Tutte le donne che vorrei essere

Le Olimpiadi sono un palcoscenico meraviglioso e affascinante che porta alla ribalta moltissime donne da cui bisognerebbe prendere esempio.

Me lo domando spesso e forse una risposta vera non c’è. Magari è un fatto congenito, oppure eredità di un ricordo vissuto nell’infanzia. Sai, quella sorta di flash che ti accende la mente quando fai ciò che ti piace, oppure sei spettatore di qualcosa che ti fa stare bene. Quel flash emozionale che sa di latte&biscotti a merenda, davanti alla tele, dopo aver fatto i compiti. Quando bastava poco per essere felici.

Non ho idea di dove vada ricercata la genesi del perché io ami guardare le Olimpiadi.

E non solo guardare l’edizione dei Giochi del momento. No. A me piace scoprire anche i dettagli meno conosciuti delle edizioni del passato. Leggere, documentarmi. Riscoprire i grandi Campioni, quei nomi che hanno fatto la Storia di quella particolare edizione e conoscere le storie dei ‘piccoli’ atleti, uomini e donne che – tanto per usare un’affermazione cara ai cronisti – non sono “andati a medaglia” ma hanno partecipato e fatto la Storia. La loro e quella del loro Paese.

Le Olimpiadi di Rio, per me, sono state le olimpiadi delle donne.

E non solo perché, ancora prima di iniziare, ero già emozionata per la nostra Anne tedofora a Rio.

Sono state le Olimpiadi delle donne perché dalla prima all’ultima atleta il “gentil sesso” ha dimostrato che non è solo gentile… È forte, generoso, caparbio, veloce, resistente. E cazzuto. Come e quanto “il sesso forte”.

Al di là delle polemiche prettamente italiote – polemiche brutte, inutili, non pertinenti – ogni donna olimpica ha mostrato al mondo che si può essere atlete, mamme, lavoratrici, compagne e che nessuna, e ripeto nessuna, donna può e deve essere “inscritta” in una categoria unica.

Non esistono limiti e neanche barriere, di nessun tipo. Non esiste la sola donna atleta, la sola donna mamma, la sola donna lavoratrice.

Esiste Catherine, che è mamma, medico pediatra, e che ha corso la maratona in 2h33’29” terminando 25ma, seconda italiana dietro Valeria. Ed entrambe, all’arrivo, erano sì felici ma anche dispiaciute per Anna, costretta al ritiro.

Esistono Marjorie e Isadora, quest’ultima rugbista, che dopo la partita con il Giappone ha ricevuto dalla compagna la proposta di matrimonio, usando un fiocco come anello.

Esiste Irma, che con i suoi 18 anni è ancora figlia ma già può dire di avere scritto una piccola pagina di storia, perché è la prima azzurra della boxe ad un olimpiade.

Esiste Tania, che di anni ne ha 31 e questa è stata la sua ultima olimpiade, chiusa con un bronzo che vale un oro e con un argento vinto con l’amica Francesca.

Tania che si tuffa da oltre vent’anni, e Irma non era nemmeno nata.

Tante donne, tanti modi di essere e di vivere. Tante caratteristiche peculiari diverse e tanti modi di esprimerle.

Ma sai una cosa? Non so tu ma io vorrei avere l’eleganza di Rossella, che impugna la spada come se fosse un fiore dal lungo stelo. E pure la mira di Guendalina che, con Lucilla e Claudia, ha ottenuto il miglior piazzamento azzurro nel tiro con l’arco; la concentrazione di Chiara e Diana mentre premono il grilletto, una per l’argento e l’altra per l’oro; la forza che Federica imprime nella sua bracciata in vasca, la velocità di Elisa, vera cronowoman nella prova in linea di ciclismo, dopo il bronzo della prova su strada.

E l’eleganza di Simone, un movimento che porta il suo nome e tre ori al collo a riscattare un’infanzia complicata, cresciuta senza padre e dal nonno perché la madre era alcolizzata e tossicodipendente. Simone, che al giornalista che le chiedeva cosa si provava ad essere “la prossima Usain Bolt e la futura Michael Phelps” (e sorvolo sul paragone maschile…) ha dichiarato che lei non si sente né l’uno e né l’altro: lei “è la prima Simone Biles”.

Grandissima!

Insomma, io vorrei essere tutte loro.

Avere la loro stessa tenacia, la capacità di non scoraggiarsi e di guardare lontano.

Loro – donne come me e te – che sudano, lottano e si allenano per dimostrare che il vero e solo motto olimpico non è quello ufficialmente conosciuto, quel “Citius!, Altius!, Fortius!” così altisonante da risultare quasi retorico.

Il vero motto olimpico è quello così espresso bene dal barone De Coubertin, ciò che veramente conta non è vincere, non la gloria. Conta partecipare e poter dire “io c’ero”.

E loro ci sono, per se stesse e per tutte noi.

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2 COMMENTS

  1. Sembra anzi è il solito articolo scritto da una donna, che parla di donne ma si rivolge agli uomini; retorica a fiumi e oceanico bisogno di rivalsa (ma su cosa? E di cosa?), “non siamo inferiori a voi, siamo come voi, siamo meglio di voi, ecc.).
    Io vedo anzi leggo solo tanta frustrazione e rabbia repressa, educata certo ed incanalata ma fortissima…e allora va bene, le donne sono più forti, più toste, più decise, più…cazzute, purché non perdano il sonno per questo.

    • Buongiorno Marco,
      Mi scuso per la tardiva risposta.

      In realtà il post parte da una considerazione di una donna (quale sono appunto io), su una certa immagine della donna che permane nei media e in una parte della società, ché dei media viene in parte amplificata.
      Ma è una premessa per arrivare a narrare delle storie di donne le cui peculiarità. Peculiarità e tratti distintivi che vorrei far mie per crescere e migliorare come persona, senza “retorica a fiumi” tantomeno (non ne ho motivo) “rabbia e frustrazione repressa”.

      La ringrazio comunque per il Suo commento oltre che per la Sua preoccupazione ma no, fortunatamente, non ho problemi di sonno.

      EM

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