Silvia Schiapparoli, Marcom Manager Fitness di Garmin Italia.
Sul lavoro è seria e professionale.
La frega la sua passione per il triathlon e le lunghe distanze. In gara si trasforma e diventa “IronPippi”.
Non vi ricorda un po’ Wonder Woman?
Silvia Schiapparoli. Una vita per lo sport?
Eh, possiamo dire di sì. Tra passione e lavoro, lo sport è una parte importante della mia vita, la occupa a 360 gradi.
In un certo senso mi ha anche salvata. Anni fa lavoravo in un altro settore, ma il fatto di essere sempre stata una sportiva mi ha permesso di reinventarmi. Ho unito le mie competenze di marketing all’esperienza nel triathlon ed eccomi qui, Marcom Manager Fitness di Garmin Italia.
Il nomignolo “IronPippi” quando ha fatto capolino?
Circa 3 anni fa. Pippi è il soprannome che mi porto dietro da quando sono piccola. Dopo il mio primo Ironman il collegamento è venuto spontaneo.
Il primo Ironman. Settembre 2014, a Maiorca.
Già. Non proprio un’esperienza da ricordare. Però è stato un punto di arrivo, oltre che un punto di partenza.
Cioè?
Da piccola facevo pattinaggio e, come tanti, ho sempre corso, per tenermi in forma. A 20 anni ho scoperto la bici, anche grazie a papà. Poi, un giorno ho assistito a un triathlon sprint e mi sono detta: “Tutto qui? Posso farlo anch’io”. Ho rispolverato il nuoto che, così come accade a tanti triatleti, era il mio punto debole. Mi ci sono impegnata tanto e ora è il mio punto di forza. E, al di là dell’agonismo, dopo una giornata frenetica al lavoro, nuotare mi rilassa. Il silenzio e l’acqua mi riconciliano con me stessa e mi permettono di staccare la spina. In generale, fare fatica mi libera la testa.
Il primo triathlon però non è andato bene. Ero agitatissima, sbagliai strada e fui costretta a ritirarmi. Un dramma. Lo avevo preparato per tutto l’inverno. Però è servito a farmi capire che le distanze corte non facevano per me. Più si fatica e meglio è.
Ho esordito con il mezzo Ironman al Challenge Rimini. L’ho preparato in un periodo complicato dal punto di vista professionale, questo mi ha permesso non solo di tenere occupata la testa, ma anche di imparare a credere un po’ di più in me stessa. Quel traguardo è stata una bella rivincita. E da quel momento mi si è aperto un mondo. Ho voluto alzare l’asticella e accettare la sfida di un Ironman.
Una sfida impegnativa
Preparare un Ironman comporta tanti sacrifici ma ti aiuta anche a conoscerti meglio.
Gli allenamenti sono lunghi, a volte uscite anche di 6-7 ore. È tutto tempo che togli ad altro, in primis alla vita privata, alle relazioni. Però è una bellissima esperienza. Ti trovi a confrontarti con i tuoi limiti e con i sacrifici sei disposta a fare. Impari ad affrontare da sola le tue paure e capisci quanto è facile gettare la spugna. Alla fine è una questione di testa. Devi lavorare su te stessa e non è sempre facile. Serve una motivazione molto forte.
E poi è arrivato il primo Ironman.
Una sfida a cui non sei mai preparato. L’Ironman non è solo la gara; è tutto il periodo prima, la preparazione. La gara è solo la realizzazione finale del lavoro che hai fatto nei mesi precedenti. È un viaggio, un racconto che può cambiare da un momento all’altro, per cause che a volte non dipendono nemmeno da te. A Maiorca non è andata benissimo. Ho sofferto molto e non sono riuscita a ottenere il tempo che volevo, ma se sei un Ironman succede questo, che mentre gareggi pensi “Mai più” e invece il giorno dopo stai già cercando di iscriverti al prossimo. E così è stato anche per me.
La perseveranza ha pagato
Sì. Nel 2015 ho fatto l’Ironman di Barcellona. Anche in quel caso stavo attraversando un periodo personale difficile, eppure – o forse anche per quello – ho ottenuto la mia prestazione migliore: 10h40’. Il problema è che di quella gara non ricordo nulla. Ho staccato completamente la testa e infatti non ho idea di come sia riuscita ad andare così forte.
Nel 2016, la Florida.
Fare un Ironman in America è un’esperienza unica e sono contenta di averla fatta, anche se non sono riuscita ad ottenere la slot per Kona. Troppo vento quel giorno, non avrei potuto fare di più. Però ai mondiali non ci ho ancora rinunciato.
Neanche agli Ironman.
No, a fine agosto sarò ad Amburgo, per correre il mio quinto. Solo che nel frattempo sono cambiate tante cose. I periodi della vita cambiano e le carte si mescolano. Oggi che ho trovato la persona giusta e sto per sposarmi le priorità sono cambiate.
Non posso e non voglio fare Ironman tutta la vita. Lo sport resta importante per me ma non è più fine a se stesso, è una dimensione da condividere. Un anno fa pensavo solo al lavoro e al triathlon, non avevo una vita privata. Poi è arrivato Matteo e mi sono accorta che ci sono cose più importanti. Per lui sono disposta a rinunciare all’egoismo dei miei allenamenti. Oggi faccio sport ma faccio anche altro. Ho trovato un equilibrio tra il triathlon e la mia vita privata.
Se passo ore in bici, adesso lo faccio con Matteo.
E se corri?
Corro con gli ASICS FrontRunner! Un progetto che si è inserito alla perfezione in questo periodo della mia vita. È un modo di condividere l’esperienza sportiva e la passione per il running, al di là della performance e del risultato.
Io poi amo la corsa, perché delle tre discipline è quella che più mi dà il senso della fatica e quindi quella che mi fa sentire più realizzata.
Qualche rimpianto per aver abbandonato il pattinaggio?
Nessuno. Ho un’anima da Ironman, non da pattinatrice. Anche se, dopo Amburgo, dagli Ironman mi prenderò una pausa. Mi dedicherò ad altro, a riprendere una vita normale con tempi normali.