Come molte cose nella vita, anche questa playlist è nata per caso. Stavo ascoltando una selezione fatta dal ricercatissimo algoritmo di Spotify basata sui miei gusti e a un certo punto sento una canzone che mi era familiare. E fin qui, tutto normale. Si chiamano cover, lo so, grazie. Ma la cosa singolare è che ricordavo perfettamente che l’originale di quella canzone non mi era mai piaciuto e invece la cover mi piaceva moltissimo. L’ho riascoltata 3 volte di fila. Per la cronaca, si tratta di “Dancing in the Dark” di Bruce Springsteen rifatta dagli Hot Chips e ovviamente c’è in questa playlist. E ti chiedo scusa Bruce ma questa versione è più bella del tuo originale.
Insomma: ascolto e improvvisamente mi vengono in mente tanti altri esempi di cover che sono meglio degli originali. O almeno che sono tanto belle quanto. Tipo “War Pigs” dei Black Sabbath reintepretata in maniera suprema dai Faith No More: riescono a tirare fuori ancora più potenza da una canzone-suite che ne aveva già moltissima.
Sembra impossibile superare la perfezione di certi gioielli come “I will survive” di Gloria Gaynor ma i Cake ci riuscirono a metà degli anni ’90 uscendo completamente dal seminato dance e dando una patina di rock molto più ruvido a quel brano immortale. E aggiungici poi i Fugees, i Nirvana che coverizzano il Duca Bianco e anche Fiona Apple e mi fermo. Ma ce ne sono ancora. E ancora.
La formula è apparentemente semplice: una cover può confrontarsi con l’originale quando dice una cosa diversa. O anche solo leggermente diversa, o in modo diverso. Quando è un’interpretazione insomma. Le variazioni sul tema (senza uscir di tema) le sanno fare solo i veri artisti e non è un caso che in questa playlist ci siano Bjork, i Guns N’ Roses, Erykah Badu, Chris Cornell. A un certo punto ho pure dovuto smettere perché non sarebbe più finita.
Infiniti universi
Hai mai fatto il gioco del “In un universo parallelo ci sei tu ma più ricco e più bello?”, oppure ci sono quelli che qui non sopporti ma là sono simpatici? Ecco: le cover sono un universo parallelo in cui tutto è quasi come qui, ma a volte pure meglio. È l’universo delle cover più belle degli originali: quello di questa playlist.
(Photo credits Tony Webster)