Sei chilometri, metro più – metro meno. Da via di San Vitale con i suoi sanpietrini all’ex Dogana di San Lorenzo, percorrendo strade e angoli e svincoli e viali e strisce che sono quelli del Vicious. E che sono più abituata a vivere nel cuore di un sabato notte con un paio di tacchi ai piedi. Ma la vita – e la corsa – sono in grado di portarti in luoghi e in tempi che mai avresti immaginato. E che solo poco prima avresti creduto lontani da te. Molto più di quanto lo sono.
Sei chilometri, metro più – metro meno. E io mi chiedo sempre perché fra tutte le città in cui abbia deciso di vivere e di correre ne abbia scelta una con ben sette colli. E con le salite che ne conseguono. Ed è inutile che mi ripeta ogni volta che è tutto gluteo perché ormai non ci credo più nemmeno io.
Sei chilometri, metro più – metro meno. E mi rifiuto di condividere almeno per ora la mia playlist perché credo di essere l’unica donna al mondo in grado di sgambettare con note del genere nelle orecchie. E di farlo anche felice, manco ci fosse Justin Timberlake accanto a me, mentre spezzo il fiato.
Sei chilometri, metro più – metro meno. Via di San Vitale. Il teatro dell’Opera. Piazza della Repubblica. Tra i clacson e le macchine, e la gente che torna a casa. I portici. Un semaforo rosso per respirare. Piazza Vittorio e il fioraio che mi sarei fermata volentieri a comprare un mazzo di tulipani ma continuavano a dirmi che non c’era tempo. E che dovevo correre. Bah. Gli archi di Porta Maggiore. I murales e le luci al neon dello Scalo.
Sei chilometri, metro più – metro meno. Flash Run, o almeno la chiamano così loro – quelli che corrono per davvero mentre io mi diverto. Il modo per iniziare a prendere spazio e tempo aspettando che diventino dieci.
E che quel giorno qualcuno si faccia trovare con i tulipani all’arrivo.
(Photocredits: Andrea Schilirò)