Come si dice? “Volere è potere” E Matteo Torre ne è la dimostrazione.

Trasformare la propria passione in una professione. Chi ci riesce può dirsi molto fortunato. Ma, a ben vedere, quando un sogno si realizza il merito non è mai solo della buona sorte.
Come si dice? “Volere è potere” E Matteo Torre ne è la dimostrazione. In due anni è passato da 15’ di corsa alla gara più dura: l’Ironman. E oggi aiuta gli altri a raggiungere i propri obiettivi.

Matteo, sei sempre stato uno sportivo, ma alla corsa ti sei avvicinato in tempi relativamente recenti. Come mai?

Per recuperare la forma fisica. Per anni ho sciato, giocato a basket, sono andato in mtb, poi ho cambiato lavoro, mi sono trasferito e questo ha voluto dire uno stop totale dall’attività fisica, che è durato circa 7 anni.
Lavoravo come Responsabile Comunicazione Prodotto in Ferrari, quindi non solo non avevo più il tempo per allenarmi, ma ero spesso in viaggio, o a cena con i clienti. Ero passato dalla taglia 44 alla 50 senza quasi rendermene conto. Una mattina, era la fine del 2010, mi sono svegliato, mi faceva male tutto, la schiena, le ginocchia e mi sono detto “Adesso basta”. Succede così, scatta qualcosa e trovi la motivazione per prendere in mano la tua vita e cambiare.
Non volevo rinunciare a mangiare quello che mi piace, così ho pensato di mettermi a correre. Ho iniziato come tutti, prima 15’, poi 30’, poi un’ora, la prima 10 km. Poi ti viene voglia di migliorare il tempo, e poi di aumentare la distanza, fino a 21km. Dopodiché sogni una cosa sola: la maratona.

È a questo punto che qualcosa è cambiato.

Sì, preparando la maratona finivo sempre con il farmi male. All’ennesimo infortunio il mio osteopata mi ha consigliato di recuperare con nuoto e bici. Mi sono detto: se devo farlo per forza, tanto vale provare con il triathlon. E visto che quando sogno, sogno in grande, mi sono dato subito come obiettivo la distanza più impegnativa: l’Ironman.

Un sogno ambizioso…

Parecchio ambizioso, anche perché all’epoca non ero mai stato su un bici da corsa e per preparare l’Ironman ho debuttato direttamente con quella da crono, non proprio la bici più semplice da gestire. Ho perso il conto delle cadute.
In acqua, poi, mi limitavo a galleggiare. Non sapevo nuotare. A settembre 2011 mi sono iscritto a un corso: una seduta a settimana al sabato, con le signore, a fare le bolle a bordo vasca. La costanza però ha pagato: due anni dopo ho nuotato nell’oceano per 3,8 km in 1h17’.
E sì, è stato in occasione del mio primo Ironman, in Florida, il 1° novembre del 2013.

È proprio vero che “Volere è potere”.

Sempre. Sento tante persone dire a se stesse: “Non ce la farò mai”. Non ce la fai se nemmeno ci provi. Se ti ci metti, ci puoi riuscire.

Ci credi al punto tale che ne hai fatto un lavoro.

Diciamo che ho saputo reinventarmi, trasformando la mia passione per lo sport, e per il triathlon in particolare, in una professione. Ho seguito il percorso formativo della Fitri, la Federazione Italiana Triathlon, raggiungendo il livello di istruttore prima e di allenatore poi. Sono una persona estremamente curiosa, non mi accontento mai di quello che so, quindi ho studiato tanto, ho seguito corsi di aggiornamento, mi sono confrontato con i colleghi e ho maturato esperienza sul campo. Oggi sono un tecnico, di triathlon ma non solo. Aiuto gli amatori a confrontarsi con le lunghe distanze. Al di là della prestazione sportiva, faccio in modo che lo sport diventi un elemento in grado di dare equilibrio alla loro vita, fornisco loro qualche dritta su come integrare gli allenamenti e lo sport nella quotidianità. In questi anni ho aiutato oltre 200 persone. Quando tagliano il traguardo mi dicono “Grazie” ed è ovvio che è una soddisfazione, ma a loro rispondo sempre che le gambe e la fatica ce le hanno messe loro.

Come li aiuti a superare i loro limiti?

