La corsa, senza “più”

Riflettevo sul fatto che, uno dei motivi che ha reso tanto insostituibile la corsa nella mia vita, è proprio il fatto che non è sostituibile.

Mi spiego.

Nell’epoca in cui viviamo, nel caos in cui siamo costantemente immersi, quasi nuotassimo in un mare di oggetti che ci sommergono e chiedono di essere osservati, comprati, posseduti, in un mondo in cui il corpo stesso diventa oggetto da esibire, assoggettato a precisi canoni da rispettare, ecco che la corsa scompagina tutto.

Perché appartiene a un’altra logica, a un tempo altro, a un senso che è altro. Posso stringere tra le mani un nuovo telefono, una borsa o un qualsivoglia gadget, mentre non potrò mai stringere la sensazione di libertà e gioia che si provano dopo una manciata di chilometri, perché è dell’ordine dell’amore tutto ciò. E l’amore non è quantificabile. Non si può possederlo, né scambiarlo, non si può gettarlo per far spazio al nuovo. Non è riparabile, non è sostituibile.

E chissà perché, correre mi riporta in quella dimensione lì, nella pace dell’essere che non ha bisogno di sostituti e nemmeno li chiede. Non c’è pretesa nella corsa, se non nei confronti di noi stessi e di ciò che vogliamo raggiungere e tutto si gioca nella sincerità di misurarsi con qualcosa di intimo, che non inganna, che non serve ad accontentarci mentre la vita si srotola in un modo che non vorremmo. Non ci potremo mai accontentare di correre. Ma è davvero possibile che la corsa ci renda contenti, nella misura soprattutto in cui ci mostra che non sono gli orpelli a rendere le cose migliori, non i fiocchetti o le stupidate che ci raccontiamo per non pensare troppi ai nodi che la vita ci ha costruito intorno.

Senza aver paura delle paure, senza Più

Ditemi voi, ditemi quante volte, fuori al freddo, stanchi per i tanti chilometri percorsi, non vi siete guardati i piedi e avete pensato, magari un po’ commossi: “forse davvero ce la posso fare”. E non avete avuto paura delle vostre paure, non avete scansato un pensiero triste perché non avevate voglia di affrontarlo, o peggio ancora, non avevate tempo.

Avete accolto quello che arrivava e creduto di poter risolvere tutto, o poco, che sia. E io vedo miracoli in questo spazio-tempo scandito dal mio cuore. Vedo verità, sincerità, passione, vita, quella senza sconti, capace di affrontare ciò che ci si è posto di fronte, senza alcun bisogno di un Più, più soldi, più successo, più considerazione, più muscoli, più suppellettili.

L’unico Più che conta

Faremmo bene a notare quanto in realtà correre ci renda più coraggiosi, perché l’unico Più che ci può porre innanzi, al massimo, è quello di un maggior bisogno di amore. Che, fortunatamente, esiste per ognuno di noi, se abbiam l’audacia di cercare.

Siamo persone che fanno sacrifici, che si alzano al mattino presto e corrono a gennaio a -2°C, siamo spesso considerati invasati, irrequieti, iperattivi, scontenti, fuori di testa, mentre la verità è che corriamo incontro alla nostra pace.

Prepariamo una maratona e per mesi e mesi mettiamo la nostra vita al servizio di un grande obiettivo, cercando di far quadrare tutto, il lavoro, la famiglia, i figli o i genitori, cerchiamo l’equilibrio nel caos, l’armonia che ci consenta di non saltare i nostri allenamenti. E per quale motivo facciamo tutto ciò, se non quello che lì, in fondo alla fatica, ritroviamo finalmente qualcosa di noi stessi? Qualcosa che non è dovuto scendere a compromessi, che ha lottato per essere esattamente in quel posto, sulla strada, alle 7 del mattino, di corsa verso il proprio avvenire. Un avvenire sincero però, senza trucchi o maschere, l’unico davvero insostituibile, che non necessita di sostituti.

Il meno, l’insostituibile

L’unico momento in cui non ci sono Più, nessuna aggiunta, ma solo Meno, meno di tutto ciò che non serve.

Perché ci innamoriamo della corsa? Perché quell’insostituibile siamo noi, senza menzogna alcuna, il bello e il brutto, il passato e il futuro, gli incubi e i sogni meravigliosi. Quando corriamo possiamo portare in giro tutto il pacchetto. E questa è una delle più grandi libertà che possiamo sperimentare, l’unica libertà davvero possibile, quella che ci riguarda. Di essere ciò che siamo, negli incredibili tragitti delle corse che ci inventiamo.
Che in ognuno di noi c’è un running heart che batte forte.

