Quando andavo alle medie, una volta all’anno, c’era la corsa campestre intorno alla scuola: il vantaggio (per me svantaggio!) di avere una scuola pedecollinare. Percorso misto asfalto, prato, collina. Dopo neanche mezzo giro di scuola, ero già col fiatone, i polmoni che scoppiavano, rossa in faccia come un pomodoro. Non mi restava che camminare e finire tutti i giri della “corsa”. E pensavo “Ma che schifo! Correre non mi piace”
Io sono sempre stata quella degli sport di squadra, dal basket fino alla pallavolo, praticata in modo agonistico. Figurarsi fare fatica correndo! (come se non avessi fatto fatica giocando a pallavolo…prospettive distorte di una ragazzina..?!)
Poi sono cresciuta, e la corsa è stata relegata in un angolo. Non ci ho più pensato per anni. Alla fine, non si sa bene come, ho pensato che fosse divertente correre qui dove vivo ora, lungo il fiume, su una bella strada forestale. E così mi misi a farlo, accompagnata in quelle prima corse serali, dopo il lavoro, da un’amica. Lei già correva per dimagrire, io pensai solo che fosse divertente. Forse. Le prime corse furono orribili! Fiato corto, le gambe che non giravano, e lei pazientemente che alternava camminata a corsa per dare modo a me, quella “in forma”, di riprendere fiato. Un ottimo inizio!
Poi non si sa come, ho continuato da sola. Ma solo d’estate, solo per 2-3 mesi, solo 1 o 2 giorni a settimana. Volevo dimagrire ma senza sforzo. Infatti non sono dimagrita più di tanto.
La corsa era stata di nuovo relegata in un angolo, forse ancora non compresa realmente. Forse io non ero ancora pronta per lei.
Ho iniziato a comprenderla e ad amarla solo l’anno dopo, l’estate dopo. Perché avevo qualche chilo di troppo, ma questa volta ero decisa a fare bene.
E ho fatto bene. Mi si è aperto un mondo.
Il bosco che mi scorreva accanto, il profumo della corteccia, o l’umidità della rugiada al mattino. Vedere la nebbiolina che si alza dal prato quando arrivano i primi raggi di sole. Sorridere e premiarsi ai primi 10 km raggiunti, senza guardare ai tempi, ma solo ascoltando me stessa, il mio cuore, i miei piedi.
E poi pensare di poter correre ancora, più veloce, ma anche più a lungo.
Cercare su internet i forum e i siti sulla corsa, capire che ci sono tanti altri runners, solo che io non li avevo mai notati davvero. Invidiare chi fa le skyrace, e pensare che, forse un giorno, anche io ne potrò fare una.
Rattristarsi per non poter correre, causa imprevisti. E capire che quando sono triste e depressa, non devo andare dallo psicologo, ma devo solo allacciarmi le scarpe e partire. Svuotare la mente. Pensare. Oppure piangere mentre corro. Ho fatto tutto questo. Sono inciampata più volte nella vita, ma la corsa non mi ha mai deluso e mi ha sempre insegnato qualcosa. Mi ha fatto diventare migliore.
E pensare che io ero quella che non aveva voglia di correre!
Marta P.
(Photo credits Josephine Wentholt)