Uh-la-là! A distanza di 10 anni, è bello stupirsi ancora di quanta bellezza ci sia dentro un’alba africana. Oltre le porte scorrevoli della stanza d’albergo, oltre le strade semideserte, oltre le casette basse di mattoni e argilla, oltre gli alberi di acacia e le piantagioni di thè, eccolo lì, sua maestà il sole che fa capolino in tutta la sua gloria da sotto le colline all’orizzonte e tinge di rosso, giallo e arancione ogni cosa che lo circonda. Qualche nuvola in cielo sparsa qua e là aggiunge un po’ di movimento a questo suggestivo paesaggio. Mi vesto! Non vedo l’ora di sgambettare in questa gloriosa alba.
La scelta del percorso non è stata facile: oltre alle solite difficoltà che correre in una metropoli africana pone, Kigali è famosa per le sue mille colline che aggiungono un notevole dislivello anche su una breve distanza. Ho dovuto optare per un percorso circolare di 2 km: ogni volta che provavo ad allungarlo un po’, Google Maps riportava decine di metri di dislivello in più. La temperatura è ottimale: una leggera brezza mattutina, né troppo calda, né troppo fredda. Sono le 6 del mattino e c’è già un po’ di movimento in giro: per lo più moto-taxi e donne con bambini per mano. La differenza con altre città africane si sente nell’aria: si può respirare a pieni polmoni senza venire intossicati da puzzolenti e tossici gas di scarico. Ci dev’essere qualche regolamento sul tipo di marmitte e benzine consentito in città. Concludo il primo giro senza incontrare altri runners e senza trovare per terra né una carta o una bottiglia di plastica: è tutto pulitissimo, e non perché siano passati a pulire nel corso della notte, ma proprio perché il Rwanda è famoso per una sviluppata coscienza ecologica che manca a tanti altri paesi, africani e non.
A metà del secondo giro, nel bel mezzo di una salita, un gruppo di ragazzi in attesa alla fermata dell’autobus mi salutano e incoraggiano. Ridacchiano quando li sorpasso e non li biasimo: sono un po’ fuori forma e devo proprio sembrare in procinto di lasciarci un polmone stamattina con tutti questi saliscendi. Mi distraggo guardando il paesaggio: rigenerante è la prima parola che mi viene in mente. Ormai i colori dell’alba sono svaniti e si vede chiaramente fino in lontananza quanto Kigali si sia sviluppata attorno alle colline e sembra aver trovato il giusto equilibrio tra natura e urbanizzazione.
Alla fine del terzo giro sono tentata di farne un quarto, ma poi decido di ritornare in hotel: stamattina voglio anche andare al Kigali Genocide Memorial – una visita doverosa per far sì che gli orrori della storia ci insegnino a non commetterne di simili. Fermo il Garmin all’entrata dell’Hotel des Mille Collines, anche conosciuto come Hotel Rwanda. Durante il genocidio del 1994 le strade attorno a questo hotel devono essere state caotiche e grevi di terrore: oggi è tutto così placido e tranquillo. Passo davanti alla targa commemorativa e mi chiedo se alla fine di tutto la chiave per una convivenza pacifica sia semplicemente smettere di usare categorie mentali che dividono le persone in “noi” e “loro”. Lo so, facile a dirsi, ma non per questo impossibile da fare.
Cristina Lussiana
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Bello, grazie per questo articolo . Per me un tuffo nel passato !!!