Attenzione a parlare di doping!

È notizia di ieri, presente in moltissimi giornali e telegiornali, che per 26 importanti atleti italiani sia stata chiesta la squalifica per doping. Repubblica, per citarne uno come esempio, titola “Atletica, doping: chiesta la squalifica per 26 azzurri. Tanti i nomi illustri” specificando poi che sarebbero stati chiesti 2 anni di squalifica per eluso controllo. Ossia la violazione dell’art. 2.3 delle norme sportive antidoping (“elusione, rifiuto e omissione di sottoporsi ai prelievi dei campioni biologici”).

I nomi coinvolti sono davvero importanti: Roberto Bertolini, Migidio Bourifa, Filippo Campioli, Simone Collio, Roberto Donati, Fabrizio Donato, Giovanni Faloci, Matteo Galvan, Giuseppe Gibilisco, Daniele Greco, Andrew Howe, Anna Incerti, Andrea Lalli, Stefano La Rosa, Claudio Licciardello, Daniele Meucci, Christian Obrist, Ruggero Pertile, Jacques Riparelli, Silvia Salis, Fabrizio Schembri, Daniele Secci, Kaddour Slimani, Gianluca Tamberi, Marco Francesco Vistalli e Silvia Weissteiner. Questi atleti sono stati deferiti (e lo scrivo in grassetto perché poi ci torniamo) per aver violato l’articolo di cui sopra.

Quindi non si parla di doping – per il quale invece è stato squalificato Schwazer, positivo all’eritropoietina, da cui nasce tutta l’inchiesta – ma di violazione del “whereabout”, quella regola (giustissima) per la quale un atleta deve sempre essere reperibile per un’ora al giorno per eventuali controlli a sorpresa.

Come fa notare La Stampa, gli inquirenti hanno visto un “meccanismo” all’interno di questi controlli elusi, da qui il deferimento. E ci siamo arrivati: il deferimento, nella giustizia sportiva, corrisponde al rinvio a giudizio della giustizia ordinaria. Cosa significa? Che l’atleta deferito sarà citato in giudizio e processato. Non significa né che l’atleta sia colpevole e nemmeno che sia risultato positivo al doping. Però già si parla prematuramente di olimpiadi saltate e di squalifica per 2 anni.

È importante inoltre ricordare che, dopo 3 controlli saltati, si viene automaticamente squalificati e non è il caso di nessuno degli atleti citati. Mentre non è chiaro – caso per caso – se siano stati saltati, rifiutato o omessi dei controlli oppure se ci siano semplicemente state irregolarità nella comunicazione dei whereabout; anche se la stessa WADA (World Anti-Doping Agency) mette le due irregolarità sullo stesso piano.

L’errore, a mio avviso, sta proprio qui: citare nomi di atleti (per i quali la credibilità e pulizia è tutto) associandoli alla parola “doping” mi pare un po’ eccessivo, impreciso o, quantomeno, prematuro.

Fabrizio Donato (Salto Triplo) dice: “Ci ritroviamo coivolti in cose più grandi di noi, per colpe non nostre. Siamo delle vittime innocenti, qualcuno ha fatto male il proprio lavoro, con incompetenza”. E continua poi: “Si tratta di non aver aggiornato per tempo, per giorni se non addirittura ore, il ‘whereabout’ circa la nostra reperibilità. E questo ritardo viene visto come un dolo. Ma parliamo di un sistema che faceva acqua da tutte le parti.”.

In massima sintesi, Ciò che si sa fino a ora è che se ne sa ancora poco.

Un buon punto di vista è quello di Gazzetta in cui si specifica chiaramente che nessuno degli atleti nominati è stato sospeso e che lo stesso Giomi (Presidente FIDAL) dichiara: “La somma di negligenze, superficialità, incompetenza, inadeguatezza e chi più ne ha più ne metta, è senza fine. Ma la vicenda riguarda tutto (o quasi) lo sport italiano e non solo l’atletica, senza che questo sposti di una virgola la nostra responsabilità. Scaricare solo sugli atleti la responsabilità di quanto è accaduto (non si tratta in ogni caso di atleti dopati) è troppo semplice. L’atleta è il punto di partenza e di arrivo di tutto il movimento, ma in mezzo ci sono tecnici, società, federazione, Coni”.

Anna Incerti ha pubblicato il suo commento su Facebook e spiega con il suo stile schietto e diretto cos’è successo. E così ha fatto anche Ruggero Pertile.

Probabilmente, la cosa giusta da fare – prima di “macchiare” nomi e parlare di doping, quasi a voler dare un po’ di carne in pasto alle folle – sarebbe dire: “Ehi, gente, stiamo indagando ma non ne siamo ancora venuti a capo e – soprattutto – nessuno è ancora stato giudicato. Vi facciamo sapere qualcosa di preciso non appena ci vedremo più chiaro”.

Quindi, si fa presto a dire “doping” ma pensiamoci bene prima di dirlo. Io, nel mio piccolo, la penso così.

E, soprattutto, diamo un po’ più di spazio a Nicole Orlando. <3

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