L’Italia e i suoi 33 atleti mondiali concludono i Mondiali di Atletica di Pechino con un risultato perfettamente nullo: zero ori, zero argenti, zero bronzi.
Nessuno dei suoi atleti ha ottenuto alcun risultato da podio. Quello che più ci si è avvicinato è stato l’ottimo Pertile, 4° posto in maratona.
Nessun obbiettivo centrato in marcia 20 km femminile dove le favorite Eleonora Giorgi e Elisa Rigaudo sono state squalificate a pochi km dall’arrivo per passo irregolare (Antonella Parmisano ha concluso però al 5° posto). Nessuno nemmeno per Daniele Meucci che per un problema fisico ha chiuso la maratona all’8° posto. Nessuna nemmeno per Tamberi con il salto in alto (pochi mesi fa record italiano a 2 e 37) eliminato a 2.29.
Sono lontani i tempi di Roma 1987, quando l’Italia vinse due ori – con Francesco Panetta nei 3000 siepi e Maurizio Damilano nella 20 chilometri marcia – due argento e un bronzo o di Siviglia 1999 con l’oro di Fabrizio Mori nei 400 ostacoli e di Ivano Brugnetti nella 50 km marcia. Ma anche Mosca 2013 sembra lontanissima, con Valeria Straneo (che quest’anno mancava) 2ª dopo un’epica maratona.
A volerla vedere pessimisticamente c’è da dire che peggio di così non poteva andare. Però siamo ottimisti no? Allora diciamo che c’è molto margine di miglioramento.
Gli atleti che abbiamo conosciuto hanno moltissimo entusiasmo e determinazione. Spesso (quasi sempre) sacrificano molto del loro tempo e degli affetti per allenarsi e per essere preparati.
Il fatto che due nazioni povere come il Kenya e la Jamaica siano rispettivamente la prima e la seconda più forte al mondo in atletica dice un paio di cose:
– che i soldi non contano sempre
– che il tipo di fisico e la predisposizione genetica influiscono
– che evidentemente si allenano in maniera più fruttuosa.
L’Italia ha dimostrato negli anni passati di avere atleti di livello mondiale.
C’è da chiedersi se oggi non ne riesca più ad esprimerne perché non gli mette a disposizione strutture e allenatori di livello mondiale (eppure ce ne sono, ne siamo certi) oppure perché non sa di averne, o quelli che ha non li nota e se li perde per strada.
L’atletica è un insieme di discipline in cui gli atleti si esprimono a livelli massimi entro una certa età: seguire i più giovani, permettere loro di esprimersi e svilupparsi al massimo del loro potenziale dovrebbe essere lo scopo di una federazione. Dare loro i migliori campi, i migliori strumenti, i migliori allenatori, anche i migliori nutrizionisti, psicologi e preparatori atletici. L’Italia ha migliaia di eccellenze: atleti, professionisti, appassionati anche: molto spesso dispersi, poco considerati, più famosi all’estero che in patria.
Ha atleti giovani e giovanissimi che spesso non vedono nella federazione un’alleata, quando la vedono. Ci sono vivai in cui alcuni fioriscono e non vengono poi valorizzati a livello nazionale, europeo o mondiale. E quindi, comprensibilmente, lasciano, anche perché l’atletica – soprattutto in Italia – è uno sport lontano dai milioni di euro del calcio o del… calcio.
Non mettere a frutto tutto questo potenziale è un peccato e i risultati si vedono.
Questo il medagliere finale:
1. Kenya: 7 ori, 6 argenti, 3 bronzi
2. Jamaica: 7 ori, 2 argenti, 3 bronzi
3. USA: 6 ori, 6 argenti, 6 bronzi
(Photo from Flickr by Morgann)