Correre è libertà, sfida con se stessi ma, molto frequentemente, correre è anche ricerca di avventura, di nuove scoperte. Per questo motivo, da molto tempo, cerco di usare la corsa per visitare le città; non solo come un giro turistico ma – soprattutto – per andare alla ricerca degli angoli sconosciuti. Per perdersi e poi ritrovarsi, magari diversi. Sicuramente con qualcosa in più.
Tre giorni
Tre giorni è il tempo che generalmente basta per visitare una città di dimensioni medie o piccole: il primo ti ambienti, inizi a girare, gli altri li usi per esplorare. “Ok, ma cosa c’entra Trieste?” ti starai chiedendo. C’entra perché lo scorso weekend di “questo ottobre che sembra un agosto con le giornate più corte”, Trieste è stata lo scenario di moltissimi avvenimenti e altrettante scoperte.
Partiamo dall’inizio: le città preferite dai runner non sono piatte. Le città preferite da chi corre hanno salite, discese, strade strette, aria buona e panorami mozzafiato; e questo è un dato di fatto. Punto. Di città fatte così in Italia ne abbiamo moltissime e Trieste è certamente una tra queste, ed è bellissima infatti, non a caso è considerata uno dei Salotti d’Italia (amici di Torino, Vigevano, Ascoli Piceno, non prendetevela: lo so che ci siete anche voi). E il secondo weekend di ottobre è – credo – il momento in cui Trieste risplende di più, grazie al suo mare e a quasi 2.000 (sì, DUEMILA) barche a vela che partecipano alla Barcolana.
Arrivi a Trieste e, a qualunque ora, trovi lungo la strada costiera persone che corrono. Io mi sento sempre a casa quando vengo accolto da persone che sudano e corrono veloci. “Quello secondo me va a 4’20″/km”, “Guarda quella come si sta godendo la corsa: ride tra sé e sé”, “Un nordic walker? Va’ a casaaaaaa!!!!”; insomma, i soliti comuni pensieri quando incrocio qualcuno che corre, accompagnati sempre da un “ciao fratello/sorella!”. Però, devo ammetterlo, a Trieste ho visto davvero moltissima gente correre (complimenti!).
Il venerdì: la scoperta e l’anteprima
Lo ammetto, io sono una persona che con la vita da mare ha poco in comune. Sì, io nuoto, l’acqua mi piace ma ho sempre guardato le barche (e le persone che le usano) con una certa diffidenza. Li ho sempre immaginati con il maggiordomo, le infradito Louis Vuitton e lo champagne sempre sotto ghiaccio (retaggi della mia cultura da film trash anni ’80 e da tanti James Bond). Poi le città di mare sono sempre estreme, esposte, e ho sempre categorizzato (sbagliando) i loro abitanti come persone schive, brusche. Invece arrivo al molo e trovo solo una cosa: una grandissima festa. Gente che beve, ride, ascolta musica dubstep ad altissimo volume, socialità. Ok, ho capito che dovrò essere aperto alla scoperta.
Giro l’angolo e trovo delle rampe altissime con sopra delle automobili che fanno cose che, fino a poco prima, pensavo fossero impedite da Newton e dalla sua forza di gravità. È lo stand Land Rover.
Land Rover è lo sponsor della Barcolana, oltre che di un evento che fa regatare le barche a vela più veloci che ci siano: Land Rover Extreme 40 Series. Immagina dei catamarani (le barche con due scafi) che fanno virate con angoli tipici del kamasutra e che si prendono a “sportellate”. Insomma: una figata.
Ma la casa automobilistica inglese (che ringrazio per l’ospitalità) è lì anche per un altro motivo: l’anteprima italiana della nuova Land Rover Discovery Sport. “Discovery Sport? Ok, ci sono, fa per me”.
Quando penso a Land Rover mi vengono in mente due estremi opposti: il fango e l’indistruttibilità del Defender (vero, Claudio? nda) e la fighezza della gamma Range Rover (dalla piccola Evoque fino alle Range Rover Autobiography). Macchine che ti portano dappertutto, fatte per gente attiva, sportiva, che ama il lusso e – nella mia testa bacata – che se ne frega dell’inquinamento (in fondo lo dice anche Jeremy Clarkson che i SUV “sono auto da ciccioni”).
E invece…
Luci, musica, enfasi; si alza il telo e scopro la nuova Land Rover Discovery Sport. Tralasciando gli occhi a cuore a causa della mia passione per il design automobilistico, la macchina è una figata. Grande quando basta per metterci dentro una bici da corsa senza doverla smontare come un Lego (colleghi triatleti, so che voi mi capirete), comoda quanto basta per immaginarmi in un Milano-Roma senza “pause Autogrill”, lussuosa quanto basta per coccolarti quando ci sei dentro ma senza sembrare una volgare star dell’hiphop, alta quanto basta per farmi pensare che può portarmi in un sentiero in montagna. Insomma, un’automobile che, appena la vedi, ti dice “tranquillo, ti porto dove vuoi e tu nemmeno te ne renderai conto”.
