Se la corsa funziona così bene per rasserenare le persone e spingerle alla meditazione, perché non fare il passo successivo e portare il lettino dello psicologo all’aperto? Anzi: eliminarlo proprio e inventarsi un nuovo tipo di terapia: quella psicologica fatta correndo, o Dynamic Running Therapy.
Ci sono terapisti che la praticano a New York e a Londra, dove costa circa 150 sterline. Non poco, ma considerala un sovrapprezzo alla normale seduta dallo psicologo: in fondo lo costringi a seguirti correndo e a parlare pure (o almeno a farti parlare).
Potrebbe sembrare un’americanata, ma invece ha un fondamento scientifico e soprattutto sembra funzionare. Alla staticità dello studio dello psicologo, dove l’assistito si confronta continuamente con lo sguardo e le parole del terapista, nella DRT lo scenario cambia sempre, il ritmo lo decide il paziente (che può anche semplicemente camminare o sedersi, su una panchina ovviamente) e il movimento è associato mentalmente al cambiamento, e quindi predispone ad affrontare i propri problemi e a risolverli.
Pagare per correre?
La DRT non consiste solo nel correre con uno specialista e pagare per farlo: durante la corsa lui (o lei) analizza il tuo modo di correre ed essendo dei runner psicologi danno anche consigli sull’impostazione di corsa in modo da liberare le forze e prevenire infortuni. Osservano il modo in cui ti muovi nello spazio perché da esso possono capire che rapporto hai con il mondo e come affronti la vita. Intanto ti fanno parlare, esattamente come in una normale seduta in studio.
La terapia in azione
La DRT viene anche definita dai suoi ideatori come una psicoterapia integrativa: sfrutta il movimento fatto dall’assistito mettendolo in controllo di se stesso. La funzione del terapeuta è quella di accompagnarlo passo dopo passo (letteralmente) a scoprire il proprio ritmo e contemporaneamente a (ri)scoprire se stesso. Gli obiettivi sono concordati assieme, siano questi fare un certo numero di km o correre più forte o meno. È usata nei soggetti depressi, traumatizzati, ansiosi o con dipendenze di vario tipo. Non è un caso per esempio che molti ultramaratoneti abbiano trascorsi di tossicodipendenza, come il grandissimo Timothy Olson.
Due in uno
Correre e fare terapia. O, se la corsa ti annoia, correre parlando e quindi facendo passare meglio il tempo, sentendo meno la fatica.
Hai di certo corso con un amico quindi sai bene quanto sia piacevole farlo chiacchierando: non farai mai il tuo personal best ma di certo ricordi la piacevole sensazione e come il tempo scivola via veloce. Non senti quasi la fatica.
Ecco, in questo caso poi qualcosa senti: la parcella da pagare. Magari in Italia però costa meno, chissà: ci sono psicoterapeuti runner? Vi abbiamo dato un’idea? Volete provarci? Beh, la prima seduta ci spetta gratis però, eh!
(Photo credits by Rula Sibai)
Due parole: CHE FIGATA! Sono psicologa dello sport e (più o meno) runner e questa “americanata” la trovo geniale! Lo sport, per me, è di per sè curativo, abbiniamolo alla terapia e staremo tutti mooolto meglio!