“Sai che scoperta” starai pensando. Ovvio che quando sei mentalmente stanco corri meno forte e cedi prima. In effetti lo si può intuire e sperimentare personalmente, anche se nel mondo del running e degli sport di endurance in generale c’è un altro mito molto forte: quello dell’utilità dell’allenamento anche quando le riserve mentali sono molto scarse. Ne avevo scritto qui e credo sia un’esperienza che molti hanno fatto e continuano a fare.
Da qualche anno però gli scienziati hanno deciso di capire meglio il problema per tentare di spiegare cosa lo causa.
Adenosina
L’adenosina è un composto chimico che si forma nel cervello e che, secondo gli scienziati, interviene nei momenti di grande stress mentale. In altre parole, quanto più è elevata la sua concentrazione, tanto più sono inibite alcune attività. Più si alza il suo livello, meno siamo capaci di resistere allo sforzo e più si abbatte la nostra motivazione.
Per dimostrarlo hanno sottoposto delle persone a un test. Li hanno divisi in due gruppi e per prima cosa hanno fatto vedere a un gruppo un tranquillo documentario mentre l’altro gruppo è stato sottoposto a un sessione di 90 minuti di videogiochi. Quale sarà stata l’attività mentalmente più pesante? Beh, ti ho già suggerito la soluzione. Per testarlo li hanno messi a pedalare molto forte e il gruppo del documentario ha prevedibilmente resistito più a lungo di quello dei videogiochi. Risultato: chi era mentalmente più affaticato ha ceduto prima e non ha trovato la motivazione per andare avanti anche se forse, in termini di preparazione fisica, entrambi i gruppi avevano le stesse carte da giocarsi.
Tutta colpa dell’adenosina?
Un risultato del genere può dimostrare una tesi, e cioè quanto influisce la stanchezza mentale sulle prestazioni fisiche. Lo può fare parzialmente perché, anche a occhio, è limitato nella casistica. Però porta l’attenzione su almeno due aspetti della questione: l’importanza del livello di adenosina e come si può allenare il cervello a sopportarne una concentrazione più elevata del solito. Come può evitare insomma un calo motivazionale e un generale senso di burnout?
Il modo più semplice è anche uno dei più antichi: dormire ed evitare quindi una delle più comuni cause di stanchezza mentale, data dalla privazione dell’adeguata dose di sonno.
Ci sono anche rimedi “liquidi” ben più pratici e altrettanto antichi: il caffè è uno dei più efficaci bloccanti dell’aumento dell’adenosina e lo sa bene chiunque si “dopi” in questo modo per sopportare carichi di lavoro importanti.
Allenarsi a sopportare la fatica mentale
Siamo atleti anche nella vita quotidiana, no? Ebbene, la terza via per gestire la fatica mentale per evitare che influisca sulle nostre prestazioni atletiche sembra essere quella dell’allenamento. Non quello fisico ma quello mentale. Una serie di esperimenti che gli scienziati stanno svolgendo si basa proprio su questo: sottoporre i candidati a un allenamento mentale che comporta per esempio di giocare ai videogiochi caricando il cervello di un certo lavoro molto stressante per abituarlo a gestirlo.
Del resto gli atleti endurance non si allenano solo fisicamente ma anche mentalmente. Anzi, è proprio quando il fisico cede che entra in azione la mente per permettergli di superare la fatica e di non perdere di vista il risultato, mantenendo viva la motivazione a perseguirlo.
I maratoneti e gli ultra insomma sono già ben allenati a un esercizio del genere. Consiste nel non ascoltare il corpo quando vorrebbe andarsene a letto piuttosto che continuare a correre, non trascurando però i segnali più allarmanti che devono sempre essere considerati da ogni atleta coscienzioso. Finché insomma il tuo corpo ti dice che è stanco può convincerlo a continuare. Quando ricevi altri segnali più gravi è sempre buona regola fermarti e rinunciare. Eventualmente puoi dare la colpa all’adenosina e se ti chiedono cos’è puoi sempre dirgli “Lascia stare guarda, non me ne parlare. Maledetta adenosina!”.
(Ispirato da “Here’s What We Know About Mental Fatigue” su Outside – Photo by Adrian Swancar on Unsplash)