Ho sempre avuto, durante i miei viaggi, un paio di scarpe comode addosso. L’unica volta che ho messo un paio di tacchi, ho rischiato di perdere il mezzo di locomozione del momento e, sinceramente, una corsa sui trampoli la auguro solo al mio peggior nemico.
Ma stavolta qualcosa è cambiato. Stavolta quelle che ho deciso di indossare non erano scarpe comode ma scarpe da corsa. Perché in questi giorni di vacanza ho deciso che dovevo correre, che il mio programma di allenamento non doveva subire rallentamenti, che dovevo approfittare dell’aria di montagna e delle salite che mi avrebbero fatto impazzire, del cane dei miei zii, del tempo libero a disposizione, della tranquillità mentale. Farsi sfuggire un’occasione del genere avrebbe significato solo una cosa: non essere una runner.
Sono andata a correre due volte (Nike+ ha gentilmente deciso di non salvare un allenamento) e scontrarsi con quelle salite, con il cane che si fermava e provava a suicidarsi lanciandosi verso le macchine, con l’acido lattico lasciato come ricordo dall’allenamento del NTC, con l’assenza della mia metà, mi ha fatto faticare. Ma ho tirato tirato tirato perché avevo degli obiettivi: non tornare “prima di”.
E soprattutto avevo voglia di lanciarmi a capofitto nelle discese prima di casa, che mi aspettavano nell’ultima parte dell’allenamento. Non sarò stata molto veloce ma ogni tanto la sensazione di poter volare l’ho provata.
Ora vado a chiudere la valigia. Si torna a casa. Con un po’ di forza in più nelle gambe.
Manca un mese.