Ma la cosa che più mi è piaciuta è che consuma e inquina meno dei soliti SUV. La trazione intelligente fa andare la Discovery Sport a quattro ruote motrici solo quando è davvero necessario. In tutti gli altri casi si preoccupa dell’ambiente e della tua prossima sosta alla pompa di benzina.
E poi è bella. Punto.
L’unico difetto? Sono tornato in camera troppo tardi per poter affrontare una corsa la mattina successiva.
Sabato: incontri inaspettati e… Ma sei Mario Biondi?
Hai presente quando ti svegli al mattino un po’ incazzato perché volevi correre ma il sonno ha avuto il sopravvento? Ecco, il sabato inizia così. Ma si riparte comunque per il molo di Trieste.
Dopo i doverosi saluti mentali ai runner incontrati, sempre presenti, vado a fare le prime commissioni della giornata e, uscendo da un negozio chi incontro? Il mio amico Brahmino (se non sai chi è, segui il link e poi segui lui su Instagram). Non ci si vede da un bel po’ e ci si incontra in mezzo a millemila persone: se non è fortuna questa!!!
Ci lasciamo con l’intenzione di vederci con calma successivamente (ma, purtroppo, non accadrà) e vado verso il molo: il mare sta aspettando.
Un uomo che corre e ama pestare la terra sotto ai piedi cosa ci fa in mezzo al mare? Poco o niente, se non… guardare. Perché la navigazione, in questo, è molto simile alla corsa: ti fa vedere le cose da una prospettiva diversa, con tempi e ritmi diversi e una propensione d’animo diversa. L’incontro con il mare lascia questo: una grande similitudine con la corsa.
Ora è il momento di incontrare gli altri modelli di casa Land Rover, perché oggi è la giornata degli incontri, no?! Si comincia con Evoque che ci accompagna a pranzo sulle colline del Carso, rivelando molto più spazio interno di quanto si possa immaginare e poi si torna con Discovery, una meraviglia su 4 ruote: spaziosa, maneggevole, lussuosa e potente. Mi manca la Range Rover, l’ammiraglia, ma vabbè: ho l’albergo vicino al Castello di Miramare e la mia testa è già focalizzata alla mattina successiva perché “Cascasse il mondo, io domattina corro”.
L’aperitivo serale è in Piazza Unità d’Italia, perché è un posto spettacolare e perché è previsto il concerto di Mario Biondi. Ma mentre ero al telefono (cercando di ricontattare il suddetto Brahmino) noto qualcosa di strano: la gente si volta continuamente a guardarmi. Dopo un rapido check per sincerarmi di indossare i pantaloni e non avere nulla fuori posto, penso che, sì, sono bellissimo ma tutte queste attenzioni mi sembrano eccessive. Ma tutto si spiega due minuti dopo: una coppia mi viene incontro e… “scusa, ma tu sei Mario Biondi”. Dopo i primi istanti in cui “sì, sono io, volete un autografo?”, nego e svicolo ridendo come un pirla. Non bastano barba e occhiali per essere Mario Biondi: servono anche due corde vocali grosse così!
Io devo correre
Il mantra della serata era proprio questo: domattina devo correre e quindi chiedo di essere riaccompagnato in hotel prima degli altri. Bip bip, le quattro frecce si illuminano, salgo in macchina: Range Rover Autobiography ed è pure ibrida. Faccio l’indifferente ma, quando l’autista (un simpatico deejay romano) accende i sedili massaggianti, perdo il mio gelido à-plomb nordico e non capisco più nulla. L’impianto audio (che ti potrebbe far sanguinare le orecchie pur senza distorcere alcun suono) ci accompagna e io mi limito a sperare di trovare code chilometriche, la strada interrotta per la caduta di un meteorite o un’invasione aliena che ritardi il viaggio di qualche minuto.
Invece no: io domani devo correre. E la Range Rover mi accompagna a mantenere le mie promesse. Buonanotte.
La sveglia suona: abbigliamento tecnico, le scarpe ben allacciate e si parte. Scale, gradini, salti, ancora scale per arrivare alla strada che mi porta al Parco di Miramare. Piccolo, ombreggiato e a picco sul mare. Le scale per arrivarci sono poche ma con le gambe ancora fredde mi danno quel “colpetto” che mi fa sentire per un attimo come il figlio di Geppetto.
Corro, vado verso la costa e improvvisamente le gambe si fermano, morte. Non è la stanchezza: è il mare e le quasi 2.000 barche che aspettano il via della Barcolana, uno spettacolo impossibile da descrivere a parole. La scoperta di oggi è anche questa: fermarsi, incapaci di proseguire, perché quello che vedi è così bello che va onorato e contemplato, immobili.
Un uomo saggio diceva: “una giornata è davvero vissuta se andrai a letto con un po’ di conoscenza, emozioni ed esperienze in più”.
Per oggi posso andare a dormire tranquillo.
Felice che ti sia piaciuta la mia città!