Oh ciao Charlene! Come? Ma sì, ma sì, certo che mi ricordavo, è che ho fatto tardi a lav… Ah certo certo. No noooo, ma che dici? Noooo mica voglio salt… Nooo ma scherzi? Certo certo, poi un lunghetto a 4’40″/50″… Come? Ah non è più quello il “lento”… Ah tra 4’30” e 4’40”. Ok ok. Certo certo. No ma come, no no ma figurati se… Sì sì, ora vado, mi riposo giusto un… Ah ok mi riposo dopo e vado ora, va bene.
È il 10 Aprile del 2016, sono le 12:20 ed è passato appena qualche minuto da quando ho tagliato il traguardo della 22° Maratona di Roma. Sto piangendo dalla felicità, sono sfinito e, già dal momento in cui mi hanno messo la medaglia intorno al collo, mi sono sentito svuotato di ogni cosa. La mia tabella di allenamento, a cui pian piano mi sono affezionato tanto da darle un nome – Charlene – mi aveva fatto preparare per terminare sotto le 3h30′, e così è andata. Riprendere a correre dopo la Maratona è stata un’esperienza nuova, per mesi ho corso col pensiero di terminare questi quarantaduemilacentonovantacinque metri, e le emozioni provate tagliando quel traguardo hanno ridimensionato qualsiasi altra corsa mai fatta fino ad allora, e forse anche quelle future. E infatti, nei giorni successivi, correndo come mi è sempre piaciuto, senza guardare i tempi, senza badare al GPS e senza un obiettivo, ogni tanto tornavo comunque a pensare ai sampietrini di via dei Fori Imperiali e alla medaglia appesa alla parete.
È trascorso poco più di un mese, è il 15 maggio e sto correndo a Cagliari la Mezza Maratona della Solidarietà. C’è un caldo infernale, l’organizzazione è stata davvero poco efficiente e siamo partiti con oltre un’ora di ritardo, i rifornimenti e gli spugnaggi sono sistemati male e al sedicesimo chilometro ho avuto i crampi (non mi era mai successo). Mi viene da pensare che per qualche giorno avevo avuto l’intenzione di iscrivermi non alla mezza ma alla maratona e che, se lo avessi fatto, sarebbe stato un inferno. Probabilmente non sarei riuscito a chiuderla, o sarei stato costretto a fermarmi e ripartire svariate volte. Sulla strada del ritorno inizio a pensare al fatto che diversi mesi fa, molto prima di preparare le valigie per andare a correre la Maratona di Roma, mi era stata regalata dagli amici l’iscrizione alla Maratona di Oslo, per cui a settembre volerò in Norvegia ed è il caso di arrivarci preparato nel migliore dei modi.
È quasi certo che non troverò i 26 gradi di Cagliari, ma la maratona è prima di tutto una corsa da preparare mentalmente, e su questo so che dovrò lavorare molto. La sera stessa quindi mi metto al PC per recuperare la lista degli allenamenti fatti per Roma e vedere se e come modificare il piano in vista Oslo. Ho in mente le 3h15′ stavolta, so che il tempo è piuttosto ambizioso ma sono riuscito a stare nell’ora e trenta nelle due gare di mezza maratona che ho corso dopo Roma e in una gara di 9 km ho corso sotto i 4’/km, per cui mi convinco che non sia un’impresa impossibile. Chiedo a qualche amico consigli su come modificare gli allenamenti che Charlene aveva previsto per terminare sotto le 3h30′ e ne viene fuori una tabella di sedici settimane con quattro settimane di preparazione e dodici di allenamenti mirati. Tra ripetute brevi, lunghe, corse lente di media o lunghissima distanza e allenamenti incrociati per il core viene fuori un bel piano di allenamento che mi dovrebbe consentire di arrivare abbastanza tranquillo (almeno dal punto di vista psicologico) al giorno della gara.
Sistemo tutto nel calendario e sincronizzo gli allenamenti con l’orologio. Il primo allenamento è previsto per il 30 maggio, ho ancora un po’ di tempo per poter correre con serenità senza pensare al passo e ai chilometri da fare, anche se ormai, nella testa, si inizia a far strada la consapevolezza di dover ricominciare a seguire una tabella. Al riguardo metto giù anche un post scherzoso nel Runlovers Club su Facebook, e viene fuori che Charlene non è stata soltanto una buona tabella di allenamento, ma anche che le nostre avventure sono state lette con piacere. Questo mi riempie di gioia ma mi carica anche di piccole ansie per il futuro.
Riuscirò a correre come vorrei la Maratona di Oslo? Mi divertirò? Avrò qualcosa di bello da raccontare?
