Running. What?

Leggevo giusto ieri che una delle paure (ataviche) che più angoscia i runner fermi a causa di lunghi stop, è quella di non riuscire a tornare in forma o di non riuscire ad essere più come prima (ok, ce l’ho).

Questa paura viene adeguatamente alimentata quando si torna a correre e usciti per una corsetta di ricognizione, una delle prime post infortunio, pensando di macinarsi “un po’” di km, si arriva a un massimo di 15′ e poi si è sulla soglia della morte per asfissia.

La cosa anche se l’ho solo letta, devo dire che mi ha non poco inquietato. Un po’ perchè con la testa, anche se non ho date precise ma solo tempi “ipotetici” di recupero che per ora si dilatano di settimana in settimana, mi faccio dei gran castelli in aria. Proiezioni mentali sul quando, il come e il “cosa” proverò.

In generale ultimamente cerco di fare grandi sforzi mentali per “ricordare” cose che la mia testa o ha abilmente rimosso, per non farmi soffrire, oppure è un chiaro segno che il mio cervello si sta adeguatamente friggendo. Tra queste cose, ad esempio, c’è ciò che si prova a correre.

 

LA MADELEINE

Sul serio. Pochi giorni fa in pausa pranzo parlavo con una collega (maratoneta). Appena rientrata da un allenamento, mi parlava dei suoi 3 giorni ferma causa intossicazione alimentare e della sensazione provata a farsi una corsetta (“finalmente!” mi diceva). Mi raccontava che nonostante si sentisse tutta acciaccata mentre correva, terminata la corsa stava già molto meglio. E il trucchetto delle endorfine credo che lo conosciamo tutti benissimo, sia io che voi :)

Insomma, mentre si parlava io sono partita. Anzi, mentre lei mi raccontava, per un attimo, ho ricordato qualcosa. Forse era proprio quella sensazione lì del sentirsi bene dopo l’attività fisica, che però la corsa esplode all’ennesima potenza. Una velocissima boccata d’aria. Ossigeno.

Stesso giorno, poche ore prima, un altro flash, brevissimo. Parlavo al telefono di chip da gara, e il mio interlocutore mi dice: “…perchè poi va riconsegnato alla fine…”. Tac. Scattato. Un mio ricordo di me che arrivo a una gara: Firenze, la maratona. Non avevo manco la forza di ridarlo il chip, e non mi ricordo nemmeno con quali forze l’ho riconsegnato. Però che bello quell’effetto madeleine di Proust, così improvviso e inaspettato.

Poco tempo fa, mattina presto, in palestra, sto facendo l’ellittica (forse ha un nome preciso quella macchina, ma non è importante). Oscillo su e giù con le gambe. Avanti e indietro con le braccia. Lo specchio davanti a me. Gesù, ma io lo voglio conoscere quel genio che ha deciso che nelle palestra debbano esserci gli specchi ovunque. Io mi sento sempre una rincoglionita a fare quei movimenti misti tra una che va con i roller blade (da ferma, tipo criceto sulla ruota) e una che fa canoa in piedi … Vah, chiudo gli occhi che è meglio. Respiro profondo. Flash. L’ho preso. Ero su a San Luca, aveva appena nevicato, l’aria fredda che tagliava la gola, gli occhi lucidi con la gocciolina, il gelo intorno e le mie impronte a firmare per prime la neve.

Finito. No! Di già? Quant’è durato? Boh, probabilmente un 5 secondi scarsi. Forse meno, come i sogni. Che sembra siano lunghissimi e in realtà durano pochissimo.

Brevi ma intensi. A pensarci ora certe corse ce le dovremmo tatuare e riguardarcele ogni volta che ne sentiamo la mancanza, per essere sicuri di non dimenticarcele. Un po’ come quella fantastica pubblicità Kodak: “Ricordati di ricordare”.

Imprimetevi bene la prossima corsa, torna sempre utile.

(Photo from Flickr by kzappaster)

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