Dipende da loro, davvero. Non lo ordina il medico di andare più veloce o di correre più chilometri e se un atleta non ne ha il desiderio è più che legittimo, non è affatto un disonore, al contrario di quello che pensano in molti. A fare la differenza è l’automotivazione, quando dentro di te scatta il desiderio di fare qualcosa. È quella la molla che ti spinge a intraprendere un percorso, che non può e non deve essere fine a se stesso. Lo sport non deve diventare un’ossessione, deve semmai migliorarti come persona, farti prendere maggiore consapevolezza di te stesso. Il risultato sportivo, così, è solo la conseguenza di un equilibrio che sta alla base.

Una volta che scatta la molla, come li prepari?

Fortunatamente la tecnologia ci viene in aiuto. Oggi i gps ci forniscono dati dettagliati, oggettivi e personalizzati, sulla base dei quali definisco gli obiettivi e pianifico la preparazione, su misura. Poi però entra in gioco l’aspetto relazionale: al traguardo arrivano da soli ma, prima, allenatore e atleta devono fare un lavoro di squadra. Una volta che lo impari, questo ti aiuta anche nella vita, nel lavoro, negli affetti.

Aiutare gli altri ti ha fatto smettere di gareggiare?

Assolutamente no. Mi diverte, mi piace, non vedo perché dovrei smettere. Anzi, ho scoperto una nuova dimensione, che è quella di gareggiare con i miei ragazzi. Vivere con loro l’esperienza del pre gara, la preparazione, la zona cambio, incrociarsi durante la corsa o aspettarli al traguardo è un’esperienza densa e profonda.
In questi anni comunque ho accumulato una ventina di mezzi Ironman, tre maratone, qualche ultratrail, una Gran Fondo e cinque Ironman. A settembre correrò il sesto. L’obiettivo è arrivare a 12 e strappare il biglietto per i mondiali di Kona, alle Hawaii.

Altri obiettivi?

Mi piacerebbe prima o poi correre il Tor des Geants. Ma per prepararlo serve molto tempo. Dovrei rinunciare alla bici e al nuoto per dedicarmi solo alla corsa e non so se sono pronto per questa rinuncia! Il bello del triathlon è proprio la possibilità di alternare le discipline.
E poi mi piacerebbe partecipare, dopo quella di St. Moritz, a un’altra finale del campionato del mondo di SwimRun, questa volta in Svezia: 60 km di corsa e 10 km a nuoto nel Mare del Nord. Una bella sfida, spietata, come piacciono a me.

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4 COMMENTS

  1. Volere è potere…nella misura in cui.
    Sei sposato? Hai figli? Mutuo da pagare? Sei una Guardia Giurata e devi fare 10/12 ore per arrivare ad uno stipendio decente per mandare avanti la baracca? Devi fare tutte quelle ore di notte (frequentissimo)? Tutto nella misura in cui…

    • La parte “volere” è importante. Nessuno ha ordinato al tipo dell’articolo di andare a fare l’Ironman o di diventare allenatore e nessuno ordina alle persone di sposarsi, fare figli e comprare casa. Tutto dipende dalle priorità che si hanno. Inoltre, che vantaggi ti porta giudicare la vita degli altri sulla base della tua? E poi tu l’Ironman lo vuoi fare? Perché se non vuoi farlo, allora davvero dovresti controllare i tuoi impulsi. Buone corse!

  2. Generalizzare non serve a nulla ed a nessuno.
    Ad un certo punto si è rimesso in gioco, ha lasciato il precedente lavoro che a quanto per non riusciva più a gestire e ha cambiato vita.
    Bisogna avere il coraggio di fare queste scelte, se uno è guardia giurata e non è soddisfatto del lavoro o del tempo che questo lascia allora nessuno lo costringe a restare li.
    Io stesso ho cambiato più volte lavoro prima di trovare quello che mi permettesse di lavorare, pagare il mutuo a fine mese, avere una famiglia con figli e fare sport (anche se mi limito sia corsa e bici) nonostante mia moglie faccia i turni.
    Se non siamo soddisfatti di quello che abbiamo sta a noi decidere di votare pagina, ovvio che mollare le certezze non è semplice ma nemmeno criticare chi ha il coraggio di farlo (oserei dire con successo) è granché utile!

  3. Marco, fatti vedere da un dottore di quelli bravi!!!
    In due giorni hai postato due messaggi carichi di veleno e di invidia.
    Sta a vedere che abbiamo bisogno che tu ci venga a spiegare come funziona la vita…ma facci il piacere!!!
    Vatti a fare una bella corsetta e scarica lì le tue frustrazioni!

    E sorridi, caxxo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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