Tutti conoscono “Perfect day”, la canzone di Lou Reed. Mi ha sempre colpito il significato del testo e quanto fosse strana e poco congruente la voce con quelle parole. Parla di un giorno perfetto, no? Andare al parco, dare da mangiare agli animali dello zoo e poi la sera a vedere un film. Eppure quelle parole che descrivono una giornata davvero bella e serena sono cantate in una tonalità che comunica tristezza. C’è una vena malinconica che pervade tutta la canzone, tanto che alcuni ne propongono due livelli di lettura: uno diretto e letterale, e cioè che Lou Reed parlasse proprio di una giornata al parco con la fidanzata Bettye Kronstad e uno più oscuro che sostiene che la “lei” di cui parla fosse in verità l’eroina, da cui al tempo era dipendente.
Ma cosa c’entrano Lou Reed e “Perfect Day”? Non c’entrano con la corsa ma mi hanno fatto pensare a che definizione diamo della felicità o, più in piccolo, di una bella giornata.
Direi che è, un po’ per tutti, una giornata in cui non abbiamo problemi e pensieri e ci sentiamo in armonia con il mondo. È uno stato mentale molto diverso dal pensare che “tutto va bene” perché – è facile capirlo – non tutto può andare sempre bene.
Potrebbe andare tutto bene a casa e al lavoro eppure un tarlo potrebbe iniziare a lavorarci le meningi: la situazione politica, quell’amico che non senti da tempo.
Ci sono cose che puoi controllare e altre che sfuggono a ogni previsione o tuo potere, è molto semplice. Essere sereni e magari felici significa capire che possiamo agire modificando solo ciò che è in nostro potere. Non significa ignorare che esistano altri problemi che potrebbero mettere a rischio la nostra felicità ma solo capire che non possiamo farci niente direttamente. Che abbiamo un potere limitato. Che dobbiamo impegnarci a essere sereni per restituire felicità, quella che sappiamo creare per noi stessi.
C’è un’altra cosa di quella canzone che mi ha fatto pensare. Parla di un periodo temporale ben definito: una giornata. Dice un’altra cosa fondamentale, se ci fermiamo a considerarla come una canzone su una bella giornata e basta, senza altri significati. Dice che la felicità ha una durata. Che non c’è una formula che da oggi a domani ti renderà felice per sempre. Non è la persona amata, non è un buon libro, non è la musica o correre. Ci sono piccole azioni che iniziano e finiscono che possono darti serenità e il rovescio della medaglia è altrettanto importante: essere tristi o arrabbiati ti fa apprezzare la bellezza dell’essere sereni e soprattutto è normale. Essere felici è un diritto ed essere tristi è normale, diciamolo.
Quindi sei arrivato fin qui (grazie) e alla corsa ho accennato in modo vago. Bene, cercherò di essere più specifico: se la felicità significa pensare a cose che ti danno gioia senza dimenticare quelle gravi, se significa fare qualcosa che ti fa stare bene per un periodo limitato di tempo contando solo sulle tue forze, se significa concentrarsi solo su ciò che è in tuo potere traendo soddisfazione da quel che fai, se significa insomma tutte queste cose mi sembra chiaro che sto parlando proprio della corsa: puoi correre in una giornata di umore pessimo, puoi correre quando a casa o in ufficio tutto va male, puoi correre quando ti senti triste e hai solo la forza di uscire e sfogarti. La corsa è l’espressione del tuo potere, in una delle sue forme più dirette e precise. Non so se ti dia la felicità ma ci si avvicina molto.
E non dimenticare di praticarla con questa stupenda canzone di Lou Reed nelle orecchie.
(Photo by Lesly Juarez on Unsplash)