Non si può mai cambiare un’abitudine finché non si prova a cambiarla. Sembra paradossale ma non c’è altro modo che sfidare se stessi. Fino a non riconoscersi più. Per il nostro bene.
Questa è l’esperienza di Paola Fantini.
«Ma tu non detestavi la corsa? Non dicevi che erano tutti degli esaltati?»
Dall’altra parte del telefono un amico mi fa notare un’incoerenza che non ho nessuna intenzione di rinnegare. Ma è tanto che non ci sentiamo e si è perso qualche pezzo.
È rimasto aggiornato a un periodo in cui non filava dritto quasi nulla. Alla domanda “come va?” tagliavo corto citando quel “potrebbe esser peggio” che Igor rivolgeva al dottor Frankenstein jr. e tutti capivano.
Mia nonna diceva
Cercavo di ritagliarmi qualche occasione per camminare. L’iniziativa era partita dall’insistenza di un ricordo della mia infanzia: la mia nonna materna si lamentava regolarmente con questa frase: “se non avessi queste gambe…” per dirmi che le facevano molto male. Un messaggio dal mio passato che aveva davvero poco di subliminale.
Nel mio percorso incrociavo spesso quelle figure “strane” che sono i “runner”: ai miei occhi parevano praticamente tutti degli invasati. Avevano spesso le facce tirate di chi sta cercando di sconfiggere qualche mostro personale e, mentre lo fa, se la prende con il mondo. O forse a me restavano impresse solo quelle, ora non saprei dirtelo. So solo che li sentivo poco affini a me.
Un giorno, in particolare, era più nero degli altri. Avevo dato seguito a una fitta corrispondenza che si protraeva da giorni con una persona che doveva realizzarmi un’idea e continuava a propormela come pensava fosse giusta per lui, ignorando totalmente le mie indicazioni. Io, da parte mia, aggiustavo il tiro, aggiustavo il tiro, aggiustavo il tiro. E arrivavo, sempre e comunque fuori bersaglio. Sapevo che quell’ostruzionismo dipendeva dalla situazione difficile in cui si trovava e il progetto a cui stavamo lavorando insieme era solo il capro espiatorio. Avevo cambiato un’infinità di modi di esprimere il concetto: parole, disegni, metafore. Non c’era verso. Pareva una prova di forza da cui non uscivo vincitrice.
Poi mi sono ritrovata a correre
È curioso come la mente cristallizzi così bene certi momenti. Ricordo che rimuginavo tutto lo scambio e che a un certo punto mi sono trovata in una zona in cui il terreno scendeva un po’ e, per forza di cose, dovevo accelerare il passo. Divenne una piccola corsa, appena accennata, che ho proseguito intenzionalmente fino al termine della salita successiva. Chiaramente, non avevo il fiato. È necessario che ti dica che piansi perché mi sentivo senza forze, senza capacità, senza energie? No, secondo me non aggiungerebbe nulla perciò queste righe non le hai mai lette.
«Dovresti sapere che metto sempre in discussione i miei stessi pensieri…»
Viviamo in un tunnel
Pensa a un paesaggio mozzafiato. E ora immagina di attraversarlo ma all’interno di un tunnel che ti impedisce di apprezzare ciò che c’è fuori. Ecco, per me le convinzioni sono quel tunnel. A volte servono perché aiutano ad andare dritto dove si vuole, senza distrazioni. Altre volte fanno perdere tutto il bello che c’è intorno. Perciò, ogni tanto, cerco di fare un buchino in quelle strutture. Così controllo se vale la pena tenerle in piedi o se è meglio tirarle giù.
Con la corsa è andata a finire così: ho smantellato quel “sono tutti degli invasati” e si è aperta la vista sugli insegnamenti, sulle sfide, sulle belle persone, sui runner sorridenti (che, se non sono già RunLovers, sono aspiranti tali… solo che ancora non ne sono consapevoli!)
«Lo so, lo so… Era per prenderti in giro… Ma davvero poi ha capito e ti ha dato ragione?»
Sì. Nel brevissimo periodo, ero riuscita a sbloccare tutto e portare a casa un’ottima mediazione. Tanta roba, in quel contesto. Ma molti mesi dopo ho scoperto che l’unica variabile che non avevo cambiato per farmi capire è stata proprio quella che avrei dovuto muovere. Anche questa volta è stata la corsa a farmi fare il giusto feedback.
«Non si può fare sempre stretching, sottovalutare gli esercizi per aumentare la potenza e lamentarsi di essere lenti e arrivare tardi, no?»
«Eh no, non si può proprio!»
Qualche giorno fa ho scorto lo sguardo dubbioso di un ragazzo decisamente fuori forma, seduto su una panchina come se avesse avuto il triplo dei suoi anni. Ho riconosciuto la mia stessa perplessità verso la corsa.
Sorridevo mentre gli auguravo, fra un respiro e un sospiro, di trovare una discesa della vita che l’obbligasse a introdurre azioni diverse, potenzialmente rivoluzionarie.
Paola Fantini
Ciao bella storia, e pensare che fino a un anno fa la corsa mi sembrava noiosa ogni qualvolta incrociavo un runners, pensavo ma non ha niente da fare di meglio……e bene mi son dovuta ricredere,ho incominciato per casa portando mio figlio agli allenamenti settimanali, aspettare un oretta abbondante seduta sulla panchina, al bar o rinchiusa in automobile, lamentandomi con lui del fatto che mi annoiavo aspettare tutto quel tempo senza far niente, mio figlio con una battuta sarcastica si volta e mi dice ” ma prova a venire anche tu” Decisione presa, la settimana dopo mi sono organizzata lasciavo lui al suo allenamento e ho incominciato con una tabella 1 MIN. CORSA 2 MIN. CAMMINATA per 8 volte con una cadenza settimanale di 3 giorni, ragazzi che grande sorpresa per me alla fine del mese correre 20 min. senza fermarmi (IMPRESA EPICA) L’ entusiasmo e la voglia di mettermi in gioco a 48anni suonati e stato breve, a distanza di quasi un anno corro 1 oretta 3 volte a settimana con qualsiasi condizione atmosferica, BELLISSIMO il bello è che adesso non ne posso fare a meno, e sono io che un sorriso persisto con mio figlio quando non ne a voglia, che bella la vita rimettersi in gioco e ritrovare l’entusiasmo che avevo un tempo.