Questa mattina ascoltavo la radio. C’era il Trio Medusa che parlava con Bebe Vio. Non avevo idea di chi fosse. Ignoranza mia. Il bello della radio è che puoi immaginare che una voce abbia qualsiasi faccia. Ascoltando ho capito che Bebe era una giovane schermitrice. “Simpatica, che bello spirito” ho pensato guidando e pensando al tempo un po’ così, al sonno, al traffico. Piccole noie, rotture. Un giorno qualsiasi.
Poi ho capito che Bebe non era un’atleta qualsiasi. Bebe è amputata di braccia e gambe. Sotto le ginocchia e sotto i gomiti. Mentre cercavo di visualizzare come potesse tirar di scherma, sono stato distratto ancora una volta da quello che diceva: “Sono molto fortunata perché sono amputata sotto le ginocchia”. “Sono molto fortunata perché ho la mia famiglia”. Ma come lo diceva mi ha fatto sorridere e stare bene: Bebe si sente davvero una persona fortunatissima. Improvvisamente i miei problemi sono diventati modestissimi. Sono scomparsi di fronte ad una persona che parla di una tragedia che le è capitata come della sua più grande fortuna. Bebe ha contratto a 11 anni una forma di meningite fulminante che ha fatto andare in necrosi molti tessuti del suo corpo, fino a costringere i medici ad amputarle gli arti per salvarle la vita. Come si è ripresa da una cosa del genere? Grazie al suo stupendo carattere senz’altro, ma anche grazie alla famiglia: così positiva da aver elaborato una tragedia del genere fondando una ONLUS che promuove lo sport come forma di terapia per i bambini amputati, la Art4sport.
Quello che hai ancora, non quello che hai perso
Ho pensato che Bebe era fortunata, certo: per il carattere che ha e per la famiglia che ha. Ma ho pensato anche che Bebe diceva le stesse cose che dice Alex Zanardi o Giusy Versace (e tantissimi altri atleti o persone normali che hanno avuto la vita stravolta): tutti, nessuno escluso, pensano che la vita togliendogli qualcosa gli ha dato molto altro. Non pensano a ciò che hanno perso ma a ciò che ancora hanno: un corpo che con delle protesi può fare cose grandiose e un carattere che quelle cose vuole realizzarle.
Tutti loro hanno visto un’altra possibilità: la vita gli aveva concesso un’altra chance. E mica se la sono fatta scappare. Ci si sono aggrappati e l’hanno scalata. Bebe è campionessa mondiale di fioretto individuale, Zanardi devi sedarlo perché qualsiasi cosa faccia annienta un record, la Versace ti travolge con la sua simpatia e positività.
Ho pensato che sono un cretino a lamentarmi a volte (anche se sono uno che si lamenta davvero pochissimo, quasi per niente). Però che sono cretino a pensare che la vita a volte potrebbe dirmi meglio sì, questo l’ho pensato. Ma non conta pensarlo un attimo e basta. La lezione di queste persone è che devi costruire il tuo successo su quel che hai, potenziandolo e portandolo ai limiti e oltre. Pensando sempre che comunque la vita ti ha dato di più di quello che ti ha tolto. I ciechi acuiscono il tatto o l’udito. I sordi l’olfatto o la vista. La natura umana è straordinaria perché è adattabile. Finché non si interrompe continua impertinente e indomita a voler fare quello che è destinata a fare: a cercare nuove strade, a esplorare nuove possibilità. A vivere.
Grazie Bebe, grazie Alex, grazie Giusy e grazie a tutti quelli che vedono nel cambiamento – anche tragico – un’altra possibilità, non una maledizione del destino.
Come spesso ripetiamo, non conta quello che ti accade: conta come lo affronti.
Ho letto il libro di Giusy, e mi ha toccato molto. E’ una persona con una forza e una fede grandiose. Ha fatto tanto e farà tanto anche in futuro, una forza della natura!!