Quando abbiamo visto le Nike Flyknit per la prima volta ormai più di un anno fa ci siamo subito chiesti quanto ci avrebbe messo Nike a portare la tecnologia della tomaia seamless e ultraleggera che è il loro punto di forza in un ecosistema per il quale sembra essere la soluzione perfetta: quello natural. Non solo la scarpa da allenamento veloce/gara ha la necessità di essere leggera, ma anche quella natural: pochi (o nessun) supporto, piede libero di muoversi, grande flessibilità.
Ci aspettavamo le Nike Flyknit Free, dovendo immaginare un nome.
L’attesa è finita.
Con il nome non c’abbiamo preso, anche perché la linea Free è già abbastanza affollata fra 3.0, 4.0 e 5.0+, però l’idea che avevamo in mente era proprio quella: una tomaia che è un calzino (e nel caso delle Hyperfeel mai metafora fu più precisa, visto che sembrano dei calzini a collo basso e i lacci servono solo a far meglio aderire la tomaia al piede) e una suola che è una spalmata di gomma sulla pianta del piede, giusto per metterci un po’ di protezione e di grip.
Mescolando la tecnologia.
Nel running Nike è identificabile per alcune tecnologie che adotta: le suole (specialmente la Lunar, molto ammortizzata e comoda), le tomaie (la Flyknit in particolare, sicuramente una delle più innovative degli ultimi anni) e il sistema di allacciatura Flywire che ingabbia e solleva il mesopiede sostituendo il supporto dell’arco plantare. Molti nuovi modelli nascono proprio dal rimescolamento di queste tecnologie, che a volte appaiono contemporaneamente nella stessa scarpa, come la Flyknit Lunar1+.
La predestinata.
Quella che sembra assommarle meglio è proprio la Flyknit Hyperfeel: la leggerezza della tomaia e del sistema Flywire (confermato anche in questa nuova incarnazione) e una suola nuova con una tassellatura quadrata e l’unico vezzo grafico di un’impronta termografica della pianta del piede.
Uscita prevista: incognita.
Voglia di provarle: cognitissima.