È certamente merito della corsa se ho cominciato a ragionare sul concetto di “(s)fiducia” per il proprio corpo. Avevo ben presente la “(s)fiducia” verso se stessi (in senso lato) o verso gli altri. Ma non l’avevo ancora messa a fuoco in questo modo, isolata e relegata solo ed esclusivamente alla propria “carne”. Sappiamo tutti quanto sia importante notare un cambiamento dopo aver modificato qualcosa nei nostri comportamenti. Se i risultati tardano troppo ad arrivare, la demotivazione è dietro l’angolo e il rischio di pensare che tutto lo sforzo sia inutile è pronto ad azzannarci alla gola. Ci sono persone che fanno qualche settimana di dieta, qualche giorno di esercizio e subito si vede. A me questo non è mai capitato. Mai. Ed è anche stata la ragione del mio mollare l’impegno fisico in diverse occasioni. Con la corsa è successa una cosa strana, probabilmente perché avevo cambiato approccio togliendo l’attenzione dal risultato. Quando ho iniziato, l’obiettivo era la continuità, che mi serviva per ragionare meglio. Dovevo andare con una certa regolarità. Punto. La questione “aspettative” rispetto alle performance non me la sono posta (e, a onor del vero, non me la sto ponendo neppure ora).
Però la continuità ha portato l’inaspettato. Mi ha fatto vedere risultati anche a livello fisico ed è stato a quel punto che mi sono detta: “ma vuoi vedere che il mio corpo è così stronzo perché sente che non credo in lui?” Per una volta, per la prima volta dacché mi ricordo, la mia mente interveniva in suo sostegno ed è stato un bel momento. Da lì hanno cominciato a insinuarsi altri dubbi: “e se lo stessi sottovalutando da una vita e lui potesse davvero fare di più?” Non ho ancora la risposta. Del resto, la conquista della fiducia è fatta di gesti di stima da un lato e, dall’altro, di dimostrazioni che confermano che è stata ben riposta. Di certo mi capita di uscire e di accorgermi che sì, faccio meno fatica, sì se mi impegno vado più veloce, sì mi sento più agile. Insomma, da quell’anarchica che sono, che non rispetta né diete né tabelle, qualcosa “eppur si muove!” e i miei recenti dubbi potrebbero essere fondati. Mentre scrivo, una parte della mia mente è là a ricordarmi che ci sono migliaia di esempi di persone con problemi seri (mica roba “percepita” come la mia), che dimostrano continuamente a se stesse e a noi che possiamo fare di più. Perciò, devo delle scuse alla parte “solida” di me. La mia mente può forzare quanto vuole ma se il mio corpo non si sente “stimato”, mi rema contro. Come è giusto che sia, fra l’altro. Come non capirlo? Collaborerei con chi non crede in me? No. Qui si conclude la prima parte del post, che poi è stato archiviato e non spedito perché sentivo che mancava qualcosa. Ma cosa?
Nei giorni scorsi la mia nipotina mi confessa, tutta avvilita, che non riesce a fare la “capovolta all’indietro”. L’affermazione mi ha colpito perché lei è una piccoletta con una grande consapevolezza e fiducia nel suo corpo. Cos’era successo per farle cambiare idea? L’aveva rimproverata qualcuno? L’avevano presa in giro?
Niente di tutto questo. Solo non riusciva ad allineare il suo corpo alle sue aspettative mentali. «Le gambe, stanno piegate! Invece devono stare dritte!» Me la sono presa in braccio, le ho stretto forte la gambina muscolosa e gliel’ho scossa. «Ma tu ci credi in queste gambe? Ci credi che possano fare quello che vuoi che facciano?» Lei che era sempre stata fierissima delle sue e di cosa riuscivano a fare, proprio lei neppure poteva guardarsele. Scuoteva la testa. «Eh! Come possono mai stare dritte se tu non credi che possano stare dritte? Avete bisticciato ma adesso bisogna che ci fai pace…» Ha abbozzato un sorriso e ha ripetuto: «Devo farci pace?» «Ma sì… Capita di deludersi a vicenda… Ma non per questo bisogna restare litigati per tutta la vita…» [Ho dovuto capirlo prima io per poterlo dire a te, lo sai?] Si è alzata in piedi, se le è fissate, se le è accarezzate e ha fatto il solenne giuramento: “PACE!” Con la sacra alleanza firmata, all’allenamento successivo, ci è riuscita. Adesso sì, sento che questo mio racconto è completo e posso condividerlo con tutti voi. Mente, cuore, corpo. Basta che una sola parte di sé abbia (s)fiducia in una delle altre, per rendere impossibile il raggiungimento l’obiettivo. Basta che una sola creda che un’altra non è all’altezza del proprio compito, per rendere vani gli sforzi di tutte le altre. Perciò è anche importante avere degli obiettivi che ci fanno notare in quale parte poniamo (s)fiducia, altrimenti non correggiamo mai e rischiamo di convincerci che è impossibile qualcosa che, invece, sarebbe tranquillamente alla nostra portata. Chiudo con un pensiero a tutti gli scoraggiati che non riescono ad abbassare i tempi, che non riescono a dimagrire, che non riescono ad allungare la distanza. Facciamo pace con la parte del nostro corpo che ci sta deludendo. Smetterà molto presto di deluderci e ci renderà, addirittura, ancor più fieri di noi stessi.
Paola Fantini
(Photo credits Ian Schneider)
semplicemente GENIALE.
ora vado a firmare un patto di alleanza e Fiducia, con la F maiuscola, con una serie di mie “parti”, in primis la testa.
grazie di questo bellissimo e illuminante post.un caro abbraccio a te e alla tua nipotina
roby
Grazie mille Roberta!
Ti rispondo solo ora, ma tu nel frattempo avrai di certo già firmato!
Creati anche un promemoria di quel patto e mettilo in un punto in cui ci vai a “sbattere” spesso.
Così diventerà impossibile dimenticarlo… Potrai solo tenerlo a mente continuamente! ;)
Un abbraccio anche a te! ♥
Post eccellente Paola!
Ma il nome, a mio modesto e disinteressato parere, è già garanzia di buon senso ed ironia.
Fare pace è accettare, talvolta perdonare, molto spesso comprendere, quasi sempre amare ed è l’unica strada che ho imparato a percorrere (camminando, non ho mai corso in vita mia! per stare bene. Certo accettare non vuol dire “va tutto bene cosi” se non va tutto bene così com’è, ma vuol dire “cerco di stare il meglio possibile finché non sarò pronto al cambiamento”. Ora “corro” ad accettare due o tre mila cose di me. Un abbraccio
Sono assolutamente d’accordo!
Proprio ieri, pensando ai miei progressi, mi è venuto in mente Milton Erickson quando dice che bisogna provare e apprendere “la sensazione di benessere legata al controllo crescente sui propri processi fisiologici.”
Un abbraccio a te, da Paola a Paola! ♥