E che possa essere sempre così.

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11 COMMENTS

  1. Complimenti ottimo articolo!!!! Sono pienamente d’accordo… lo chiamo “il Mio momento”, hai trovato le parole giusto per descriverlo in modo semplice…. (nella pazzia sono uscito anche con -7).
    Inteso e ben fatto.
    grazie!!!!
    buona corsa

  2. Wow, che bell’articolo e che belle parole: complimenti davvero, l’ho apprezzato tanto e ho riletto anche alcuni passaggi che condivido appieno.
    L’essenza delle cose, la semplicità di un gesto, le endorfine che salgono ed insieme ad esse la positività e la consapevolezza, la trasformazione e l’evoluzione, un mondo in sviluppo, scoprirsi, avere un momento intimo, staccarsi dal resto del mondo, prendersi un momento, una pausa, godere di una passione, motivarsi, imparare a conoscersi, progredire – queste le cose che, di getto, mi sono venute da pensare!

  3. Mi emozionano le tue parolei ritrovo in tutto quello che hai scritto,io aggiungerei anche che correndo ho capito l’ importanza della vita,della nostra vita,dei momenti in cui siamo noi stessi,senza maschere. Condividere gli stessi sacrifici con chi ci sta accanto,o anche con chi non può o non è potuto venire.

  4. Io correvo da solo o con amici appassionati della corsa, poi qualche hanno fa mi è stato diagnosticato un carcinoma, qualche settimana prima di una maratona e contro il parere dei medici, ma alla fine autorizzato, ho corso la mia maratona per poi ricoverarmi e sottopormi ad un delicato intervento chirurgico. Dopo un anno tra lo scetticismo e i dubbi di tutti sono tornato a correre la stessa maratona. Ma i nuovi tempi non mi consentivano più di allenarmi con i vecchi compagni, così mia moglie, che non aveva mai corso, ha cominciato ad accompagnarmi… Ora è arrivata alla sua 15a maratona…e molto più emozionante per me, non sono più i tempi, ma tagliare il traguardo sempre mano nella mano…magari sotto un acquazzone e contro un gelido vento da nord. Grazie corsa.

  5. Sempre un piacere leggere gli articolo di runlovers! Personalmente, ad essere sincero, non sono riuscito a portarmi “il pacchetto” durante la corsa. La mia mente è concentrata troppo sul respiro e sui miei tempi (che non sono eccezionali), sono troppo preso alla sfida contro me stesso, per ottenere sempre il massimo. L’anno scorso per me è stato un bellissimo anno, i miei primi 21km (allenamento da solo, niente mezze maratone competitive e non), ho raggiunto risultati che non avrei potuto mai immaginare due anni fa (quando ho iniziato questa avventura). Correre sotto la pioggia, correre sotto la neve questo ed altro per la corsa. Nella mia pazzia dopo il turno di notte (fine settembre), sono andato a casa, mi sono cambiato e sono andato a correre alle 4.45 peccato che 3km dopo sono finito in un pozzetto 30×30 perché non era stato recintato. I mesi successivi sono stati difficili (non tanto per l’infortunio ma perché mi ero demotivato). Ma ho continuato, piano piano sono andato avanti e ho ripreso. A inizio gennaio mi sono preso nuovamente l’impegno di fare le cose per bene e tornare ai miei vecchi risultati.. E perché no? Vorrei anche superarli! Non lo faccio per liberarmi del pacchetto lo faccio perché voglio migliorare, non per farmi vedere dagli altri ma per me (anche perché non è così grande.. Nonostante i grandi problemi che posso avere sono convinto che passerà tutto in un modo o nell’altro o al massimo ci convivo e basta)! Ogni allenamento è una sfida contro me stesso ed è questa cosa che mi fa andare avanti tutti i giorni! Grazie alla corsa e grazie ai blog come il vostro!

  6. Questo è il terzo tuo articolo che leggo. Sono sempre più convinto che, assieme alla corsa, tu abbia anche la passione per la scrittura. Un po’ come Murakami Haruki. C’è cura, nei periodi. E ci sono similitudini e metafore congruenti e piacevoli. Hai un approccio onesto alla scrittura per come la vedo. E l’onesta la si conquista attraverso la capacità di ascoltare il proprio dolore.
    A mio stupido avviso, non scrivi semplici articoli: Tu scrivi.
    Che è diverso.

    Qualcuno diceva :
    Se le parole e i sentimenti sono disonesti, se l’autore bara e scrive di cose che non gli stanno a cuore o di cui non è convinto, allora non può aspettarsi che qualcun altro mostri interesse per il racconto.

    Beh, tu mi sembri onesta.

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