me, un potere tale da costringermi a mettere un po’ a lato ciò che sono, stando seduta su un compromesso che credevo confortevole e invece si rivela scomodo e faticoso?
Hanno un potere su di me il telefono, il computer, la scadenza incombente. La prova costume, la dieta dimagrante, l’immagine di me che lo specchio riflette. Il giudizio degli altri, le aspettative che mi piombano addosso. Quella persona a cui voglio bene e che mette le sue esigenze prima delle mie e potrei continuare… ma non continuerò, perché recentemente nella mia vita è successa una cosa strana, per me che ho sempre cercato di tenere insieme tutto, di fare le cose “per bene” (ma per il bene di chi?). E la suddetta stranezza è questa: mi sono stufata. Sono stanca di lasciare che le cose della vita mi stanchino, di dipendere dagli effetti delle azioni che compio.
“Le mie azioni sono beatamente libere dal risultato”, recita un mantra che mi ha molto colpito. Leggerlo mi ha trasmesso un senso di infinita libertà, mostrato una strada nuova verso me stessa.
Beatamente e libere, danno come risultato una beatitudine. Ed è proprio così che voglio vivere, ho pensato.
Queste parole non sono per me vuote, non sono solo parole. Le sento nel cuore, sono piene di vita, piene degli anni che ho alle spalle, della somma dei giorni che mi porto addosso. Non sono solo parole, le sento nelle gambe, ogni volta che mi preparo e allaccio le mie scarpette per uscire. Forse è vero che ho una certa malefica tendenza al perfezionismo, ma nella corsa no, nella corsa non entrano tutti gli sciocchi mezzi di cui mi servo per non naufragare. Non è che dico a caso che la corsa mi ha salvato.
Quando corro io faccio una cosa sola: corro.
Io non corro per preparare un trail.
Io farò un trail perché ogni giorno corro.
E queste sono due cose molto diverse.
Lo sono nella misura in cui la mia corsa è beatamente libera dal risultato. Forse alcuni di voi daranno per scontato che le cose nella vita possano andare in questo modo, ma io ho fatto una certa fatica ad emanciparmi da quello che le persone si aspettavano da me e quando ho incontrato la corsa ho promesso a me stessa che non avrei fatto lo stesso errore, che non avrei inquinato questo mio prezioso spazio vitale con le pressanti richieste del mondo. Mi sembra che a volte noi esseri umani ci inganniamo, come fossimo continuamente in cerca di qualche compimento, come se il compimento di una qualsiasi cosa si trovasse sempre in un punto del futuro lontano da dove ci troviamo. Ma non c’è forse già un’intera maratona nell’allenamento che ogni mattina, senza demordere, appunto compiamo? Non c’è forse abbastanza compimento nell’ora di corsa quotidiana, nel presente della vita che stiamo vivendo? Non c’è compimento negli atti che facciamo, nel momento stesso in cui li stiamo facendo?
Non è certo strano, per me, che la corsa mi faccia venire in mente l’amore, così ho pensato, è come quando amiamo e senza nemmeno rendercene conto ci troviamo slegati dal presente del sentimento che ci riempie il cuore e aspettiamo chissà cosa, che l’altro si comporti in un certo modo, che si parli di certe cose, che ci siano fidanzamenti e matrimoni, che l’amore si compia. Eppure sono sempre più convinta che il compimento dell’amore stia saldo e vivo semplicemente nell’atto di amare e che al di fuori di questo spazio intimo ci siano invero solo le cose del mondo. E ben vengano, ma forse sarebbe bello ricordare, con un po’ di gratitudine, che ci sono date in più, in aggiunta, che sono altro di cui fare un immenso tesoro e non ennesimi specchi per le allodole da cui farsi dominare. Qualsiasi cuore abbia amato sa bene di cosa parlo, sa come questo sentimento possa sopravvivere per un’intera vita senza che il resto del mondo ne sappia nulla. Ecco la meraviglia che ci abita, siamo portatori sani di beatitudini e non dovremmo mai scordarlo.
Quindi io dico, urlo e sottoscrivo: anche ogni mia più piccola e insignificante corsa si compie da sé, basta a se stessa e non chiede altro, se non che io segua il suo richiamo e vada felicemente a sgambettare.
Niente di più e niente di meno di quello che fa un bambino quando va a giocare.
E forse è questo il nostro Running Heart, è il suono della risata che esplodeva quando correvamo in discesa sui prati, piccoli e preservati da tutto ciò che avremmo conosciuto dopo. Eppure è lì quella risata, illibata, prezioso tesoro, che non c’è oro che possa sostituire l’amore che ci pervade quando all’incrocio di due strade troviamo una fonte di amore, che sia la corsa, una passione o un essere umano che ci porta in un giardino che non conoscevamo.
(Foto principale: HASLOO on DepositPhotos)
Grazie! Condivido tanto di quello che hai scritto!
“Quando corro io faccio una cosa sola: corro. – Io non corro per preparare un trail. – Io farò un trail perché ogni giorno corro. – E queste sono due cose molto diverse.”
Fantastico. Questo è il motivo per cui quando corro ogni giorno, per godere del mio tempo libero e gustarmelo fino in fondo. Il motivo per cui le mie corse non sono e non saranno mai allenamenti (come si ostina a chiamarli mia moglie). A volte corro più veloce altre più piano a volte sono costante a volte meno di certo non sono mai dei “lavori” o almeno io non riesco a percepirli come tali.
La mia prima maratona (2 mesi fa) doveva essere un’ uscita lenta di 22km poi ho visto che le gambe mi facevano divertire, ho alzato il ritmo ed ho deciso di fare 30km, arrivato davanti a casa ho deciso di prendermi un’ oretta in più e sono diventati 43km. Senza acqua, senza barrette, senza gel, senza nessuna ansia di dover fare un certo tempo anche se un po’ incuriosito dall’ incontro con il famoso muro che non si è visto. C’era solo il mio sorriso stampato sulla faccia per tutto il tempo (e per i successivi 2 giorni) come c’è in ogni giorno in cui esco a correre e alla fine il tempo (più o meno preciso causa GPS) non è neanche stato malaccio.