Quella per la corsa è una passione contagiosa. Basta trovare qualcuno che la vive con entusiasmo per farsi trascinare e non uscirne più.
Una come Donata Pangerelli, ad esempio. Che dopo una carriera da professionista in pista e la soddisfazione della maglia azzurra, oggi trascina con il suo entusiasmo chi vuole iniziare a correre.
Donata, la tua passione per la corsa quando è nata?
All’età di 11 anni e oggi ne ho 31: fate voi i conti! Vengo dall’atletica, ho iniziato in pista, ero specialista nei 400. La mia è stata una carriera da professionista, ho vestito la maglia della nazionale in occasione di una 4×400 ai campionati europei under23 e di una 4×200 con la nazionale assoluta, oltre ad alcuni appuntamenti internazionali.
Sempre e solo pista?
Sì. La strada non mi ha mai attirata, dico la verità. La pista resterà sempre il mio grande amore, ora che ho smesso con l’attività agonistica, però, mi sono data ai trail ed è un mondo che mi piace moltissimo, anche se non è stato semplice passare dai 400 metri in pista ai 25 km in montagna. Ho dovuto fare un gran lavoro, soprattutto mentale. I 400 vengono soprannominati “il giro della morte” ed è vero. Per prepararli si fanno allenamento lattacidi, brevi e intensi. Per passare alle lunghe distanze ho dovuto trasformare la velocità, fare lavori diversi, ma soprattutto abituarmi a resistere quando la testa dice “Basta!”. Fatica a parte, il trail mi ha permesso di apprezzare la corsa in un modo diverso, a contatto con la natura.
Oggi lavori come coach e personal trainer e, in particolare, hai creato un gruppo per persone che vogliono iniziare a correre.
Sì, una volta smessa l’attività agonistica ho cercato di trasformare le mie competenze tecniche in un lavoro e ho iniziato ad allenare i bimbi. Poi la società per cui alleno mi ha proposto di seguire i loro genitori, che avevano il desiderio di iniziare a correre.
Nel 2013 ho creato il Running Group. Prima li ho portati a camminare, poi a corricchiare poi ancora a correre solo che ora non li ferma più nessuno! Sono partiti da zero e sono arrivati a fare una maratona.
Sei riuscita a trascinarli con il tuo entusiasmo?
In realtà sono anche stati loro ad avere trascinato me, nelle loro gare, nei loro allenamenti. In questo modo riesco a vivere sensazioni ed emozioni per me assolutamente nuove, non avendo mai corso su strada.
Quello che cerco di dare loro è prima di tutto la tecnica di corsa. E’ importante e tutti dovrebbero conoscerla, anche solo per evitare infortuni e problemi. Ha delle regole precise ed è uguale per chi fa i 400 per chi fa le maratone e per chi fa i trail, anche se poi cambia il metodo di allenamento.
Per il resto, mi interessa che stiano bene e si divertano, più di qualunque tabella e prima di pensare al cronometro. Poi è ovvio che ciascuno di loro si dà degli obiettivi, per migliorarsi, ma la corsa deve essere libertà e benessere. La corsa ti libera la mente, di dà sempre stimoli nuovi, ti ricarica. E’ questo che mi piace trasmettere.
E’ per questo che sei entrata nel progetto degli ASICS FrontRunner Italia?
Esattamente. Anche questo è un modo per fare da testimone, per trasmettere il mio entusiasmo, la mia passione. Tra i FrontRunner ci sono esperienze molto diverse, non tutte professionali e ciascuno porta il proprio contributo. Per quanto mi riguarda, la mia esperienza ventennale in pista mi ha insegnato che nell’atletica non ti regala niente nessuno, ma che il sacrificio e l’impegno prima o poi ripagano. E così anche nella vita.