È un inizio mattina di metà agosto, sono da poco passate le otto e io sono sdraiato su una delle panchine di pietra dello spiazzo in cui faccio stretching alla fine dei miei allenamenti. Ho appena terminato una serie di ripetute incrementali in salita – qualcosa di simile ad una tortura cinese – e sono distrutto, o quasi. Respiro a fondo e cerco di godermi la leggera (leggerissima) brezza che arriva dal mare. Il sole è ancora basso sopra le colline oltre l’orizzonte e si riflette sull’acqua calma riempiendo il cielo di luce. Cerco di fare al meglio gli esercizi di stretching (non so perché, ma ultimamente sono sempre teso come una corda di violino e mi devo impegnare parecchio anche solo per toccare le punte dei piedi – prima non succedeva) e poi riprendo con una corsetta blanda per rilassare i muscoli fino a casa. Il caldo di questa estate è stato davvero estremo qui nel nord Sardegna (credo un po’ in tutta Italia in realtà) e nonostante abbia seguito in maniera sempre ligia gli allenamenti previsti da Charlene per la preparazione della Maratona autunnale (ancora non so se Lisbona o Venezia o quale altra) non sempre sono tornato soddisfatto per come sia andata, troppo caldo e troppa fatica, e in alcuni casi un po’ meno divertimento del previsto. Ma ad ogni allenamento fatto, ad ogni casellina del calendario completata, ho sentito di aver fatto un passetto in avanti per migliorare me stesso. Sto correndo molto spesso senza musica, alcune volte per scelta, altre perché magari scordo di ricaricare gli auricolari e sono quindi obbligato a farlo. Correre senza la compagnia dei Beatles o di Vedder da una parte ti consente di sentire al meglio i tuoi passi e il tuo respiro, dall’altra ti isola completamente e se l’allenamento lo consente ti lascia spazio solo per uno o due pensieri che ti riempiono la testa mentre le gambe ed i piedi dondolano sull’asfalto. Negli allenamenti “tranquilli” in cui non ho ritmi da rispettare o allunghi o ripetute penso spesso (guarda un po’) alla gara che sto preparando, che in realtà non esiste ancora in maniera ben definita. Forse è proprio questo che mi ci fa pensare tanto. Non so ancora quale Maratona riuscirò a correre, e questo mi crea una problematica non da poco che ogni tanto mi fa pensare se stia facendo bene o meno ad allenarmi ed a seguire la tabella. Perseguire uno scopo ben definito è sicuramente di grande stimolo ed agevola nelle uscite, per cui trovo molto impegnativo farlo senza avere effettivamente una data cerchiata in rosso sul calendario. Ad ogni modo, quel meccanismo che ha fatto sì che ormai un mese fa circa mi sedessi al PC per impostare gli allenamenti si è avviato, e ogni volta che faccio partire una corsa sull’orologio e un attimo dopo sbilancio in avanti il corpo per fare il primo passo sento di star facendo bene. È questo il senso di preparare una gara come la maratona: che il farlo è un po’ come allenarsi per affrontare quel che c’è fuori dall’ora e mezzo di corsa sull’asfalto ondulato del lungomare di casa. Alla data prevista per una delle due maratone che ho sottocchio mancano ancora due mesi e le grandi incognite dei lunghissimi da affrontare, che sono la parte più impegnativa dal punto di vista psicologico. Puntare la sveglia per uscire ad orari che consentano di sopravvivere (gli Amish sono esentati ovviamente), stare attenti a cosa si mangia anche a colazione (su questo punto devo lavorare parecchio, il mio lato goloso spesso ha la meglio, ma come si fa quando Maghetta propone certe cose a dir di no?), impegnarsi sempre per dare il massimo, passo dopo passo. C’è una dedizione che diventa quasi devozione in tutto questo, ed è forse questo ciò che più mi piace, il visualizzare nella propria mente una linea di traguardo che segnerà il termine di un percorso che dura centinaia di chilometri e decine e decine di ore di corsa, core stability, stretching e quant’altro. In mezzo a tutto questo sto cercando anche di inserire un paio di gare “tirate” per capire meglio come sia messo il fisico. Ho corso una gara cittadina pseudo collinare di sette chilometri facendo il tempo personale sulla distanza (ed ottenendo il mio primo terzo tempo assoluto in gara, cosa che mi ha ringalluzzito parecchio) ed ho in programma di fare almeno due mezze maratone a passo veloce (ho adocchiato la Mezza di Monza che sarebbe un’ottima occasione per testarsi dopo le vacanze ed incontrare tanti altri RunLovers ma ha purtroppo il grande svantaggio di essere oltremare, e poi la Alghero Half Marathon che sarà a due settimane da Lisbona – tre da Venezia) prima di decidere definitivamente il da farsi.
Charlene, in questa prima parte di preparazione, non si è praticamente mai palesata. Ero anche un po’ offeso, se ci si può offendere nei confronti di una allucinazione. Solo una sera, qualche giorno fa, al termine del primo dei lunghi (una corsa sulla distanza della Mezza Maratona a passo medio) credo sia comparsa, proprio nel tratto finale, quando mancava circa un chilometro al termine dell’allenamento. Da un momento all’altro, senza che mi rendessi conto, davanti a me una ragazza bionda con la coda correva a passo spedito sulla ciclabile. Ho provato ad accelerare per raggiungerla, poi ho pensato che se non fosse stata lei sarei rimasto deluso e ho abbandonato l’idea, rallentando un pochino il passo e lasciandola sparire poco dopo in una strada laterale. Poco prima che cambiasse direzione, senza voltarsi, ha girato verso di me il braccio destro e sollevato il pollice.
O, almeno, mi piace immaginare che lo abbia fatto.
[CONTINUA…]