Raccontare la corsa (e altre avventure)

Qual è il posto ideale dove raccontare storie? Non credo esista il posto perfetto; probabilmente perché ogni posto va bene, quello che conta è la storia. E non importa se è un luogo fisico o virtuale, le storie vanno raccontate perché le storie sono esperienze da condividere.

Lo sai bene anche tu che corri, quante volte ti sei trovato a raccontare di quanto sia stupendo correre, di come ti senta rinato, di quanto sia aumentata la consapevolezza del tuo corpo o del senso di commozione che si prova con una corsa all’alba o nel superamento di un limite che fino a poco tempo prima sembrava impossibile.

Oggi, agli Adventure Awards, ho avuto due esempi molto belli. Il primo con il workshop di Emilio Previtali, il secondo con l’intervista a Danilo Callegari. Magari li conosci, magari no (per approfondire basta cliccare sui loro nomi), ciò che conta è cosa insegnano.

Ma come si racconta una storia?

Una storia si può raccontare con una foto, con un video, con le parole scritte. Tralasciando per un attimo il mezzo, il segreto è fondamentalmente uno solo: pensare al tuo interlocutore. Quando racconti qualcosa, non farlo per te, fallo per la persona che hai davanti. Pensa a cosa può interessargli, mettiti nei suoi panni. Soprattutto cerca di rispondere alle domande che non ti ha ancora fatto, prima che te le faccia perché “il senso della narrazione non lo dà chi racconta ma chi ascolta”.

Concentrati sul “lato epico” della narrazione, porta il tuo lettore/spettatore/osservatore con te e crea delle connessioni tra la sua realtà e la sua, in questo modo si creerà una connessione molto forte tra voi perché “la storia, una volta raccontata, non è più solo tua ma diventa di tutti”. E, di nuovo, rispondi alle sue domande prima ancora che le faccia; prima di aggiungere troppe informazioni o dettagli, pensa se possono interessare al tuo interlocutore.

Oppure concentrati su un dettaglio e usalo per dare carattere alla tua storia, per narrarla “a episodi”, concentrandoti però sempre sul “momento zero”: la chiave della tua storia, quella frase che la caratterizzerà e la farà diventare di tutti.

Raccontare una storia in due

Prendi un chitarrista (Guido Foddis) e un esploratore (Danilo Callegari) e mettili sul palco uno di fronte all’altro. Ne uscirà un rap su note blues in una performance dal vivo di storytelling che racconta avventure estreme con molta poesia, sotto forma di un’intervista sui generis.

Un’intervista strana perché non era incentrata (solamente) sull’esploratore friulano ma tutto ruotava attorno alla storia, in cui Danilo era protagonista, per certi versi osservatore e anche un po’ eroe in un misto tra ironia e stupore.

Già, alla fine hai di fronte una persona che partirà da Zanzibar, farà 50 km a nuoto in mezzo agli squali, arriverà in Africa, percorrerà 1150 km di corsa (42k al giorno per 27 giorni consecutivi) per raggiungere il Kilimangiaro e poi lo scalerà, e tu non pensi solamente “wow, che eroe” ma riesci a percepirne la tensione, l’emozione, riesci a fare quella storia anche un po’ tua.

E tu, che storia hai da raccontare?

(la foto principale è tratta dal sito danilocallegari.com)

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