Il tempo passa veloce quando ci si diverte (!), è arrivata già domenica 12 giugno ed io sto terminando il primo dei lunghi previsti da Charlene, una corsa sulla distanza della mezza maratona. Approfittando della bella giornata ho seguito una strada vicinale appena fuori dalla città con un bel po’ di saliscendi e sono andato verso lo stagno di Platamona allungando il percorso che faccio solitamente. Per i primi dieci o dodici chilometri mi sono attenuto scrupolosamente alle indicazioni del passo che ogni tanto mi mandava l’orologio sotto forma di bip e vibrazioni, ho bevuto qualche sorso d’acqua e mangiato un paio di caramelle alla frutta e non ho sentito quasi il caldo che da queste parti inizia ad essere più estivo che primaverile. Al tredicesimo chilometro c’è una salita abbastanza impegnativa che mi fa rallentare un po’ (poco male, recupererò e starò nella media prevista da Charlene in un paio di discese più avanti) e mi ricorda che a questo punto sarebbe stato bene prendere un carbogel per mettere in circolo un po’ di energia. Superata questa salita comunque riesco a rientrare nei ranghi e continuo per altri sei o sette chilometri senza sentire troppo la stanchezza.
Ripenso al fatto che negli scorsi giorni, appena iniziata la preparazione, mi è capitato di sognare nuovamente la neve norvegese e le corse ovattate che facevo tra i sentieri attorno al lago, le infinite piste ciclabili che collegavano tra loro senza interruzioni i diversi paesini che ho avuto la fortuna di visitare e le piazze e i monumenti di Oslo. Percorrendo gli ultimi chilometri cerco di focalizzare i pensieri sul tracciato della Maratona, tentando di riportare alla mente le varie altitudini dei posti in cui sono stato e in cui ripasserò di corsa tra qualche mese. Il dislivello maggiore sarà di circa venti metri spalmati in un paio di chilometri, niente di terribile e decisamente più abbordabile, almeno sulla carta, rispetto a saliscendi e ponti di Roma. All’arrivo a casa sono piuttosto contento, ho fatto l’allenamento senza arrivare troppo stanco e sono rimasto nella media prevista.
Come ormai faccio di solito – forse purtroppo, visti i risultati – dopo la doccia mi peso per vedere quanto debba recuperare in termini di idratazione. In ventuno chilometri ho “perso” poco più di due chilogrammi tra liquidi e risorse fisiche. Già da qualche mese il mio peso è poco sopra quello ideale per correre al meglio delle possibilità, alla visita di controllo fatta qualche settimana fa il medico sportivo mi ha detto che tutti i valori sono buoni (yeah), ma che sono “atleticamente sovrappeso” (doh) e che per rendere al massimo senza stancarmi troppo e senza sovraccaricare le articolazioni dovrei perdere qualche chiletto (due o tre, niente di impossibile). Questo significa che nelle prossime settimane dovrò curare meglio l’alimentazione e per un po’ dovrò scordarmi le paste alla crema di cui sono ghiotto (non sono sicuro di riuscire a fare questo sacrificio, tanto mica vado per vincere la corsa, che sarà mai qualche pasta alla crema, suvvia) e cercare di definire meglio il fisico. Rispetto al primo approccio con gli “obblighi” di una tabella alcuni mesi fa però, mi sembra che le cose stiano andando decisamente meglio, e che stavolta con Charlene si vada d’accordo da subito. Forse molto è dovuto al fatto che ora sono certo che posso correre una maratona, e che se mi alleno per bene, se dò retta alla tabella e non sgarro, posso chiuderla arrivando col sorriso. Uno dei pensieri ricorrenti da quando ho terminato la gara di Roma è che la corsa a piedi su lunga distanza, a parte pochi casi davvero fortunati, non cambia la vita a nessuno. Più realisticamente te la fa vivere nel modo più simile possibile a come dovrebbe essere, perché ti insegna ad avere pazienza, a non sprecare le forze e a gioire anche per i piccoli traguardi. Ti ritrovi a pensare, in quelle sere che hai la fortuna di correre incontro ad un tramonto e ti sembra un peccato fermarti, che preparare una maratona sia un po’ come preparare sé stessi ad affrontare la vita. Se sia vero o meno non lo so per certo, ma mi piace credere che sia così.
Charlene non si esprime sulla cosa, compare di tanto in tanto e fa un po’ l’indifferente, ma l’altro giorno che sono riuscito a leggerle il labiale mi è sembrato di vederla dire: “Jeg har savnet deg”. È in questi momenti che mi pento di non aver imparato il norvegese per bene.
[CONTINUA…]
Che belli i tuoi articoli Pietro, sei un grande
Grazie mille Andrea!!! :)
I tuoi racconti sono appassionanti.
due domande due:
Che ‘orologio’ usi? Con quale calendario lo sincronizzi? Usi il cardio?
(sono tre domande, ho sforato :D )
Ciao Michele, grazie! :)
Utilizzo un Garmin Forerunner 200 al momento, che per le mie esigenze va benissimo ma prevedo un upgrade a breve, il nuovo 735XT e il Fenix3 mi fanno l’occhiolino ma sto cercando di resistere all’acquisto! :D
Sincronizzo tutto con il calendario di garmin connect, che si può modificare dal sito e permette di vedere anche un riassunto delle proprie attività.
Ho un sensore cardio, sì, ma da qualche settimana lo sto usando un po’ di meno, col caldo diventa troppo fastidioso e preferisco correre senza :)
Grazie della risposta.
Molto belli entrambe i modelli, il 735 ha, in più, il sensore cardio da polso.