Quando sei a zero

Zero. Zero chilometri, zero minuti, zero calorie è quanto ho totalizzato di allenamento nell’ultima settimana. Perché?  gambe, braccia, cuore e polmoni hanno deciso che ne avevano abbastanza di fare fatica e quindi stop, fermi tutti, è ora di andare in vacanza per qualche giorno.

Va bene, di solito quando sono costretto a stare fermo vengo colto da crisi d’ansia che neanche a scuola quando arrivavo impreparato alle interrogazioni di greco ma stavolta, mi sono detto, facciamogli vedere che siamo cresciuti (noi, inteso come la mia testa formata da un paio di neuroni, lui nel senso del corpo, la carrozzeria che porta in giro la suddetta materia grigia e la sua coscienza di sè) e vediamo di comportarci bene.

Sarà che stavolta ero davvero cotto, sarà che ho consapevolezza della fatica che ho ancora da affrontare, fatto sta che me la sono proprio goduta. Abbandonati i ritmi schizofrenici delle sveglie alle 5 del mattino e delle cene alle 11 di sera pur di allenarmi, ho sfruttato la pausa per dormire, stare con gli amici, dedicarmi a libri, musica e persino rimettermi ai fornelli. Insomma, per fare tante cose gratificanti a cui necessariamente da un sacco di tempo dovevo rinunciare.

Superare o non superare le situazioni difficili (e questa potenzialmente lo era, che noi siamo tutti un po’ drogati da questa corsa) quasi sempre dipende dal punto di osservazione che adottiamo, piuttosto dal fatto che siano o non siano “realmente” negative. Spesso basta spostare lo sguardo di poco per cogliere le opportunità straordinarie che offrono.

Funziona nello sport e funziona nella vita. In questo caso ho cercato di leggere il messaggio di aiuto inviato dal corpo come un modo di dirmi “ehi amico, ok ci stai dando dentro ma per darti il massimo in gara adesso mi devi concedere un po’ di recupero”. Messa così la pausa ha smesso di essere una perdita di tempo ed è diventata un passaggio utile per il raggiungimento del risultato. Quelli che ne sanno chiamano questo processo “ristrutturazione cognitiva” ed è uno dei processi che stanno alla base della resilienza. Può capitare con un contrattempo che ti impedisce di correre da trasformare in ore di riposo in più per sistemare quel dolorino che a correrci sopra continuamente si acuisce, ma anche in ufficio l’appuntamento rinviato, il progetto da rifare, la macchinetta del caffè che non funziona sono tutti momenti in cui se ci impegnamo ad andare oltre alla frustrazione e all’auto-compatimento iniziali possono tornarci utili per imparare, migliorare e in definitiva essere più forti.

Chi l’ha detto allora che uno zero non vale nulla? A volte può valere moltissimo. Ma adesso si ricomincia a nuotare, pedalare e correre, naturalmente.

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1 COMMENT

  1. Mi capita più volte in un anno, forse più per colpa della testa che del corpo; allora sì, zero, stop totale o perlomeno solo passeggiate, anche per riassaporare la tranquillità di una camminata o una pedalata senza pensare a tempi e medie.

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