12 minuti, ma possiamo chiamarli anche “felicità”

E così è arrivato quel momento. Quello che avevo atteso tracciando sul muro una lineetta per contare i giorni, come i carcerati sul muro della propria cella.

Oggi dopo 2 mesi, finalmente, sono entrata in uno spogliatoio per cambiarmi. No, dico, non per fare delle prove vestiti, ma per indossare un paio di calzoncini, di quelli da runner. E una maglietta tecnica. E ho allacciato le scarpe, quelle da corsa. E in tutto ciò, non avrei dovuto correre 1 ora: dovevano essere 10′ di prova su un tapis roulant per capire se la mia caviglia bislacca reggeva.

12′ il tempo accordato (sono riuscita a contrattare 2 preziosissimi minuti in più) con il fisioterapista. Ripenso ai miei occhi mentre guardavo il quadrante dello schermo. I numeri rossi che andavano avanti, la tensione di sentire come il proprio corpo avrebbe risposto allo sforzo e la cadenza dei passi non proprio regolare.

Il desiderio di spingere su quel “+” per aumentare il ritmo, perchè “dai, alla fine sto andando piano” (io).

“Ecchecavolo, se a piedi vai a 8,5 km all’ora!” (il fisioterapista). Ora: mi è venuto il dubbio che non avesse avuto ancora ben chiaro che CORRO, o meglio correvo, o meglio ancora, correrò di nuovo. Come prima.

12′ Dentro a cui ci sono stati pensieri di ogni tipo. Il fastidio della caviglia da tenere controllato, senza far caso alla fasciatura da Tutankhamon di cui ero accessoriata. Le battute con il fisioterapista a cui promettevo:

“Vostro onore, giuro che riprenderò con gradualità: prometto che riprenderò da domani con al massimo 20′. E in quei 20′ farò al massimo 5km”. E conseguente sua mano sulla faccia accompagnata da sguardo disperazione. La finestra da cui vedevo il mondo fuori e mi dicevo:

“Per dinci, per dinci, ommioddio, domani mattina sarò la fuori a correre!!!”

12′ in cui ho credevo di essere su una giostra. E già al 2′ mi preoccupavo di quando sarebbe finita, come quando il babbo da piccola ti viene a tirar giù da quegli strani trabiccoli (e tu ovviamente sei pronta ad attaccarti mani e piedi perchè ti lascino lì). Un tempo breve questa mia prova, in cui per un attimo la testa è “uscita”, ha toccato Boston, ha ripercorso quello che era successo, ha trasmesso un brivido e poi è ripartita per la Spagna, facendo il countdown alla mia prossima maratona.

12′ terminati i quali, il pianeta terra mi ha richiamato alla base. Sono scesa, da brava astronauta, mi sono ricambiata (come se avessi fatto un allenamento di 2h…), mi sono autoscattata in questo giorno che voglio portare con me.

Un altro di quei giorni in cui dopo pianti, momenti di sconforto, sclero nei confronti del mondo, la corsa mi ha dimostrato di nuovo che in realtà, il suo vero nome, è felicità.

(Photo from Flickr by mela.de.gypsie)

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